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5 cose da sapere sui prioni

I cosiddetti prioni non sono virus né batteri né parassiti, pur essendo agenti infettivi capaci di causare gravi malattie come l’encefalopatia spongiforme bovina, meglio nota come “morbo della mucca pazza”, e la malattia di Creutzfeldt-Jakob negli esseri umani. Cosa sono i prioni, esattamente? Dove e come agiscono? E quanto sono pericolosi?

Il termine prion (prione in italiano) è stato coniato nell’aprile del 1982 dal neurologo statunitense Stanley Prusiner, premio Nobel per la medicina nel 1997, e si tratta di un acronimo dell’espressione inglese proteinaceous infectious only particle (particella infettiva proteica) a indicare particolari agenti infettivi esclusivamente proteici responsabili di gravi malattie.

A differenza di virus, batteri e parassiti, infatti, i prioni non possiedono acidi nucleici (DNA o RNA) e sono composti da una singola molecola proteica: la proteina PrP. Questa proteina è comunemente presente nelle cellule del nostro organismo, in particolare del tessuto nervoso, e in condizioni normali, quando cioè si trova nella conformazione cosiddetta PrPC, è innocua.

La forma alterata di tale proteina, chiamata PrPSC, è invece patologica, e può avere effetti devastanti sull’organismo. Prusiner, che per primo negli anni Ottanta ha isolato i prioni, ha descritto questa scoperta anche nel libro dal titolo Madness and Memory (Yale University Press, 2014).

1. Cosa sono i prioni?

A metà degli anni Novanta, i prioni hanno conquistato una improvvisa, triste notorietà in quanto responsabili del cosiddetto morbo della mucca pazza. La malattia è causata da una variante anomala di proteine fisiologicamente presenti in particolare nel cervello dei mammiferi (nonché in quello di altre specie, come per esempio gli uccelli). In tale variante queste proteine hanno la capacità di replicarsi e propagarsi in maniera simile a virus e batteri.

L’esatto meccanismo che trasforma il dottor Jekyll (PrPC) nel signor Hyde (PrPSC) non è ancora chiaro. È noto però che, quando esso si attiva, i prioni così generati rappresentano una seria minaccia per la salute, umana e non solo. Nel tempo, infatti, da queste proteine anomale si generano aggregati che uccidono le cellule nervose, provocando gravi malattie neurodegenerative chiamate encefalopatie spongiformi trasmissibili. I prioni, dunque, sono proteine infettive che aggrediscono il sistema nervoso.

2. Come agiscono?

Quando una proteina PrPC si trasforma nella forma aberrante, acquista la capacità di indurre a mutare le proteine sane adiacenti, con un effetto a cascata che causa l’accumulo tossico di queste forme nocive nel cervello dell’organismo ospite. Questo video – a corredo di uno studio i cui risultati sono stati pubblicati su PLOS Pathogens da un gruppo di ricerca dell’Istituto Telethon Dulbecco e dall’Università di Trento – illustra il meccanismo con cui la proteina prionica nella sua forma infettiva (in rosso) si autopropaga inducendo la controparte sana (in blu) a cambiare a sua volta forma.

Secondo i risultati di uno studio di alcuni anni fa, pubblicati sulla rivista Scientific Reports, un cofattore in grado di determinare l’evoluzione nociva delle proteine prioniche è il rame e, nello specifico, il suo legame con la proteina. A quanto pare, laddove il rame non è adeguatamente legato a due amminoacidi della proteina prionica, quest’ultima diventa instabile e si trasforma in un prione maligno e infettivo. In particolare, secondo i ricercatori, quando il rame è assente o è legato a un solo amminoacido anziché a entrambi, si innescherebbe una reazione a catena tale da causare un accumulo eccessivo di ioni calcio nei neuroni, causandone la morte. I prioni mutati, uccidendo un neurone dopo l’altro, trasformano il cervello in una sorta di spugna: ecco perché si parla di encefalopatie “spongiformi”.

3. Perché sono pericolosi?

I prioni alterati sono pericolosi perché determinano una massiccia perdita di neuroni: l’effetto è devastante, per il cervello e per il resto dell’organismo. La progressiva neurodegenerazione porta infatti all’inesorabile declino delle capacità cognitive e delle funzioni motorie dell’individuo, fino alla morte.

Al momento non esistono cure per le malattie prioniche, che sono per fortuna patologie molto rare – in media, a livello mondiale, colpiscono una-due persone per milione di abitanti – ma dall’esito infausto. Dalla comparsa dei sintomi l’evoluzione è molto rapida, tanto che il decesso può verificarsi nell’arco di pochi mesi.

4. Cos’è il “morbo della mucca pazza”?

L’encefalopatia spongiforme bovina (BSE), nota popolarmente come “morbo della mucca pazza”, è una delle malattie da prioni più conosciute. È stata diagnosticata per la prima volta nel Regno Unito nel 1986, ma ha soprattutto suscitato apprensione a partire da dieci anni più tardi, quando è stato descritto il primo caso della malattia di Creutzfeld-Jakob (vCJD) negli esseri umani: i prioni erano in grado di infettare anche la nostra specie.

L’epidemia di BSE del 1986 si è poi estesa dal Regno Unito ad altri Paesi nel mondo. I sintomi più comuni includono alterazioni del comportamento, assenza di coordinamento e difficoltà motorie, ma la malattia è stata riscontrata anche in animali asintomatici. Studi epidemiologici indicano che all’origine della patologia dei bovini vi sia stato del mangime infetto: nella produzione di farine per l’alimentazione animale erano state impiegate carcasse di bovini affetti da BSE. Da allora i controlli per legge sulla filiera alimentare si sono intensificati.

5. Cos’è la malattia di Creutzfeldt-Jakob?

La malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJD), dai nomi dei due neurologi che la descrissero per la prima volta) è la forma umana dell’encefalopatia spongiforme bovina. Si presenta principalmente con demenza, a differenza di altre malattie prioniche come la sindrome di Gerstmann-Sträussler-Scheinker (GSS) e l’insonnia fatale familiare (FFI), che, invece, si manifestano rispettivamente con incapacità di coordinare i movimenti e insonnia intrattabile.

La forma più frequente è quella sporadica, che insorge senza cause ben note. Nel 5-15 per cento dei casi vi è una componente ereditaria che dipende da specifiche mutazioni di un gene localizzato sul cromosoma 20. Inoltre la CJD può essere trasmessa da un individuo all’altro attraverso, per esempio, l’uso di strumenti chirurgici infetti, sebbene la probabilità sia molto bassa. Il consumo di carne bovina contaminata è considerata un’altra modalità di contagio, che oggi è, tuttavia, improbabile, dati i controlli di legge.

I risultati di uno studio realizzato dall’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, pubblicati nel 2020 su PLOS Pathogens, hanno permesso di identificare un meccanismo alla base della morte neuronale che colpisce il cervello umano nella malattia di Creutzfeldt-Jacob di origine ereditaria. Il gruppo ha riscontrato in laboratorio che la proteina prionica mutata, accumulandosi all’interno della cellula, altera i recettori di tipo AMPA che sono presenti nei punti di contatto tra i neuroni, dove i segnali chimici vengono trasformati in impulsi elettrici consentendo ai neuroni di dialogare fra loro. A quel punto, il recettore AMPA alterato causa un influsso eccessivo di calcio che porta il neurone alla morte.

Simona Regina
Giornalista professionista, lavora come freelance nel campo della comunicazione della scienza. Scrive di salute, innovazione e questioni di genere e al microfono incontra scienziati e scienziate per raccontare sfide e traguardi della ricerca. People Science & the City è tra le trasmissioni che ha curato e condotto su Radio Rai del Friuli Venezia Giulia. Elogio dell'errore la sua ultima avventura estiva. Su Rai Play Radio il podcast che ha realizzato per Esof2020 che racconta Trieste città europea della scienza: Magazzino 26. Ogni anno si unisce all'equipaggio del Trieste Science+Fiction Festival per coordinare gli Incontri di futurologia, quest'anno approdati sul web come Mondofuturo.
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