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Medicine shortage: quando la carenza di farmaci mette a rischio la salute

La scarsa disponibilità dei principi attivi condiziona l’efficacia delle terapie e complica il lavoro delle farmacie, che faticano ad assistere i pazienti nel migliore dei modi. La collaborazione tra i produttori e le politiche di incremento delle scorte di sicurezza sono sempre più essenziali per la salute, oltre ad aiutarci a ridurre la dipendenza dai Paesi extra-europei.

 

Sempre più spesso capita che i medici di famiglia siano in difficoltà nel prescrivere i farmaci di cui i pazienti avrebbero bisogno, con un evidente impatto negativo sulla salute delle persone. Tra carenze e vere e proprie indisponibilità, i medicinali non più reperibili costringono i medici a compiere scelte terapeutiche differenti, che a volte possono essere meno adatte ai pazienti. A volte sono le aziende farmaceutiche a ridurre la produzione per motivi commerciali ed economici; in altre occasioni le carenze sono invece dovute a un aumento improvviso della domanda (come accaduto in occasione della pandemia di Covid-19) o a variazioni nelle direttive nazionali e internazionali. Questo fenomeno rischia di lasciare i malati improvvisamente senza terapie, oppure di costringerli a ricorrere a canali di acquisto alternativi, aumentando il rischio di acquisto di farmaci contraffatti o di qualità inferiore rispetto agli standard. Una situazione che si è verificata anche di recente in Italia, e in molti altri Paesi, per esempio con la carenza improvvisa di due importanti principi attivi per il trattamento del diabete di tipo 2: la semaglutide e la liraglutide.

 

La situazione in Europa e in Italia

La carenza di farmaci (“medicine shortage” in inglese) in Europa è diventata una preoccupazione crescente, come è sottolineato nel recente rapporto redatto dal Pharmaceutical Group of the European Union (PGEU), “PGEU Medicine Shortages Report 2023”. Nel 2023, in particolare, la situazione è peggiorata rispetto agli anni precedenti. Tutti i Paesi che hanno risposto alla survey (26, Italia inclusa) hanno sperimentato carenze di medicinali nell’arco dei 12 mesi. Nei Paesi Bassi, per esempio, sono state registrate 2.292 diverse carenze, interessando circa 5 milioni di persone; Svezia, Portogallo e Spagna hanno registrato un aumento significativo del numero di episodi di questo genere.

Rispetto al 2022, il 65 per cento circa dei Paesi ha riportato un peggioramento della situazione, mentre è rimasta invariata nel 23 per cento dei casi. Solo Cipro, Grecia e Macedonia del Nord hanno registrato miglioramenti, seppur lievi e a partire da un quadro già di per sé meno virtuoso. Molti farmaci sono passati dall’essere temporaneamente carenti fino a completamente irreperibili. Nei Paesi europei il 15 per cento ha segnalato tra 500 e 600 farmaci mancanti, e il 27 per cento una quota ancora superiore.

L’Italia non fa eccezione, con circa 300 medicinali in carenza. Le cause includono difficoltà nel reperire materie prime da Cina e India, aumento della domanda post-pandemia e prezzi di vendita troppo bassi di alcuni farmaci. Anche l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha lanciato l’allarme, segnalando che da settembre 2021 il numero di molecole carenti in due o più Paesi è raddoppiato.

Nonostante gli sforzi dei farmacisti europei per trovare soluzioni, il fenomeno del cosiddetto “medicine shortage” ha lasciato e sta continuando a lasciare molti pazienti senza i trattamenti prescritti, causando frustrazione e disagio per via di tutte le possibili conseguenze che determina, sia sul breve sia sul lungo periodo. Inoltre, queste carenze causano stress al personale delle farmacie, aumentano gli oneri amministrativi, oltre a complicare la logistica e la gestione delle giacenze di magazzino. Nel 2023, ogni farmacia nell’Unione europea ha dedicato in media quasi 10 ore settimanali a occuparsi di carenze di medicinali, un dato triplicato nell’ultimo decennio. Tempo prezioso che potrebbe essere invece dedicato ad altre attività utili, come fornire consigli sull’uso sicuro ed efficace dei medicinali.

Le farmacie faticano ancora di più a fornire soluzioni ai pazienti, data la carenza di personale sanitario e la mancanza di alternative valide ai farmaci non reperibili. Il rapporto di PGEU evidenzia forti differenze tra i Paesi per quanto riguarda le opzioni che i farmacisti possono esplorare per trovare alternative in caso di indisponibilità dei medicinali prescritti.

 

Le principali cause: un mercato vulnerabile

La carenza di farmaci è un problema complesso che ha molteplici cause, a volte anche di difficile interpretazione. Problemi tecnici o normativi durante la fabbricazione, così come un imprevisto incremento della domanda legato a specifiche esigenze o emergenze sanitarie, possono influire sulla disponibilità e condizionare l’accesso al principio attivo da parte dei pazienti.

Inoltre, la filiera distributiva può causare l’indisponibilità temporanea dei medicinali, poiché la produzione di molti farmaci è concentrata in poche aree geografiche con impianti specializzati. Questo aumenta la vulnerabilità del sistema: è sufficiente un problema o un cambiamento in una di queste aree per determinare conseguenze a cascata sulla disponibilità globale.

Anche le strategie di approvvigionamento adottate da molte organizzazioni sanitarie contribuiscono ad aumentare il rischio di carenze. Infatti, sono spesso basate su sistemi di produzione “just-in-time”, tecniche industriali che mirano a minimizzare i tempi di fabbricazione e la dimensione dei lotti al fine di ottimizzare tempi e costi. Questi sistemi riducono però la capacità di assorbire picchi improvvisi di domanda o interruzioni dell’offerta.

Da ultimo, ma non per importanza, sono rilevanti anche aspetti economici e normativi, dalla riduzione degli investimenti in farmaci economicamente poco vantaggiosi fino alle modifiche ai requisiti formali, che possono causare ritardi nella produzione e indirizzare le scelte di mercato.

Qualche proposta per rimediare al problema

Come si è visto nei momenti di scarsa disponibilità di medicinali, la soluzione più immediata è l’utilizzo di farmaci equivalenti, che contengono lo stesso principio attivo e offrono la medesima efficacia terapeutica del medicinale carente. Quando anche questa soluzione è impossibile, si può richiedere al medico la prescrizione di un farmaco alternativo che, seppur non equivalente, può consentire di ottenere comunque l’effetto terapeutico desiderato.

Un dato su cui riflettere riguarda la limitata produzione di farmaci nel nostro continente. Attualmente oltre l’80 per cento dei principi attivi utilizzati in Europa proviene da Cina e India, mentre il 45 per cento dei farmaci commercializzati sono prodotti al di fuori dell’Unione europea. Questa dipendenza rende vulnerabili alle decisioni di altri Paesi, che possono limitare le esportazioni per favorire i propri cittadini, come avvenuto per il paracetamolo in Cina. Spostare la produzione farmaceutica nell’Unione europea ridurrebbe questa dipendenza, garantendo una fornitura più stabile e sicura, come raccomandato dal Parlamento europeo nel 2021.

Allo stesso modo è d’aiuto, soprattutto in periodi di carenza generale, avere una comunicazione tempestiva e trasparente per tutelare i pazienti. Del resto, i titolari dell’Autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) devono notificare all’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) la carenza dei farmaci con almeno 4 mesi di anticipo. Questo permette ad AIFA di aggiornare l’elenco dei medicinali carenti, informando pazienti e farmacie e permettendo l’adozione di strategie alternative. La mancata comunicazione entro i termini previsti espone i titolari di AIC a sanzioni, enfatizzando l’importanza strategica di questa procedura.

In conclusione, la carenza di farmaci richiede soluzioni integrate che coinvolgono l’intera catena di approvvigionamento, inclusa la collaborazione tra produttori e una politica di incremento delle scorte di sicurezza.

 

Gianluca Dotti
Giornalista scientifico freelance e divulgatore, si occupa di ricerca, salute e tecnologia. Classe 1988, dopo la laurea magistrale in Fisica della materia all’università di Modena e Reggio Emilia ottiene due master in comunicazione della scienza, alla Sissa di Trieste e a Ferrara. Libero professionista dal 2014 e giornalista pubblicista dal 2015, ha tra le collaborazioni Wired Italia, Radio24, StartupItalia, Festival della Comunicazione, Business Insider Italia, Forbes Italia, OggiScienza e Youris. Su Twitter è @undotti, su Instagram @dotti.it.
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