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Anche il cervello deve stare in salute

Il 10 ottobre è la Giornata mondiale della salute mentale, un’occasione per rinnovare l’invito ai governi e ai cittadini affinché un’area della sanità ancora troppo spesso trascurata riceva la doverosa attenzione.

A più riprese l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha invitato i governi di tutti i Paesi a considerare il benessere mentale come un pilastro fondamentale della salute pubblica. Nel mondo, circa una persona su otto (fra cui il 14 per cento circa degli adolescenti) soffre di qualche problema psichico. Nella maggior parte dei casi questi problemi non sono trattati né curati, con il rischio di conseguenze gravi per la qualità della vita sia delle persone colpite, sia delle persone loro vicine e di quanti si occupano di loro.

Con opportune cure psicosociali e farmacologiche – e con sistemi sanitari più attenti al benessere psichico della popolazione – si potrebbe invece assicurare una vita più sana e serena a decine di milioni di persone nel mondo. I disturbi mentali, di cui molti non sono fortunatamente gravi, possono manifestarsi anche con somatizzazioni in diverse parti del corpo.

Un problema quanto mai diffuso

L’Oms considera la salute mentale una priorità per la qualità della vita di una persona, e definisce in generale lo stato di salute come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale”, che non coincide quindi con la sola e semplice assenza di malattie o di infermità fisiche.

Sentirsi in pace con se stessi, sapere gestire ansie, emozioni e pressioni, può permettere di realizzare meglio le proprie ambizioni e aspirazioni personali. Inoltre può aiutare a convivere con le tensioni della vita quotidiana e a interagire in maniera più positiva con chi ci circonda, a beneficio non solo di noi stessi, ma della collettività. In questa prospettiva, le malattie mentali sono qualcosa di più di una patologia individuale: possono diventare anche un danno per la società, che per questo è in parte privata del contributo di quella parte di popolazione che ne soffre.

Il problema oggi è ancora più rilevante a livello globale perché l’Oms stima che le persone in difficoltà a causa di patologie psichiche siano circa 1 miliardo. Il disturbo più diffuso è senza dubbio la depressione, che colpisce ogni anno oltre 300 milioni di persone nel mondo. Le rilevazioni più recenti risalgono al 2020, e si ritiene che da allora i numeri siano ulteriormente peggiorati, complice anche la pandemia di Covid-19, che sembra avere causato problemi psichici consistenti, soprattutto tra i giovani e i giovanissimi.

Mediamente i governi nazionali in tutto il mondo spendono, in salute mentale, meno del 2 per cento dei fondi destinati alla salute pubblica. Questi scarsi investimenti sono in contrasto con le raccomandazioni emerse da un recente studio dell’Oms, i quali hanno dimostrato che gli interventi essenziali per fronteggiare schizofrenia, malattie bipolari, depressione e abuso di alcol richiederebbero ulteriori risorse quantificabili in appena 20 centesimi di euro a persona. Alcuni Paesi – tra cui il Cile e la Cina – hanno già sperimentato con buoni risultati politiche di intervento mirate, per esempio contro la depressione.

I Paesi in via di sviluppo mostrano invece un quadro ben peggiore. Il 75 per cento circa di quanti soffrono di disturbi mentali non riceve alcun tipo di trattamento. In molte aree dell’Africa persino l’epilessia è del tutto trascurata, quando basterebbe immettere sul mercato locale specifici farmaci per migliorare almeno in parte il problema.

Un giorno dedicato alla salute mentale

La Giornata mondiale della salute mentale (World Mental Health Day), che cade ogni anno il 10 ottobre, è la ricorrenza perfetta per informare e fare il punto su un tema così importante per il benessere personale e sociale. In proposito quest’anno il 13 e il 14 ottobre si terrà a Roma il Global Mental Health Summit, un convegno in cui si punterà a valorizzare l’impegno dei sistemi sanitari nella lotta ai disturbi mentali.

Per l’occasione l’Oms ha anche lavorato a una versione aggiornata del cosiddetto Atlante della salute mentale. Da tale documento emerge che le risorse globali stanziate per quanti soffrono di malattie mentali (e disturbi neurologici) sono ancora insufficienti per affrontare l’aumento dei bisogni che sta emergendo. Il tema è anche culturale: spesso, infatti, le persone tendono a sottovalutare i disturbi mentali e quando si decidono a contattare gli specialisti il quadro clinico appare già compromesso, dunque più complesso da gestire e risolvere. Per questo motivo le patologie emergono in ritardo e la salute mentale continua a non ricevere l’attenzione che meriterebbe nell’ambito della salute pubblica.

Ormai è scientificamente assodato anche che la salute mentale è influenzata da molteplici fattori: aspetti demografici (sesso, età, etnia), situazione economica, caratteristiche dell’ambiente in cui si vive e inoltre diverse componenti socioculturali. È possibile, per esempio, subire un deterioramento della propria salute mentale e sviluppare disturbi psichici a causa di una perdita di reddito, di scarsi risultati scolastici, per le disparità sociali e per la riduzione delle opportunità di lavoro (e l’elenco potrebbe proseguire). L’insorgenza di tali patologie sembra dunque dipendere sia da caratteristiche individuali, come la capacità di gestire pensieri, emozioni, comportamenti e relazioni con gli altri, sia da fattori sociali esterni, di cui ci si dovrebbe occupare con molta più attenzione.

La situazione in Italia

Per l’Italia, i dati pubblicati dall’Oms a livello globale sono confermati dall’Istituto superiore di sanità (Iss), che ha tra i propri compiti anche la sensibilizzazione del governo e dei cittadini sull’importanza di investire nell’ambito della salute mentale. I dati forniti dal Ministero della salute, e risalenti al 2020, mostrano sostanziali differenze tra le patologie che colpiscono uomini e donne. I maschi soffrono di più di schizofrenia, disturbi della personalità, abuso di sostanze e ritardo mentale, mentre le femmine tendono ad avere più di frequente disturbi affettivi, nevrotici e depressivi.

Si stima che nel nostro Paese siano circa 728.000 le persone con problemi di salute mentale, ma i casi sembrano essere in aumento, soprattutto tra i giovani. Da un lato ciascuno può assumere individualmente comportamenti in grado di prevenire almeno in parte queste patologie: uscire di casa, alternare fasi di attività a fasi di riposo, prendersi del tempo per riflettere sulle proprie emozioni e sul perché le si prova, sono esempi di comportamenti di questo tipo. Tuttavia questo può non essere sufficiente e in molti casi è necessaria la supervisione di un esperto, una figura professionale che possa guidare e sostenere le persone nel percorso di cura e possibilmente guarigione.

Circa la metà degli adulti nel corso della vita, può ritrovarsi a soffrire di almeno una malattia mentale, benché la gravità dei disturbi possa essere molto variabile da persona a persona. In molti casi, tuttavia, il peggioramento delle condizioni dei pazienti è il risultato dell’avere trascurato i primi sintomi e i campanelli dall’allarme, sia personali sia dei propri cari. La causa della trascuratezza è anche il pregiudizio culturalmente ancora troppo diffuso verso questo genere di patologie.

Gianluca Dotti
Giornalista scientifico freelance e divulgatore, si occupa di ricerca, salute e tecnologia. Classe 1988, dopo la laurea magistrale in Fisica della materia all’università di Modena e Reggio Emilia ottiene due master in comunicazione della scienza, alla Sissa di Trieste e a Ferrara. Libero professionista dal 2014 e giornalista pubblicista dal 2015, ha tra le collaborazioni Wired Italia, Radio24, StartupItalia, Festival della Comunicazione, Business Insider Italia, Forbes Italia, OggiScienza e Youris. Su Twitter è @undotti, su Instagram @dotti.it.
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