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Mercurio di mare

Perché ritroviamo il mercurio nelle nostre acque (e nei pesci che vi abitano)? Quali sono i rischi per la salute umana di un’eccessiva esposizione a questa sostanza?

La scienza ha smentito da lungo tempo l’assunto per cui “naturale” sia sempre sinonimo di “buono” e di “salutare”. Numerose sostanze naturalmente presenti nell’ambiente sono, infatti, rischiose, entro un certo limite e a determinate concentrazioni, per la salute degli esseri umani e degli altri organismi. Il principio di base, infatti, è che “è la dose a fare il veleno”. Tale dose varia a seconda delle caratteristiche della sostanza e del soggetto coinvolto. A volte ad alzare la dose a livelli pericolosi per la salute può essere l’azione sconsiderata degli esseri umani. È quello che avviene, per esempio, con il mercurio.

Da dove viene il mercurio

Il mercurio è un elemento naturalmente presente nell’ambiente. I gas rilasciati dalle eruzioni vulcaniche, per esempio, contengono anche metalli pesanti e mercurio in forma di vapore. Questo può restare sospeso nell’aria per tempi più o meno lunghi (da sei mesi a due anni) e, a determinate condizioni, essere trasportato in luoghi molto lontani dal punto di emissione. I problemi principali per la salute si hanno quando il mercurio raggiunge la terra e soprattutto le acque.

La sostanza è però anche il prodotto dell’attività artigianale e industriale, e la sua pericolosità era stata dimostrata in modo chiaro già in epoca vittoriana. I vapori tossici del mercurio, abitualmente utilizzato in quel periodo nella fabbricazione dei cappelli, furono infatti la causa, nei lavoratori del settore, della cosiddetta “sindrome del cappellaio matto”, caratterizzata dal manifestarsi di numerosi sintomi psichiatrici. La sindrome, stando a un’interpretazione non accettata da tutti i critici, sarebbe all’origine del bizzarro personaggio del Cappellaio Matto dei romanzi Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie e Attraverso lo Specchio e quel che Alice vi trovò.

La quantità di mercurio rilasciata nell’ambiente per via dei fenomeni naturali è rimasta sostanzialmente costante nel tempo. Lo stesso non si può invece dire dell’immissione di origine antropica di questo metallo, che è invece aumentata negli ultimi secoli per via di numerosi processi industriali, tra cui la combustione di carbone fossile, l’attività degli inceneritori non di ultima generazione, l’estrazione mineraria, la raffinazione del petrolio e la produzione di cemento.

Sempre più concentrato

Una volta disperso nell’ambiente, il mercurio, soprattutto quando viene trasformato dall’azione dei batteri nella forma organica di metilmercurio (che si accumula nelle acque), è soggetto a un processo chiamato biomagnificazione. Con questo termine si indica il fenomeno per cui una sostanza tossica si accumula negli esseri viventi e aumenta di concentrazione passando da un organismo a un altro nella catena alimentare. Il cosiddetto bioaccumulo indica invece il processo con cui sostanze tossiche inquinanti e persistenti raggiungono all’interno di un organismo concentrazioni superiori rispetto a quelle dell’ambiente circostante. L’aumento si può riscontrare via via che si procede verso l’alto nella cosiddetta rete trofica, che collega tra loro gli organismi di un ecosistema. Per esempio, al livello trofico più basso appartengono gli organismi autotrofi fotosintetici, mentre in alto si collocano i predatori.

Quando gli esseri umani si cibano di organismi marini che sono a loro volta predatori di altri organismi o predatori di predatori, può accadere che la concentrazione di mercurio diventi pericolosa per la salute, appunto per il fenomeno di biomagnificazione. Sempre a causa di questo fenomeno, secondo l’Agenzia europea dell’ambiente (Eea) è proprio l’alimentazione la principale fonte di esposizione al mercurio per le persone.

I rischi per la salute

Il mercurio è un metallo pesante, fa cioè parte di quei metalli la cui densità è maggiore del valore di riferimento di 4,5 grammi per centimetro cubo. Diversi studi hanno messo in relazione l’esposizione a questo tipo di sostanze con un aumento del rischio di sviluppare molte malattie.

Nello specifico, l’inalazione di vapori di mercurio può essere dannosa per reni, pelle, sistema gastrointestinale, polmoni e sistema immunitario, oltre a essere tossica per il sistema nervoso centrale e periferico. La neurotossicità può essere provocata dall’assunzione di metilmercurio attraverso l’alimentazione, in particolare tramite il consumo alimentare frequente o eccessivo di pesci predatori di grossa taglia, che è oggi la principale via di esposizione umana al mercurio. Particolare attenzione devono fare le donne in stato di gravidanza, cui si raccomanda di evitare il consumo di pesce, molluschi e crostacei che tendono a contenere più mercurio.

Nel 2013 le Nazioni unite hanno siglato la Convenzione di Minamata, che ha proprio lo scopo di monitorare l’esposizione della popolazione al mercurio e di limitarne il più possibile i danni. Il nome della convenzione deriva da un tragico incidente avvenuto nel 1956 in Giappone, a Minamata appunto, dove il riversamento in mare di metilmercurio proveniente da un’industria chimica fu la causa di gravi disturbi neurologici nella popolazione.

Purtroppo è noto che il mercurio, una volta disperso nell’ambiente, può permanervi per migliaia di anni, perpetuando il proprio ciclo. Di recente in una ricerca condotta dall’Università di Padova è emerso che si trovano concentrazioni più alte di mercurio nel tonno rosso del Mar Mediterraneo rispetto a quello degli oceani. La ragione sembra essere che il Mediterraneo, a differenza degli oceani, è un bacino chiuso dove le sostanze si concentrano maggiormente e ciò favorisce la biomagnificazione. Le concentrazioni rilevate in alcuni casi risultano superiori ai limiti di legge, mettendo in evidenza la necessità di un maggiore impegno per evitare la contaminazione ambientale da parte di questo metallo pesante. È importante sottolineare che i pericoli legati al metilmercurio non riguardano invece l’etilmercurio, chimicamente differente, contenuto in alcuni vaccini come conservante e la cui non tossicità è stata dimostrata. L’etilmercurio, a differenza del metilmercurio, non è tossico perché viene smaltito rapidamente dall’organismo e per questo non si accumula.

Anna Rita Longo
Insegnante e dottoressa di ricerca, membro del board dell’associazione professionale di comunicatori della scienza SWIM (Science Writers in Italy), socia emerita del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), collabora con riviste e pubblicazioni a carattere scientifico e culturale.
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