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Il verde urbano riduce il riscaldamento delle città

Nuovi studi confermano che piante e alberi possono aiutare a contenere l’aumento delle temperature e l’effetto “isola di calore” nelle aree urbane.

Potrebbe sembrare scontato, ma non lo è: le piante possono contribuire a ridurre il riscaldamento climatico delle aree urbane particolarmente costruite. Piantare alberi, arbusti, siepi e coperture erbacee, aumentando le superfici delle aree verdi all’interno delle città, diminuisce infatti l’effetto “isola di calore, responsabile di picchi di decessi nella stagione estiva. Le prove ora arrivano anche da uno studio i cui risultati sono stati pubblicati il 29 settembre 2022 sulla rivista Nature Communications Earth & Environment. I ricercatori hanno cercato da un lato di capire quanto si stiano riscaldando le città rispetto alle aree rurali, e dall’altro di mostrare quantitativamente come il verde riduca le temperature nelle aree urbane, mitigando di fatto le ondate di calore.

Più alberi per adattarsi ai cambiamenti climatici

I ricercatori, al lavoro in diversi istituti di ricerca tra Stati Uniti, Cina, Canada e Germania, hanno innanzitutto analizzato i dati satellitari che riportavano le temperature superficiali di oltre 2.000 centri urbani, tra cui metropoli come Abuja (Nigeria), Phoenix (Stati Uniti), Londra, San Paolo, Pechino e Mosca, tra il 2002 e il 2021. Hanno poi confrontato tali temperature con quelle delle aree rurali limitrofe. È così emerso che, nel periodo preso in considerazione, le aree fortemente antropizzate si sono riscaldate più intensamente (+29 per cento) rispetto alle aree rurali corrispondenti. Inoltre i dati hanno mostrato che nelle metropoli si sono registrati tassi di aumento delle temperature ancora più marcati (in alcuni casi si è arrivati anche a più del 50 per cento). Secondo l’analisi, le superfici urbane hanno registrato un aumento di circa 0,30 °C nella temperatura media di ogni decennio considerato, un’impennata che, se continuerà, potrà avere un impatto su oltre 1,2 miliardi di persone entro il 2030. Poiché nello studio sono riportate le temperature medie, la differenza percepita nei picchi di calore tra città e campagna può essere davvero molto marcata.

Confrontando i tassi di inverdimento delle aree urbane, gli scienziati si sono chiesti se esistesse una correlazione tra la riduzione delle temperature (e in particolare quelle notturne) e l’aumento della copertura verde. Hanno così notato che, di fatto, dove si è registrato un aumento delle aree verdi, come avvenuto in diverse regioni europee negli ultimi decenni, le temperature sono aumentate di meno rispetto alle regioni dove la copertura verde si è ridotta, come in Africa e in America Latina.

Nello specifico si stima che l’inverdimento urbano nelle città europee abbia permesso di ridurre mediamente di circa 0,13 °C l’aumento del riscaldamento superficiale per decennio, grazie a un probabile prolungamento della stagione vegetativa, a un aumento della CO2 atmosferica (che funge da fertilizzante per le piante) e a politiche volte al miglioramento delle aree verdi. In altri casi, come accaduto a Chicago, negli Stati Uniti, sono state proprio le politiche di adattamento a svolgere un ruolo fondamentale: nel 1995, dopo una forte ondata di calore, la città ha avviato un programma di inverdimento degli spazi urbani, riducendo il tasso di riscaldamento superficiale di circa 0,084 °C per ogni decennio.

Verde urbano come alleato delle città

Secondo la Fao, che già nel 2018 ha lanciato l’iniziativa Trees for cities, gli alberi in città, se posizionati correttamente intorno agli edifici, possono ridurre il fabbisogno di aria condizionata del 30 per cento circa. Nei climi più freddi, invece, gli alberi potrebbero essere impiegati per proteggere le case dal vento e consentire di risparmiare l’energia utilizzata per il riscaldamento del 20-50 per cento. Senza scordare che un singolo albero maturo può assorbire fino a 150 chili di CO2 all’anno e quindi contribuire a mitigare i cambiamenti climatici.

In Italia già da tempo si stanno sperimentando quelle che possono essere considerate delle vere e proprie azioni di adattamento alle ondate di calore. Ricercatori dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea) hanno, per esempio, sperimentato sul campo l’impiego di pareti e tetti verdi per comprenderne i benefici ai fini della riduzione sia delle temperature, sia dei consumi energetici. Hanno così installato un sistema di piante su pareti e tetti in grado di creare un vero e proprio cuscinetto isolante intorno a case e condomini. In questo modo si è visto come la vegetazione riesca a mitigare i picchi di temperatura durante l’estate, catturando gran parte dell’energia solare. Inoltre ha un ruolo il fenomeno cosiddetto di evapotraspirazione, ossia l’insieme dei processi mediante i quali l’acqua si sposta dalla superficie terrestre all’atmosfera. Tramite tali processi le piante riescono a dissipare una grande quantità di energia termica, che altrimenti verrebbe assorbita dagli edifici cui fanno ombra. Secondo i dati raccolti dall’Enea, un posizionamento adeguato della vegetazione sugli edifici permetterebbe di risparmiare intorno al 15 per cento delle spese per il raffreddamento, riducendo del 40 per cento circa il flusso termico nelle abitazioni e di 3 °C la temperatura interna, mentre d’inverno il risparmio di spese per il riscaldamento può arrivare al 10 per cento circa, grazie all’effetto “camino” tra la parete e la coltre vegetale.

Il verde urbano si conferma quindi un perfetto alleato per contrastare gli eventi estremi causati dalla crisi climatica e responsabili di tanti decessi. Pianificare e riprogettare gli spazi cittadini per adattarci ai cambiamenti del clima permetterebbe non solo di ridurre i picchi di temperatura, ma anche di rendere città e metropoli più vivibili e a misura umana.

Rudi Bressa
Giornalista ambientale e scientifico, collabora con varie testate nazionali e internazionali occupandosi di cambiamenti climatici, transizione energetica, economia circolare e conservazione della natura. È membro di Swim (Science writers in Italy) e fa parte del board del Clew Journalism Network. I suoi lavori sono stati supportati dal Journalism Fund e dalI'IJ4EU (Investigative Journalism for Europe).
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