Non solo nel nucleo delle nostre cellule, ma anche all’interno dei mitocondri c’è del materiale genetico. Com’è fatto? Qual è la sua funzione? Ecco perché è molto studiato in medicina.
I mitocondri, le cosiddette “centrali energetiche” delle cellule, occupano una porzione importante del volume del citoplasma, lo spazio interno alla cellula. Senza di loro è possibile che gli animali complessi non si sarebbero evoluti come oggi li conosciamo, perché le loro cellule non avrebbero avuto energia a sufficienza. Sono macchinette piuttosto complicate le cui attività sono dirette da materiale genetico indipendente da quello nucleare. Andiamo a scoprire le loro funzioni, e in particolare il ruolo del loro DNA.
Cosa sono i mitocondri?
I mitocondri sono gli organelli deputati alla produzione di energia all’interno delle cellule della maggior parte degli organismi eucarioti. Dal punto di vista chimico, trasformano i carboidrati in acqua e anidride carbonica e consumano ossigeno; così facendo, creano adenosina trifosfato, o ATP, la riserva energetica e la “moneta” che la cellula spende tutte le volte che deve consumare energia per compiere un processo.
I mitocondri sono tra gli organelli più complessi che ospitiamo nelle nostre cellule. Sono delimitati da due membrane concentriche: quella esterna, liscia, conferisce ai mitocondri una forma più o meno allungata, mentre quella interna è ripiegata a formare numerose invaginazioni, chiamate creste, che ne aumentano la superficie. L’area tra le due membrane prende il nome di spazio intermembrana, mentre quella racchiusa nella membrana interna è detta matrice. Questa struttura complessa è necessaria a ospitare una molteplicità di proteine differenti, ciascuna con una specifica funzione.
Qual è la loro origine?
I mitocondri sono per alcuni versi simili ai batteri, tanto che gli evoluzionisti ritengono che in origine fossero degli organismi unicellulari indipendenti e che circa 1,5 miliardi di anni si siano trovati inglobati nelle cellule degli eucarioti. Gli eucarioti primordiali avevano infatti in certi casi un comportamento predatorio ed è possibile che avessero cercato di mangiare o annientare quegli ospiti batterici. Di fatto, almeno alcuni di quei batteri sono stati risparmiati ed evidentemente dal punto di vista evolutivo, piuttosto che la loro distruzione, si è rivelata più vantaggiosa una simbiosi che ha trasformato cellule batteriche indipendenti in ciò che oggi sono i mitocondri, permettendo alla cellula eucariote di ottenere una maggiore quantità di energia.
I mitocondri, come abbiamo visto, trasformano gli zuccheri in energia con un processo ossidativo che sfrutta l’ossigeno atmosferico; se gli eucarioti a quel tempo erano organismi anaerobi, cioè capaci di vivere in assenza di ossigeno, la simbiosi con i mitocondri potrebbe avere fornito loro un grande vantaggio evolutivo, consentendo di colonizzare e sfruttare ulteriori ambienti terrestri.
I mitocondri possiedono un DNA. Com’è fatto?
L’interno dei mitocondri custodisce anche una molecola di DNA e gli enzimi e le molecole che costituiscono la “macchina” necessaria a replicarne il genoma e a sintetizzare parte delle proteine. Il DNA mitocondriale (in sigla, mtDNA) somiglia molto a quello dei batteri: è circolare e, nella matrice mitocondriale, se ne trovano numerose copie. È inoltre privo delle porzioni non codificanti, o introni, che sono tipiche del DNA cellulare. L’mtDNA si replica in modo indipendente e non segue il ciclo della cellula che ospita i mitocondri. Non ha quindi, per esempio, un sistema che stabilisca quante volte una molecola di DNA può essere replicata. Inoltre, quando i mitocondri si moltiplicano prima di una divisione cellulare o per rimpiazzare organelli invecchiati, il genoma non viene suddiviso in maniera equa tra i due mitocondri figli.
Mentre il genoma del DNA nucleare è il risultato di una combinazione dei geni paterni e materni, in quello dell’mtDNA il contributo dei geni materni è di gran lunga preponderante, e quello paterno è praticamente nullo. Per questa asimmetria, l’eredità del DNA mitocondriale viene definita “non mendeliana”, poiché non segue i principi di ereditarietà dei caratteri stabiliti da Mendel nelle piante e validi in gran parte degli organismi eucarioti.
Qual è la funzione del DNA mitocondriale?
Nell’mtDNA umano ci sono 37 geni e di questi solo 13 codificano per proteine. In particolare, il genoma dei mitocondri conserva le informazioni per sintetizzare alcune proteine della membrana interna, importanti per la produzione di ATP. Gli altri geni sono responsabili dell’apparato che permette la sintesi proteica, cioè i 22 tRNA e i due ribosomi mitocondriali che leggono l’RNA messaggero e catalizzano l’assemblaggio degli amminoacidi in proteine. È il nucleo della cellula a produrre tutte le altre proteine necessarie al mitocondrio per svolgere le sue ulteriori funzioni.
Perché il DNA mitocondriale è molto studiato in medicina?
Nelle cellule di mammifero l’mtDNA rappresenta meno dell’un per cento del DNA cellulare. Tuttavia la sua presenza non è irrilevante e sono numerose le malattie causate da mutazioni nel DNA mitocondriale. Le mutazioni possono essere state ereditate dalla madre o essere avvenute nel corso della vita di un individuo, a causa di tossine ambientali, radiazioni, fenomeni ossidativi ed errori di replicazione. Il DNA mitocondriale ha infatti una capacità scarsa di correggere gli errori, che tendono quindi ad accumularsi con l’età. È questo uno dei motivi per cui gli studiosi ritengono che i mitocondri siano implicati nel processo di invecchiamento.
Tra le patologie a cui presumibilmente contribuiscono mutazioni nell’mtDNA vi sono alcune forme di tumore e malattie neurodegenerative come le malattie di Alzheimer e di Parkinson. In generale gli effetti delle patologie legate a errori nel DNA mitocondriale sono più pronunciati negli organi e nei tessuti che richiedono molta energia, come il cuore, il cervello e i muscoli, e si manifestano con sintomi variabili a seconda dell’area colpita. Tra i più comuni ci sono debolezza muscolare e deperimento, problemi di movimento, diabete, insufficienza renale, malattie cardiache, demenza, perdita dell’udito e anomalie della visione. Ci sono anche mutazioni a carico del DNA nucleare che possono avere ripercussioni sulla funzionalità dei mitocondri, per esempio quelle a carico della DNA polimerasi gamma, che si occupa nello specifico della replicazione del DNA mitocondriale.
Progettare strategie terapeutiche mirate a ripristinare la funzionalità mitocondriale è ancora una grande sfida: sono stati raccolti molti dati preclinici, ma le indagini cliniche sono ancora scarse.