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Cosa possiamo fare oggi con la terapia genica?

Come funziona, quali sono i traguardi raggiunti e quali le prospettive per questo metodo innovativo di trattamento di alcune malattie.

La cosiddetta terapia genica sta già salvando alcune vite umane, e tante sono le speranze per il futuro di questo tipo di trattamento, che usa il materiale genetico per curare malattie di vario tipo, tra cui quelle genetiche rare e alcuni tipi di tumore. L’obiettivo di tanti laboratori in tutto il mondo, e delle centinaia di studi clinici in corso, è mettere a punto terapie geniche per curare sempre più malattie, tra cui quelle autoimmuni, infettive e oncologiche. Ma che cos’è la terapia genica e come funziona?

Si tratta di una terapia avanzata e di precisione, progettata sul singolo paziente, che punta a correggere “errori” nei geni che innescano una malattia, inserendo una copia corretta del gene all’interno del nucleo delle cellule in cui si trova la versione mutata e malfunzionante.

Il DNA ricombinante

Tutto è iniziato con l’emergere della tecnologia del DNA ricombinante, un insieme di tecniche che si fondano sulla capacità di creare una molecola di DNA inedita, assemblando parti di materiale genetico di diverse origini e ottenendo così sequenze inedite che non si troverebbero altrimenti nel genoma. In origine le tecniche del DNA ricombinante sono state rese possibili dalla scoperta degli enzimi di restrizione: vere e proprie forbici molecolari che consentono di tagliare una sequenza genica proprio dove si vuole e che fungono da meccanismo di difesa naturale dei batteri per vanificare gli attacchi dei virus.

Già nel 1972, in una lettera pubblicata sulla rivista Science, vengono evidenziate le potenzialità della terapia genica che, come scrivono gli autori “potrebbe rendere più semplice curare alcune malattie ereditarie”. Nel 1973 Stanley Norman Cohen e Herbert Boyer dell’Università della California pubblicano i risultati di uno studio che è considerato una pietra miliare dell’ingegneria genetica, in cui i due scienziati spiegano come siano riusciti a trasferire sequenze di DNA da un essere vivente a un altro usando come vettore un plasmide geneticamente modificato. Il plasmide, che è un filamento circolare di DNA tipico dei batteri, una volta ingegnerizzato con l’inserimento della sequenza estranea di DNA funziona come una sorta di “fotocopiatrice”: veicola il materiale genetico nella cellula ospite, che acquisisce così l’informazione traghettata e può poi tradurla e trascriverla in un prodotto proteico, al pari di tutti gli altri geni.

Da allora si fa sempre più strada la possibilità di sostituire o correggere uno o più geni mutati, come se fossero “parole sbagliate” di un documento. E nel 1990 inizia la sperimentazione del primo trattamento di terapia genica al mondo.

Come funziona una terapia genica

Una buona terapia genica richiede di individuare il gene da correggere attraverso il sequenziamento del gene stesso o di tutto il genoma del paziente, di produrre una copia corretta del gene e di introdurre tale copia efficacemente nel nucleo delle sue cellule. Il primo di questi passaggi è quello su cui siamo più “rodati” e il più accessibile dal punto di vista dei costi, grazie anche alle tecniche sviluppate a partire dal Progetto Genoma Umano, completato nel 2003. Il passaggio invece più difficile della terapia genica, dal punto di vista tecnologico, è il trasferimento efficace della copia corretta del gene, che determina il processo di trascrizione e traduzione da parte della cellula del paziente che lo riceve.

Virus come vettori

Per trasferire il gene terapeutico nelle cellule della persona da curare si ricorre perlopiù a virus ingegnerizzati e resi innocui, rimuovendo i geni pericolosi per la salute. Di fatto questi virus vengono trasformati in specie di veicoli in grado di portare la terapia, cioè il gene sano, nel nucleo delle cellule da curare. Si tratta di un metodo ideato alla fine degli anni Ottanta che negli anni si è abbastanza consolidato e ha portato a risultati promettenti.

Di fatto il gene terapeutico può essere somministrato in due modi: in vivo” o “ex vivo.

Nel primo caso viene iniettato direttamente nell’organismo del paziente, per via locale (quindi nell’organo bersaglio) o per via sistemica (nella circolazione sanguigna). Nel secondo caso invece, le cellule bersaglio vengono prelevate e modificate geneticamente per poi essere reinfuse nel paziente.

Le prime terapie geniche

La prima terapia genica, approvata negli Stati Uniti, risale al 1990. Ai National Institutes of Health (NIH), una bambina di quattro anni aveva ricevuto un trattamento per un difetto genetico che le aveva provocato una grave deficienza del sistema immunitario, chiamata ADA-SCID. A questi primi tentativi è seguita una lunga pausa, necessaria a risolvere alcuni problemi di sicurezza.

La prima terapia genica approvata in Europa risale al 2012, si chiama “alipogene tiparvovec” ed è destinata al trattamento della deficienza delle lipasi delle lipoproteine, una rara malattia metabolica che può dare luogo a pancreatiti. Tuttavia questa terapia si non ha avuto successo soprattutto dal punto di vista commerciale, soprattutto per il costo molto alto e per la rarità della malattia. Inoltre il mancato ottenimento dell’approvazione negli Stati Uniti ha portato la ditta produttrice a ritirare il farmaco anche in Europa.

Nel 2016 è stata la volta dell’approvazione della terapia genica denominata autologous CD34+ enriched cell fraction that contains CD34+ cells transduced with retroviral vector that encodes for the human ADA cDNA sequence. Si tratta di un successo italiano, frutto del lavoro dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica, per curare sempre l’ADA-SCID, in maggiore sicurezza rispetto al passato. Questa è la prima terapia genica “ex vivo” con cellule staminali, realizzata su misura per il singolo paziente. Le cellule staminali vengono infatti prelevate dal midollo osseo del malato, potenziate con il gene terapeutico e poi reinfuse nell’organismo.

Nel 2017 terapie geniche di nuova generazione vengono approvate oltreoceano, e l’anno successivo anche in Europa, in campo oncologico: si tratta di “tisagenlecleucel” e axicabtagene ciloleucel, utili a trattare due tipi di tumore del sangue che colpiscono sia bambini sia adulti. In questi casi i vettori virali veicolano geni in grado di orientare la risposta del sistema immunitario contro le cellule tumorali. Nello stesso anno arriva anche “voretigene neparvovec, per una rara forma di cecità ereditaria, l’amaurosi congenita di Leber. Allo sviluppo di questo trattamento ha collaborato anche l’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di Napoli nelle prime fasi dei trial clinici.

Fra gli ultimi farmaci per terapie geniche approvati in Europa, vi sono “onasemnogene abeparvovec, per il trattamento dell’atrofia muscolare spinale (Sma) di tipo 1, e “autologous CD34+ cells encoding βA-T87Q-globin gene”, per trattare la beta-talassemia. Questa rara malattia ereditaria provoca una grave anemia, e i pazienti che ne sono affetti hanno bisogno di regolari trasfusioni di sangue. La terapia genica sarà particolarmente utile per quanti di loro non hanno donatori corrispondenti per un trapianto di cellule staminali.

Sono in corso studi per trovare una cura ad altre malattie genetiche rare, come la sindrome di Wiskott-Aldrich, caratterizzata da alterazioni del sistema immunitario, la leucodistrofia metacromatica, che è una grave malattia neurodegenerativa, e la mucopolisaccaridosi di tipo 1, causata dalla mutazione di un gene (IDUA) che determina l’accumulo di sostanze tossiche nelle cellule.

La terapia genica del futuro

Molti gruppi di ricerca del settore stanno cercando di adottare anche un nuovo metodo di modifica del DNA scoperto proprio negli anni in cui arrivavano le prime terapie geniche e che promette di rivoluzionare ulteriormente la medicina del futuro: il sistema di editing genetico CRISPR/Cas9. È considerato la frontiera della terapia genica del futuro perché consente di introdurre modifiche più precise e puntuali nel DNA. È l’equivalente, come spiega Anna Meldolesi nel libro E l’uomo creò l’uomo (Bollati Boringhieri 2017), del comando “trova e sostituisci” di un programma di videoscrittura per eliminare i refusi del “libro della vita”. Il metodo si basa sull’impiego della proteina Cas9, che agisce come un super coltellino svizzero molecolare ad altissima precisione, con cui poter tagliare e modificare specifiche sequenze del DNA di una cellula e, così facendo, riparare direttamente le cellule malfunzionanti.

CRISPR/Cas9 potrebbe rilevarsi utile per correggere la talassemia dipendente da trasfusione. È l’ipotesi su cui si basa una sperimentazione internazionale a cui partecipa anche l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, come illustrato sul New England Journal of Medicine e al Congresso annuale dell’American Society of Hematology. L’approccio terapeutico prevede lediting del genoma delle cellule staminali emopoietiche prelevate dalla persona malata con CRISPR/Cas9. Una volta caricate dell’informazione genetica corretta, tali cellule vengono reinfuse nell’organismo dove si riproducono al posto di quelle difettose, eliminando la malattia. In questo caso con l’editing genetico si “spegne” il gene BCL11A, per far ripartire la produzione di emoglobina fetale e liberare i pazienti dalla dipendenza dalle trasfusioni di sangue. Strada percorsa anche per mettere a punto un trattamento innovativo dell’anemia falciforme, altra malattia del sangue causata dalle mutazioni dei geni coinvolti nella sintesi dell’emoglobina, la proteina dei globuli rossi che trasporta ossigeno nell’organismo.

Simona Regina
Giornalista professionista, lavora come freelance nel campo della comunicazione della scienza. Scrive di salute, innovazione e questioni di genere e al microfono incontra scienziati e scienziate per raccontare sfide e traguardi della ricerca. People Science & the City è tra le trasmissioni che ha curato e condotto su Radio Rai del Friuli Venezia Giulia. Elogio dell'errore la sua ultima avventura estiva. Su Rai Play Radio il podcast che ha realizzato per Esof2020 che racconta Trieste città europea della scienza: Magazzino 26. Ogni anno si unisce all'equipaggio del Trieste Science+Fiction Festival per coordinare gli Incontri di futurologia, quest'anno approdati sul web come Mondofuturo.
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