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Molecole organiche…di origine spaziale

In alcuni meteoriti carboniosi è stato individuato del materiale genetico, in particolare purine e pirimidine, di possibile origine extraterrestre. La provenienza di questo DNA è ancora dibattuta, ma resta in piedi l’ipotesi che possa avere contribuito alla proliferazione della vita sulla Terra.

Ci sono elementi del DNA anche al di fuori del nostro pianeta. La ricerca di forme di vita extraterrestri, un tema che da tempo affascina l’umanità, sta avendo negli ultimi anni nuovi interessanti risvolti. In particolare, alcuni meteoriti “piovuti” sul suolo terrestre dallo spazio hanno mostrato, in alcune analisi, di contenere elementi tipici del DNA.

Lo studio è nato dalla collaborazione tra un gruppo di scienziati giapponesi e la NASA. Nell’analisi di alcuni campioni di meteoriti, sono emerse alcune componenti del DNA, di origine extraterrestre. In base a questi risultati i ricercatori hanno ipotizzato che forme di vita potrebbero essere presente anche su altri pianeti, magari con aspetti diversi rispetto a quelli che conosciamo.

L’analisi di tre meteoriti e l’ipotesi del DNA extraterrestre

Nell’aprile 2022 sulla rivista Nature i ricercatori hanno pubblicati i risultati di una di queste ricerche, che ha analizzato basi azotate e altri composti simili estratti da tre celebri meteoriti: Murchison, del lago Murray e del lago Tagish. Le tecniche impiegate sono state la cromatografia liquida ad alte prestazioni accoppiata alla spettrometria di massa ad alta risoluzione. Il gruppo di scienziati, al lavoro tra diversi istituti di ricerca in Giappone e presso il Centro Goddard della NASA di Greenbelt, in Maryland, ha esaminato le molecole eterocicliche (quelle con uno o più atomi diversi dal carbonio) che compongono questi corpi rocciosi, al fine di determinarne il profilo e la quantità.

L’indagine si è concentrata soprattutto sui campioni di una particolare categoria di meteoriti: quelli carboniosi, considerati i più probabili portatori di informazioni primordiali, oltre a essere in generale di elevato interesse astrochimico.

Negli estratti del meteorite Murchison sono state individuate diverse centinaia di migliaia di specie organiche solubili. Tali molecole si sono verosimilmente originate in seguito a fenomeni termici nell’asteroide progenitore da cui il meteorite stesso si è verosimilmente staccato. Murchison è un meteorite di tipo carbonaceo caduto in Australia nel settembre del 1969, di cui sono stati recuperati oltre 100 chilogrammi di materiale contenente molti amminoacidi di diverso tipo. Da un decennio la lista dei composti organici rinvenuti negli estratti di Murchison ha alimentato la convinzione che i mattoni della vita si possano essere formati anche al di fuori della Terra. Si tratta della cosiddetta ipotesi di panspermia.

Il meteorite del lago Murray, il quinto più grande rinvenuto sulla Terra e un tempo considerato il più grande di sempre, è stato trovato in Oklahoma nel 1933, mentre il meteorite del lago Tagish è caduto nel gennaio 2000 nell’omonimo lago, in Canada, nella Columbia Britannica nordoccidentale. Dall’analisi dei due meteoriti è emerso che il contenuto di basi azotate, in particolare di purine (adenina e guanina) e di pirimidine (citosina, timina e uracile), ha differenti concentrazione e varietà molecolare. Questo fa supporre che gli asteroidi da cui si sarebbero poi staccati i meteoriti potrebbero avere subito processi chimici distinti. Ciò rafforza anche l’ipotesi di un’origine interstellare di questi composti.

Ma il focus dello studio è rappresentato dalle sostanze rinvenute nei due campioni di Murchison, che hanno determinato una conclusione sorprendente: il rilevamento di purine sostiene fortemente l’ipotesi di una natura indigena delle purine stesse, cioè che queste possano aver raggiunto la Terra dallo spazio.

Un grande progresso rispetto al passato

Privi delle tecnologie attuali, alcuni ricercatori avevano già individuato molecole come adenina e guanina in basi azotate identificate in materiale estratto da meteoriti carboniosi. Si trattava di studi pionieristici degli anni Sessanta, in cui però erano state osservate quantità meno abbondanti di quelle trovate più di recente.

Mentre scriviamo sono in arrivo nuovi campioni da analizzare, anch’essi recuperati da meteoriti carboniosi derivanti da una collisione subita dall’asteroide genitore a cui appartenevano. In una recente conferenza stampa, i ricercatori hanno dichiarato che campioni così primitivi non sono mai stati esaminati in precedenza. Si ritiene quindi che il loro studio permetterà di raccogliere ulteriori preziose informazioni sulla distribuzione molecolare delle sostanze organiche meteoritiche, comprese le basi azotate, e sui loro percorsi di formazione. Ciò dovrebbe aiutare ad approfondire le conoscenze sull’evoluzione delle molecole organiche extraterrestri su materiali incontaminati, o non significativamente compromessi dall’arrivo sulla Terra.

Materiale genetico nella Terra primordiale

Riguardo al meteorite Murchison, gli scienziati ritengono che la diversità chimica osservata per purina e pirimidina indichi e confermi l’origine extraterrestre di queste sostanze.

Alcuni materiali extraterrestri sono stati “recapitati” sulla Terra nell’eone geologico denominato Adeano, ossia circa 4 miliardi di anni fa, poco dopo la formazione della Terra, quando la caduta di meteoriti era assai frequente. È possibile che, in archi temporali così lunghi, le coppie di basi azotate abbiano in qualche modo contribuito a far emergere proprietà genetiche in grado di dare origine alle prime forme di vita sulla Terra. Con certezza non si può naturalmente affermare che la collisione di meteoriti con la Terra abbia innescato la vita sul nostro pianeta. Tuttavia l’enorme varietà di mattoni del DNA riscontrata nei campioni di meteoriti indica che questi corpi rocciosi possono quantomeno aver dato un contributo a tale processo.

Gianluca Dotti
Giornalista scientifico freelance e divulgatore, si occupa di ricerca, salute e tecnologia. Classe 1988, dopo la laurea magistrale in Fisica della materia all’università di Modena e Reggio Emilia ottiene due master in comunicazione della scienza, alla Sissa di Trieste e a Ferrara. Libero professionista dal 2014 e giornalista pubblicista dal 2015, ha tra le collaborazioni Wired Italia, Radio24, StartupItalia, Festival della Comunicazione, Business Insider Italia, Forbes Italia, OggiScienza e Youris. Su Twitter è @undotti, su Instagram @dotti.it.
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