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Il più grande tra i batteri noti

Hai detto microbo? Allora non hai mai sentito parlare di Thiomargarita magnifica, il batterio più grande finora scoperto, grazie a un gruppo di scienziati che lo ha individuato nelle foreste di mangrovie dei Caraibi. Visibile a occhio nudo, è lungo più di un centimetro e presenta un livello di complessità inaspettato. Eccone un identikit.

Nell’immaginario comune, i batteri sono organismi minuscoli anche per definizione. Essi rientrano infatti tra i cosiddetti microbi o microrganismi, le forme di vita dalle dimensioni ridottissime e visibili solo con l’uso di microscopi. Non a caso si parla, per esempio, di nemici invisibili (almeno a occhio nudo) quando ci si riferisce ai microrganismi patogeni in grado di trasmettere malattie. La maggior parte è in effetti invisibile senza l’ingrandimento di un microscopio, ma di recente è stato scoperto un batterio che rappresenta un’eccezione a questa regola. Si tratta del Thiomargarita magnifica, lungo più di un centimetro: un’enormità in confronto ai pochi micrometri (cioè milionesimi di metro) di lunghezza media degli altri batteri. I più grandi scoperti in precedenza, per esempio Thiomargarita namibiensis, appartenente allo stesso genere di T. magnifica, sono lunghi meno di un millimetro. La scoperta è stata pubblicata il 23 giugno 2022 sulla rivista Science, in un articolo in cui gli autori hanno illustrato le insolite caratteristiche di questo vero e proprio gigante tra i batteri.

La scoperta tra le mangrovie caraibiche

La prima individuazione di esemplari di questa nuova specie risale, in realtà, al 2009, quando Oliver Gros, biologo marino dell’Università delle Antille e della Guyana, si accorse della presenza di alcuni sottili filamenti su alcune foglie in decomposizione in una foresta di mangrovie della Guadalupa. Provò a stabilire di che cosa si trattasse, supponendo, in un primo momento, che fosse una colonia di organismi formati da più cellule, e possibilmente un tipo di funghi.

Le analisi approfondite che si sono susseguite nel corso degli anni hanno permesso di stabilire che non ci si trovava di fronte a un organismo unicellulare eucariote, cioè caratterizzato da cellule in cui è possibile individuare un vero e proprio nucleo. I ricercatori hanno infatti dimostrato che le cellule erano procarioti, dato che il materiale genetico non è racchiuso in un nucleo con membrana. Oggi sappiamo che Thiomargarita magnifica è un organismo composto da un’unica grande cellula che ha la forma di un sottile filamento. Il prefisso greco thio, presente nel nome del genere a cui appartiene questo batterio, è riferito all’ambiente ricco di zolfo – in particolar modo nella forma di acido solfidrico – in cui questo organismo prospera.

Caratteristiche intermedie e sorprendenti

Quello che però distingue Thiomargarita magnifica dalle più tipiche cellule procariote – a parte le considerevoli dimensioni – è la collocazione del materiale genetico cellulare: esso è infatti contenuto in piccole strutture che gli autori dello studio hanno chiamato pepin, e nelle quali si possono trovare DNA e ribosomi. Nei batteri più comuni il DNA è invece concentrato nella zona della cellula chiamata nucleoide, priva della membrana nucleare. La struttura di questi batteri inediti potrebbe quindi essere considerata intermedia tra i procarioti propriamente detti e gli eucarioti. Sia le inusuali caratteristiche sia le dimensioni hanno attirato l’attenzione degli scienziati, che hanno sottolineato come vi siano ancora molte cose da imparare sull’evoluzione degli organismi unicellulari. Lo studio ulteriore di questi batteri potrebbe costituire un passo importante in questa direzione.

Per rendere l’idea della sorpresa suscitata da questa scoperta negli studiosi, Jean-Marie Volland, microbiologo e primo autore dell’articolo, ha proposto un’analogia su scala umana. Se ci trovassimo di fronte a esseri umani delle dimensioni del monte Everest proveremmo verosimilmente uno stupore analogo a quello degli scienziati che hanno scoperto Thiomargarita magnifica.

Il gruppo di ricerca ha inoltre notato l’assenza, inaspettata viste le dimensioni dei filamenti, dei cosiddetti epibionti, organismi che, come suggerisce la radice greca del termine, vivono sulla superficie di altri organismi senza danneggiarli. Ciò farebbe ipotizzare che Thiomargarita magnifica sia in grado di produrre composti che ne impediscono la presenza, come per esempio antibiotici o sostanze bioattive. Lo studio di questo organismo potrebbe quindi portare, nel tempo, a elaborare nuove terapie da impiegare in medicina.

Anna Rita Longo
Insegnante e dottoressa di ricerca, membro del board dell’associazione professionale di comunicatori della scienza SWIM (Science Writers in Italy), socia emerita del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), collabora con riviste e pubblicazioni a carattere scientifico e culturale.
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