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Hai detto misofonia?

Se non sopporti che qualcuno mastichi sonoramente in tua presenza, potrebbe essere questo il termine medico da usare per indicare il tuo disturbo. Vediamo insieme cos’è la misofonia, perché si manifesta e quali sono le ultime notizie sull’argomento dal mondo della ricerca.

Nel 2020 il premio Ig Nobel per la medicina è stato assegnato a un gruppo di ricercatori che studiano un disturbo chiamato misofonia: chi ne è affetto non riesce a sopportare rumori del tutto comuni, come quello di una persona che mastica. I premi Ig Nobel sono una sorta di satira dei premi Nobel e il loro motto è “La ricerca che prima ti fa ridere e poi pensare”. È esattamente il caso dello studio sulla misofonia. Da una parte è impossibile rimanere seri guardando il video dell’accettazione del premio, dove uno dei ricercatori mastica rumorosamente una mela e un altro aspira altrettanto sonoramente una bibita con una cannuccia. Dall’altra parte, sono gli stessi ricercatori a spiegare che, per quanto, a un occhio esterno, questa condizione possa sembrare buffa, non lo è affatto per chi la vive in prima persona.

Assediati dal rumore

Se abbiamo un buon udito, ci capita di provare fastidio ascoltando alcuni rumori ambientali. L’antifurto di un’automobile scattato per errore, per esempio, o il chiacchiericcio delle persone in biblioteca. E, certo, tutti probabilmente conosciamo qualcuno che mastica un po’ troppo rumorosamente per le nostre orecchie (o magari, per altri, quel qualcuno siamo noi).

Ma le persone con misofonia non provano semplicemente “fastidio” ascoltando certi suoni: per loro l’esperienza è molto più irritante, tanto da diventare davvero insopportabile. In questi individui, alcuni particolari suoni innescano una serie di reazioni fisiologiche misurabili: il battito cardiaco e la respirazione accelerano, aumenta la sudorazione, si può avvertire dolore al petto. Allo stesso tempo, queste persone hanno, in queste situazioni, reazioni emotive molto più accentuate della norma: oltre a una grande irritazione e rabbia, possono provare ansia, agitazione e persino panico.

Alcuni misofonici reagiscono affrontando la causa del rumore, altri invece devono allontanarsi subito dalla fonte. C’è anche chi, per resistere, ricorre a cuffie e auricolari. La varietà dei comportamenti che possono scatenare una reazione è però molto ampia, perché la misofonia, come altri disturbi, può manifestarsi in forma più o meno accentuata. Sono stati anche segnalati casi di reazioni violente, che parrebbero più frequenti nei bambini e nei giovani, forse perché non hanno ancora sviluppato dei meccanismi individuali per sopportare meglio il disagio.

Un individuo con misofonia è consapevole che la sua reazione al suono scatenante non è condivisa dalla maggior parte delle altre persone. Anche per questo può essere difficile condividere con altri il disagio della propria condizione, in particolar modo se il disturbo non è stato diagnosticato. La situazione, nel tempo, può portare i misofonici ad avere problemi nelle relazioni sociali, in famiglia come sul lavoro.

Sappiamo molto poco della misofonia

La parola misofonia, che letteralmente significa “odio per i suoni”, è apparsa per la prima volta in un articolo del 2001 che porta la firma di due esperti in disturbi uditivi, Pawel J. Jastreboff e Margaret M Jastreboff. Nell’articolo il disturbo è distinto da altri già noti, come l’iperacusia e la fonofobia. Nell’iperacusia il malessere è causato da un’eccessiva attivazione del sistema uditivo in presenza di moltissimi suoni (anche in soggetti con un livello di udito normale), mentre la fonofobia è la paura di determinati suoni. Nella misofonia, invece, suoni specifici provocano una reazione di fastidio, soprattutto prodotti da bocca e naso. C’è tuttavia anche chi è sensibile a ticchettii ripetuti, come quello di una penna a scatto.

La maggior parte degli studi sulla misofonia è stato condotto a partire dal 2013. In quell’anno sono state pubblicati i risultati delle ricerche premiate dall’Ig Nobel e anche la stampa ha cominciato a interessarsi al problema. Si tratta di un disturbo ancora poco studiato e tante sono le domande rimaste senza risposta. Non sappiamo, per esempio, quale sia la sua prevalenza, cioè quanto sia frequente nella popolazione. Non sappiamo neppure se si manifesti in relazione con altri disturbi, né quale sia di preciso la sua natura.

In genere gli specialisti non credono che vi sia implicata una patologia dell’apparato uditivo. Si ipotizza piuttosto che possa trattarsi di un disturbo di natura neurologica o psichiatrica, poiché da alcuni test preliminari sembra che l’ascolto dei suoni in grado di innescare le reazioni attivi precise aree cerebrali. Tuttavia, sembra esserci anche una componente psicologica. Per esempio, molte delle persone con misofonia dichiarano nei questionari utilizzati dagli studiosi, di aver cominciato in tenera età a provare disgusto sentendo i propri familiari masticare. La loro reazione a questi suoni potrebbe sottintendere anche un giudizio “morale” che giustifica il disgusto. In pratica, molti misofonici considerano estremamente maleducato masticare rumorosamente. In altre parole, la misofonia potrebbe essere una forma di ipersensibilità che non riguarda lo stimolo in sé, bensì il significato che chi ne soffre gli attribuisce.

Date queste incertezze, la misofonia è di classificazione incerta. Qui l’abbiamo chiamata “disturbo”; altrove potreste trovarla definita come “sindrome” (“sindrome da sensibilità selettiva al suono” è una delle definizioni proposte) o come “condizione”. Al momento non è stata ancora inserita nei manuali diagnostici, anche perché all’interno della comunità medico-scientifica non esiste nemmeno un consenso sulle procedure per effettuare la diagnosi, sebbene siano stati proposti alcuni metodi.

Come si cura?

I dubbi sull’origine e la più corretta classificazione della misofonia non significano – precisiamo – che ci siano dubbi sul fatto che questo disturbo esista. Il problema è piuttosto che al momento mancano alcune informazioni fondamentali per effettuare una diagnosi e stabilire un’eventuale terapia. A oggi la terapia non esiste e andrebbe messa a punto, per dare sollievo ai misofonici dal continuo malessere sofferto. In alcuni casi, esso è talmente acuto da spingere all’isolamento sociale.

I trattamenti medici vanno sempre messi alla prova con sperimentazioni cliniche, cioè esperimenti capaci di cogliere in maniera statisticamente significativa se un certo farmaco o intervento sia sicuro e se abbia davvero un effetto sul problema di interesse. Tuttavia, non basta una singola sperimentazione dai risultati positivi per affidarsi a una certa strategia: come tutti gli esperimenti, anche le prove cliniche devono essere ampliate e ripetute, e i risultati devono essere confrontati tra loro, in modo da identificare quale sia il trattamento migliore per i pazienti, anche in termini di costi e benefici.

Nel caso della misofonia, i dati sono troppo pochi per indicare una terapia di elezione. Negli ultimi anni sono tuttavia state effettuate alcune sperimentazioni cliniche i cui risultati sembrano premiare la terapia cognitivo comportamentale. Si tratta di una forma di psicoterapia che, a differenza di altre, ha già provato la propria efficacia in prove cliniche per molte condizioni. Assieme ai terapeuti, i pazienti imparano a riconoscere quali sono le cose che li stressano o li disturbano, su cui non hanno controllo. Inoltre apprendono a intervenire prima sui pensieri e poi sulle azioni che ne derivano (che invece possono controllare), in maniera da raggiungere alcuni obiettivi prefissati. La terapia, dunque, non può impedire che una certa situazione crei disagio, ma può far sì che i pazienti imparino a controllare in maniera efficace quello che viene dopo, smorzando sia le emozioni negative che i comportamenti dannosi che ne conseguono. Col tempo sapremo se la terapia cognitivo comportamentale possa essere davvero efficace anche per aiutare i misofonici ad affrontare i propri disturbi o se saranno possibili altri approcci.

Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, si è formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrive o ha scritto per le seguenti testate o siti: Il Tascabile, Wonder Why, Aula di Scienze Zanichelli, Chiara.eco, Wired.it, OggiScienza, Le Scienze, Focus, SapereAmbiente, Rivista Micron, Treccani Scuola. Cura la collana di divulgazione scientifica Zanichelli Chiavi di Lettura. Collabora dalla fondazione con Pikaia, il portale dell’evoluzione diretto da Telmo Pievani, dal 2021 ne è il caporedattore.
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