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Le regole base dell’ergonomia

Nel mese del grande rientro in ufficio, come la scienza ci aiuta a mantenere una buona postura e a creare un ambiente salutare attorno a noi.

Il rientro al lavoro dalle ferie può essere un momento un po’ difficile sotto vari punti di vista. Ritornare ai consueti ritmi lavorativi e recuperare le abitudini perse nel corso dei giorni o delle settimane di vacanza non è sempre agevole. In queste fasi di passaggio, ma anche nella gestione dell’attività lavorativa ordinaria, alcuni accorgimenti che consentano all’ambiente lavorativo di rispondere al meglio alle esigenze del lavoratore possono rappresentare un aiuto importantissimo per garantirne il benessere e la sicurezza.

La scienza dello stare bene sul luogo di lavoro

La medicina del lavoro si concentra in modo specifico sul benessere psicofisico di chi svolge un’attività lavorativa, sulla prevenzione, la diagnosi e la cura delle malattie a essa correlate, e l’ergonomia può essere considerata una sua sotto-branca. Per chiarire il raggio d’azione di questa disciplina, facciamo riferimento alla definizione che ne dà l’International Ergonomics Association (IEA), comprendente 52 organizzazioni in molti Paesi (tra cui la Società italiana di ergonomia e fattori umani). L’IEA descrive l’ergonomia sia come la disciplina scientifica che si occupa di comprendere le interazioni tra esseri umani e altri elementi di un sistema, sia come la professione che applica la teoria, i principi, i dati e i metodi relativi a questo studio scientifico alla progettazione, con lo scopo di ottimizzare il benessere umano e le prestazioni complessive del sistema. Fondata nel 1959, la IEA ha lo scopo di produrre linee guida condivise e di fornire sostegno per la loro applicazione, anche nei Paesi in via di sviluppo.

Il termine ergonomia si è diffuso in seguito all’utilizzo che ne fece lo psicologo britannico Kennet Frank Hywel Murrell alla fine degli anni Quaranta del secolo scorso, partendo dal presupposto che le condizioni di lavoro dovessero adattarsi alle esigenze degli esseri umani e non viceversa. Sembra, però, che il primo a utilizzare in senso tecnico la parola (che deriva dal greco érgon, “opera”, “lavoro” e nómos, “legge”, “norma”) sia stato lo scienziato polacco Wojciech Jastrzębowski in un articolo del 1857, dove illustrava i principi base della disciplina in rapporto alle scienze naturali, di cui era esperto.

Ma già le civiltà antiche (dalla preistoria al mondo egizio, greco-romano e oltre) mostrano di aver intuito alcuni principi basilari di questa scienza, e, in tempi più recenti, viene riconosciuta l’importanza del medico italiano Bernardino Ramazzini (1633-1714) nell’anticipare la moderna medicina del lavoro e le basi dell’ergonomia.

Gli elementi e la loro interazione

Gli elementi del sistema che sono sottoposti alla valutazione dell’ergonomia sono essenzialmente tre: l’essere umano, con tutte le sue caratteristiche fisiologiche e psicologiche, l’ambiente nel quale si muove e gli strumenti, supporti o macchine usati per svolgere il suo lavoro. Tenere conto del modo in cui questi elementi interagiscono, della posizione assunta dalle diverse parti del corpo e delle azioni che tendono a ripetersi nel corso del lavoro è importante per ridurre il più possibile (e auspicabilmente eliminare del tutto) gli infortuni sul lavoro e le circostanze che generano stress.

Il rispetto di questi principi garantisce la sicurezza del lavoratore, ma costituisce anche un vantaggio per l’impresa e la società nel suo complesso in quanto ha un riflesso positivo sulla produttività (alcuni studi mettono in evidenza un aumento tra il 10 per cento e il 25 per cento), favorita dal benessere e dalla conseguente motivazione.

Benessere in ufficio

Anche se il lavoro d’ufficio comporta sforzi fisici e rischi inferiori rispetto ad altre attività (pensiamo, per esempio, ai lavoratori che devono interagire con macchinari o sostanze che espongono a gravi pericoli), le condizioni in cui viene svolto possono avere un forte impatto sul benessere generale. Tra gli elementi di cui tenere conto c’è la postura da assumere, per esempio nei lavori che impongono di stare seduti a lungo.

Una buona seduta da ufficio deve permettere a chi lavora di poggiare comodamente le piante dei piedi al suolo, mentre le ginocchia sono piegate ad angolo retto o un po’ più distese. Per ulteriore comfort (per esempio se capita di dover usare una postazione un po’ troppo alta) si può adoperare un supporto per i piedi. Lo schienale deve fornire un adeguato supporto lombare e consentire un comodo appoggio e il mantenimento delle curve fisiologiche della colonna vertebrale. La possibilità di regolare schienale e sedile è importante, così come lo è la valutazione della profondità della seduta, perché non si creino pressioni che possano infastidire o ostacolare la circolazione. La presenza di rotelle e la possibilità di far ruotare il sedile rende più facili i piccoli spostamenti e movimenti.

L’altezza della scrivania e il posizionamento della tastiera per digitare devono permettere di lavorare comodamente tenendo avambracci, polsi e mani allineati, per evitare di andare incontro a problemi come le tendiniti. La profondità del piano della scrivania deve consentire il comodo posizionamento degli avambracci e la corretta distanza dai terminali video adoperati, mentre lo spazio sotto il piano deve essere sufficiente per inserirvi comodamente le gambe anche in posizione semidistesa. Usando la tastiera e il mouse, bisogna evitare rotazioni anomale dei polsi. Mantenere questi ultimi diritti e, magari, adoperare gli appositi cuscinetti di supporto può aiutare a prevenire dolori derivanti, per esempio, dalla sindrome del tunnel carpale.

È anche importante assumere e mantenere una buona posizione, evitando di accasciarsi sulla sedia, di accavallare le gambe e, in generale, di assumere atteggiamenti che non distribuiscano in modo equo il carico sulla colonna vertebrale. Alzarsi di tanto in tanto per fare un po’ di movimento (per esempio, adoperando le scale invece dell’ascensore o facendo qualche passo) può essere un buon modo per prevenire dolori dovuti a una postura statica troppo prolungata.

Fare attenzione alla corretta illuminazione ambientale e distogliere periodicamente lo sguardo dal monitor può essere importante per la prevenzione della stanchezza visiva e la riduzione dello stress. L’ergonomia prende in considerazione anche la temperatura ambientale, che naturalmente varia in base alla stagione e all’area geografica. Inoltre, non bisogna dimenticare il comfort acustico: un ambiente rumoroso è fonte di stress, impedisce la concentrazione e può anche danneggiare irreparabilmente l’udito del lavoratore. Negli uffici il rumore non dovrebbe superare i 55 decibel e, nelle aree dedicate alla concentrazione, i 35-45 decibel.

Va infine valutato, sempre in chiave ergonomica, il carico di lavoro mentale, che deve essere distribuito in modo equo tra i diversi dipendenti, tenendo conto anche delle pari opportunità tra lavoratori e lavoratrici, evitando sia lo stress da sovraccarico di lavoro sia quello dovuto al fatto di sentirsi sotto-utilizzati o demansionati rispetto alle proprie capacità e competenze.

Nella disciplina sono presenti anche margini di soggettività, riscontrabili nelle posizioni leggermente discordanti delle società scientifiche e dei diversi enti.

Anna Rita Longo
Insegnante e dottoressa di ricerca, membro del board dell’associazione professionale di comunicatori della scienza SWIM (Science Writers in Italy), socia emerita del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), collabora con riviste e pubblicazioni a carattere scientifico e culturale.
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