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Cosa c’è da sapere sull’importanza delle api per l’ecosistema

Perché (e quanto) questi insetti impollinatori sono cruciali per l’ambiente.

Le api, e soprattutto le specie che sono oggetto di allevamento (principalmente Apis mellifera, l’ape europea, e Apis cerana, l’ape asiatica), hanno da sempre attratto la curiosità degli esseri umani. La socialità complessa e strutturata di questi insetti, dell’ordine degli imenotteri, e i loro metodi di comunicazione sono stati studiati a fondo dagli scienziati. Le api sono anche entrate nella cultura popolare, dalle Georgiche di Virgilio ai cartoni animati per bambini, dove sono presentati come modello di operosità a vantaggio dell’intera comunità. Ma la loro vita non è, oggi, tutta “rose e fiori”.

La diminuzione delle popolazioni

Da una quindicina di anni circa, apicoltori e scienziati hanno segnalato una progressiva diminuzione del numero delle api e delle loro colonie. Il problema deriva da una serie di fattori: l’uso di determinati tipi di pesticidi (nel tempo sottoposti a restrizioni in seguito a provvedimenti europei), come per esempio i neonicotinoidi; la scarsa disponibilità di cibo e risorse, conseguenza a sua volta di una serie di fattori derivati dall’azione dell’uomo, tra cui il cambiamento climatico; e gli attacchi di specie alloctone invasive – come l’acaro Varroa destructor, il calabrone asiatico Vespa velutina e il coleottero degli alveari Aethina tumida – e di patogeni.

La diminuzione del numero di questi insetti, che riguarda anche altri impollinatori come i bombi, desta una serie di preoccupazioni in quanto le api hanno un’importanza cruciale negli equilibri degli ecosistemi. Ma che cosa rende le api così essenziali per l’ambiente e gli esseri umani?

Insetti impollinatori ed equilibri dell’ecosistema

Le api sono tra i più importanti insetti impollinatori, responsabili cioè del trasporto del polline dalla parte maschile a quella femminile dell’apparato riproduttivo di una pianta o di piante diverse. È attraverso questo fenomeno, chiamato impollinazione, che si verifica la fecondazione e la conseguente produzione di frutti e semi. L’impollinazione consente anche di mantenere gli equilibri degli ecosistemi e la variabilità genetica delle piante. Quest’ultima contribuisce a rendere le pianti più resistenti ai vecchi e nuovi patogeni, in un ambiente che cambia continuamente. Piante e insetti impollinatori si sono coevoluti diventando interdipendenti: le piante si riproducono attraverso l’azione degli insetti, i quali, a loro volta, si nutrono e allevano la prole attraverso il nettare e il polline ricavati dalle piante. Si è stimato che dalle api dipenda il 70 per cento circa dell’impollinazione di tutte le specie vegetali e il 35 per cento della produzione globale di cibo. E che la produzione agricola sia potuta aumentare del 30 per cento circa negli ultimi cinquant’anni anche grazie all’azione degli insetti impollinatori.

L’efficienza delle api nell’impollinazione può essere davvero sorprendente: un’ape bottinatrice (cioè quella che ha il compito di raccogliere il nutrimento per la comunità) può effettuare dai sette ai quattordici voli al giorno e nel corso di un solo volo, di durata che varia dai trenta minuti alle quattro ore circa, può visitare tra i 50 e i 1.000 fiori. Una colonia composta da 25.000 api bottinatrici che effettuino dieci voli al giorno può impollinare quindi quotidianamente 250 milioni di fiori.

Una recente analisi quantitativa con dati provenienti da tutto il mondo e condotta da biologi dell’Università della California (San Diego) ha messo chiaramente in evidenza l’importanza di Apis mellifera negli ecosistemi naturali, in quanto specie più frequentemente implicata anche nell’impollinazione delle piante spontanee, quindi al di fuori delle colture.

Già questi pochi dati sono sufficienti a dare l’idea degli enormi problemi che potrebbe comportare una drastica diminuzione del numero delle api nel pianeta. La riproduzione di alcune specie, alimentari e no, dipende quasi esclusivamente da questi insetti e la loro mancanza ne metterebbe in serio pericolo la sopravvivenza. Ciò potrebbe avviare una reazione a catena di squilibri negli ecosistemi, in cui ciascun organismo dipende dall’altro, in una complessa sequenza di rapporti di catena alimentare.

E se tutte le api scomparissero?

Un eventuale scenario di scomparsa delle api su scala globale – ma anche di riduzione imponente delle loro popolazioni – avrebbe sicuramente un effetto drammatico sull’ambiente così come lo conosciamo. Le piante il cui successo riproduttivo dipende essenzialmente da questi insetti sarebbero le prime a diminuire drasticamente in numero, fino a una progressiva scomparsa, la quale avrebbe effetto sulle specie che si nutrono, a loro volta, di questi vegetali (esseri umani compresi). Le api sono, a loro volta, nutrimento per altri animali, per esempio uccelli come il gruccione, e l’alterazione o la scomparsa delle popolazioni rappresenterebbe un pericolo per la sopravvivenza di queste specie.

La varietà dell’alimentazione umana ne uscirebbe certamente compromessa, sebbene buona parte dell’agricoltura alimentare si fondi su cereali impollinati non dalle api ma dal vento. Le coltivazioni di diversi tipi di verdura e frutta si troverebbero in grandissima difficoltà. Si dovrebbe sopperire alla mancanza di insetti impollinatori con l’impollinazione manuale oppure robotica (per esempio tramite piccoli droni), entrambe alternative costose e molto meno efficienti, attualmente, rispetto a quella naturale a opera delle api. Molte tra queste coltivazioni risulterebbero, ovviamente, poco convenienti economicamente e potrebbero quindi essere abbandonate o ridursi notevolmente in numero.

Per sensibilizzare l’opinione pubblica verso un atteggiamento maggiormente responsabile nei confronti della tutela dell’ambiente e della protezione degli insetti impollinatori, un supermercato statunitense appartenente a una nota catena ha rimosso temporaneamente dagli scaffali di vendita i prodotti che dipendono dalla presenza delle api, con la conseguenza, piuttosto destabilizzante, di rendere indisponibili più della metà dei prodotti ortofrutticoli. Una quantità che aumenterebbe significativamente se si includessero nell’esperimento anche tutti gli altri insetti impollinatori.

Anna Rita Longo
Insegnante e dottoressa di ricerca, membro del board dell’associazione professionale di comunicatori della scienza SWIM (Science Writers in Italy), socia emerita del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), collabora con riviste e pubblicazioni a carattere scientifico e culturale.
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