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Pane e birra sulla tavola dei nostri antenati preistorici

Nel sito di Göbekli Tepe in Turchia, ma non solo, sono sempre più frequenti i ritrovamenti di tracce di cotture e di lavorazioni di cereali selvatici. Gli esseri umani cucinavano il grano ancor prima di coltivarlo?

Almeno 11.600 anni fa sorgeva un tempio, il più antico mai ritrovato, a Göbekli Tepe, in Turchia, quasi al confine con la Siria. Nei suoi pressi non è stato reperito alcun segno di vita sedentaria, né case né resti di animali addomesticati o di piante coltivate. Sono però stati rinvenuti alcuni recipienti in pietra che, dalle tracce, sembrano aver contenuto zuppe di grano, e inoltre molte macine. Come descritto in un articolo pubblicato sulla rivista Nature dai ricercatori dell’Istituto archeologico germanico di Berlino, i cacciatori-raccoglitori dell’epoca cucinavano già grano e si nutrivano di cibi derivati dai cereali selvatici prima ancora di aver imparato a coltivarli. Da diverse ricerche – che hanno impiegato le tecniche più disparate – sembra quindi che l’alimentazione dei nostri antenati vissuti alla fine del Mesolitico fosse più complessa di quanto lo siano le diete che oggi cercano di imitarla, le cosiddette “paleodiete”.

Cosa mangiavano i cacciatori-raccoglitori di Göbekli Tepe

I cacciatori-raccoglitori, anche se nomadi o seminomadi, conoscevano già tecniche edilizie sufficienti a edificare un tempio di pietra come quello di Göbekli Tepe, e si ipotizza che si ritrovassero lì proprio per banchettare assieme. Ma se inizialmente si pensava a grandi banchetti a base di carne, i reperti hanno indicato un’altra pista. Nell’area di Göbekli Tepe, infatti, sono stati ritrovati circa 650 piatti e recipienti di pietra intagliata e più di 10.000 macine.

Come hanno spiegato in un articolo pubblicato sul Journal of Archeological Science, dalle analisi della superficie delle pietre da macina i ricercatori hanno ipotizzato che le pietre venissero impiegate non per fare farina ma per macinare grossolanamente grano selvatico, rinvenuto nel sito. In questo modo avrebbero potuto romperne la crusca per rendere il grano più facile da bollire, allo scopo di farne qualcosa di simile a una pappetta di cereali o, in alternativa, di ottenere birra per fermentazione.

Mani in pasta, le ricostruzioni sperimentali degli archeologi

Per capire come venissero utilizzate le pietre, gli archeologi ne hanno ricostruito delle repliche a Berlino e le hanno usate per macinare. I segni d’usura lasciati dalla pratica della macinazione sulla superficie della pietra sono stati quindi analizzati e studiati per paragonarli a quelli delle pietre di Göbekli Tepe. Non solo: gli studiosi hanno persino provato, con successo, a cucinare una zuppa di cereali e a produrre una birra di tipo (forse) mesolitico a partire da malto di grano.

Qualcosa di simile è stato fatto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Salonicco, nel corso di un esperimento i cui risultati sono stati pubblicati quest’anno sul

Journal of Archaeological Science. Lavorando sui resti di cotture bruciate, della Grecia di 5.000 anni fa, i ricercatori hanno pensato di usare il bulgur e cucinare zuppe e impasti in forno per simulare cotture carbonizzate e mal riuscite dell’epoca. Hanno raccolto dunque più di 300 tipi di resti di cotture, analizzati al microscopio elettronico al fine di realizzare un vero e proprio catalogo. In questo modo, ogni nuovo campione antico rinvenuto può essere paragonato a quelli ricostruiti in laboratorio, per capire a quali processi di cottura fosse stato sottoposto.

I resti dalle cucine paleolitiche

Già nel 2018, un’équipe anglo-danese, condotta da Amaia Arranz-Otaegui dell’Università di Copenhagen, si era concentrata su alcuni frammenti carbonizzati di cibo, ritrovati nel sito di Shubayqa 1 in Giordania, risalente a 14.400 anni fa. All’analisi microscopica, i resti si erano rivelati essere pezzi di pane, quando invece si pensava che la prima “infornata” fosse avvenuta circa 5.000 anni più tardi.

Questo ritrovamento e quello di Göbekli Tepe hanno dimostrato che i cereali selvatici sono stati lavorati e cotti prima dell’avvento dell’agricoltura e della selezione delle colture. Dalle ricerche sui pezzi carbonizzati di verdura, rinvenuti nelle grotte del fiume Klasies in Sudafrica e risalenti addirittura a 120.000 anni fa, sapevamo già che all’epoca i primi uomini cuocevano piante amidacee come tuberi e radici. Persino sulla placca dei denti di un Neanderthal, in una sepoltura in Iran di 40.000 anni fa, sono state trovate tracce di cibi cotti, tra cui legumi, datteri e grani di erbe come le Triticeae.

Dunque a Göbekli Tepe, spiega Laura Dietrick, da tempo sapevano come cucinare. Le evidenze suggeriscono che la dieta di quei cacciatori-raccoglitori fosse variegata e non composta di sola carne, e che già sapessero manipolare e cuocere semi e grani. Quando si ritrovavano, cucinavano cereali in quantità ben maggiore rispetto a quanto pensassimo. Può darsi quindi che l’agricoltura sia stata solo una conseguenza: un modo di produrre stabilmente e con maggior resa qualcosa che si consumava già da tempo.

Giancarlo Cinini
Dopo aver studiato lettere e comunicazione della scienza ed essersi formato scrivendo per Galileo, Wired Italia e La Repubblica, oggi collabora con Il Tascabile e insegna lettere in un istituto superiore.
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