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Amici per… il naso

Forse siamo più propensi a creare legami con chi ha un odore simile al nostro. Ecco come gli scienziati lo hanno scoperto, grazie al contributo di un naso elettronico. Quali implicazioni potrebbe avere questo fenomeno a livello sociale?

Le persone che stabiliscono una connessione immediata tra loro, che vanno subito d’accordo e che hanno maggiori probabilità di costruire un rapporto di amicizia forse hanno anche qualche somiglianza nei rispettivi odori corporei. Inoltre, coppie ormai consolidate di amici tendono ad avere un odore più simile rispetto a due sconosciuti. Insomma: sembra proprio che, nella vita, il naso ci aiuti a selezionare chi saranno i nostri amici e che le somiglianze negli odori corporei possano contribuire a instaurare e mantenere legami tra le persone.

A suggerirlo sono i risultati ottenuti con osservazioni su un gruppo non molto esteso di volontari, da un gruppo di esperti in neuroscienze e imaging cerebrale del Weizmann Institute of Science di Rehovot, in Israele. I dati sono stati pubblicati sulla rivista Science Advances a giugno 2022. I risultati ottenuti, da confermare in studi più ampi, fanno pensare che il senso dell’olfatto abbia un ruolo più importante del previsto nel condizionare le nostre interazioni sociali.

Cosa è emerso dallo studio

La ricerca israeliana parte da un assunto molto semplice: fra le specie di mammiferi terrestri annusarsi è uno dei modi più comuni e immediati di comprendere chi siano gli “amici” o i “nemici”, e dunque di preservare la propria sopravvivenza. Anche per gli esseri umani gli odori – sia i propri che quelli degli altri – sono importanti, seppure le buone maniere ci inducano a non essere troppo espliciti su ciò che ci dice il naso. Tuttavia, nel nostro caso, non sappiamo di preciso perché annusiamo. Esiste forse un linguaggio degli odori che inconsapevolmente ci porta a prendere decisioni come decidere chi frequentare?

Forse noi umani utilizziamo l’olfatto per valutare la somiglianza fra il nostro odore corporeo e quello degli altri e una somiglianza potrebbe facilitare un legame di amicizia. Per esplorare la plausibilità di questa ipotesi, gli autori della ricerca hanno raccolto e analizzato gli odori di un gruppo di volontari e li hanno messi in relazione alla qualità del loro rapporto. Il gruppo era composto non da persone scelte a caso, bensì dai membri di venti coppie di amici dello stesso sesso (quindi dieci coppie di amiche femmine e dieci di amici maschi) coinvolti in una relazione non romantica. Si trattava inoltre di persone che hanno descritto reciprocamente la loro amicizia come nata a prima a vista: entrambi i membri, cioè, avevano intuito per così dire “a pelle”, e senza che ci fosse stato un grande scambio preliminare di informazioni su di sé e la propria vita, che si sarebbe formato un legame.

Sia le valutazioni oggettive, condotte con strumenti di laboratorio elettronici, sia quelle soggettive, delegate ad “annusatori” umani indipendenti, sono risultate concordi nel suggerire che gli amici presentano odori più simili tra loro rispetto a coppie di persone assortite in maniera casuale. L’esito degli esperimenti sembrava dunque confermare l’ipotesi che una somiglianza di odori potesse essere associata alla nascita di un’amicizia. I ricercatori avevano tuttavia bisogno di escludere che si trattasse di altro: gli amici spesso frequentano gli stessi posti, hanno abitudini simili, trascorrono molto tempo insieme, condividono gusti e potrebbero sviluppare odori corporei somiglianti proprio perché vivono esperienze comuni.

Gli scienziati hanno quindi coinvolto nell’indagine alcuni perfetti sconosciuti, dei quali hanno campionato l’odore tramite gli stessi dispositivi elettronici. Una volta posti a distanza ravvicinata con persone dello stesso sesso e invitati a interagire in modo non verbale (cioè, semplicemente, osservandosi a una distanza tale da poter sentire l’odore dell’altro in un cosiddetto “mirror game, o gioco allo specchio), si è verificato che le coppie di sconosciuti che nelle analisi di laboratorio avevano mostrato un odore più simile hanno anche sviluppato, in quel contesto, le interazioni più positive. Gli autori dello studio hanno concluso che “c’è davvero chimica nella chimica sociale”. Questo riassunto sintetico delle loro conclusioni è anche stato usato come titolo dell’articolo.

Maneggiare gli odori in laboratorio

Che cosa hanno fatto precisamente gli scienziati in laboratorio? Come è possibile raccogliere, analizzare, identificare e confrontare scientificamente gli odori? Gli odori, per così dire, donati dai volontari, tutti appartenenti alla stessa fascia di età, tra i 22 e i 39 anni, sono stati studiati seguendo un protocollo standard. Innanzitutto ai volontari è stato chiesto, per tutta la durata degli esperimenti, ovvero due giorni circa, di non consumare alimenti che potessero influenzare fortemente l’odore corporeo, come curry, asparagi e aglio; di non dormire col proprio partner né con animali domestici (utilizzando quindi letti diversi); di lavarsi solamente con sapone privo di profumo e di non impiegare lozioni, deodoranti, antitraspiranti, fragranze e altri prodotti.

Gli odori corporei sono stati quindi raccolti facendo indossare ai partecipanti delle magliette di cotone al 100 per cento, tutte uguali e fornite dal personale del laboratorio, per almeno sei ore per due notti di fila. Tra una notte e l’altra le magliette sono state conservate ciascuna all’interno di un apposito sacchetto ben sigillato, per evitare che assorbissero altri odori. Al termine dell’esperimento, sono state raccolte in barattoli di vetro e conservate in laboratorio in frigorifero, a basse temperature, per evitare che i composti volatili potessero andare incontro ad alterazioni.

Le magliette sono state poi analizzate una per una da un cosiddetto eNose, o naso elettronico, un dispositivo dotato di sensori appositi, capace di risalire alla composizione delle molecole chimiche presenti in un determinato campione. Quello impiegato in questa indagine è un modello compatto (chiamato PEN3) con un set di dieci sensori in ossido di metallo, ciascuno dei quali ricoperto da materiali differenti e in grado di riconoscere determinate molecole volatili contenute nel barattolo. È grazie a questo strumento che i ricercatori hanno potuto mappare con precisione le somiglianze fra gli odori dei partecipanti.

Riflessioni a margine

Oltre a presentare i dati e le potenzialità delle informazioni raccolte, i ricercatori hanno chiarito anche i limiti del loro studio. Innanzitutto potrebbero esserci altri fattori, oltre alla somiglianza dell’odore corporeo, in grado di favorire l’amicizia. In secondo luogo, rimangono ancora da esplorare le amicizie che non sono nate a prima vista, cioè quelle che si sono sviluppate in modo meno immediato. Pertanto, al momento, non è possibile generalizzare le osservazioni raccolte.

Un altro interrogativo aperto è quanto i risultati sarebbero validi anche in un contesto di vita al di fuori di un esperimento di laboratorio. Nello studio, tanto per fare un esempio, ai candidati non era consentito comunicare verbalmente: un vincolo che non fa certo parte del modo in cui conosciamo le persone e che, nello studio, potrebbe aver amplificato il contributo dell’olfatto. Allo stesso tempo, proprio le condizioni sperimentali suggeriscono la possibilità di estendere indagini di questo tipo a situazioni particolari, come lo studio dei comportamenti e delle interazioni sociali degli individui che soffrono di perdita dell’olfatto o nelle persone con una cosiddetta chemiosegnalazione sociale alterata, per esempio le persone che rientrano nello spettro autistico. Al di là di una più profonda comprensione del comportamento umano, hanno dichiarato gli autori, questo approccio potrebbe essere un punto di partenza per elaborare nuove strategie basate sull’olfatto per intervenire sul deterioramento sociale.

I dati presentati nell’articolo sono stati raccolti prima che il Covid-19 facesse la sua apparizione nella specie umana. Per molti mesi durante la pandemia, per ragioni di sicurezza non è stato possibile ricreare le condizioni sperimentali dello studio, che prevedono un contatto stretto tra individui in assenza di mascherine. Da un lato quindi non è stato possibile avviare gli ulteriori esperimenti che sarebbero necessari per approfondire e consolidare le conclusioni. Dall’altro lato la pandemia, modificando le condizioni di interazione sociale, ha offerto un altro aspetto su cui riflettere. E se i nostri comportamenti legati all’olfatto fossero nel frattempo cambiati? Siamo sicuri che ancora oggi annuseremmo in maniera del tutto incondizionata gli altri e che non ci tratterremmo invece dal farlo per il timore di inalare l’aria potenzialmente contagiosa emessa da altre persone? Ci sarà da indagare, forse, anche su questo.

Alice Pace
Giornalista scientifica freelance specializzata in salute e tecnologia, anche grazie a una laurea in Chimica e tecnologia farmaceutiche e un dottorato in nanotecnologie applicate alla medicina. Si è formata grazie a un master in giornalismo scientifico presso la Scuola superiore di studi avanzati di Trieste e una borsa di studio presso la Harvard Medical School di Boston. Su Instagram e su Twitter è @helixpis.
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