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5 cose da sapere sulla sindrome di Tourette

Che cos’è questa sindrome e cosa comporta? Ecco 5 cose che (forse) non sai sulla sindrome di Tourette.

A giugno 2023 al festival di Glastonbury, il cantautore scozzese Lewis Capaldi si è fermato più volte nel corso del proprio concerto per via dei sintomi di una condizione, non molto conosciuta al grande pubblico o, quando nota, oggetto di pregiudizi legati a falsi miti molto diffusi nell’immaginario collettivo. Si tratta della sindrome di Tourette, che il cantante ha scoperto di avere soltanto in età adulta. Oltre a lui, sono diverse le celebrità, come la cantante statunitense Billie Eilish e l’attore italiano Alessandro Borghi, che hanno dichiarato di conviverci, talvolta sperimentando disagi piuttosto accentuati. La loro testimonianza ha permesso di parlare di questa condizione e diminuirne lo stigma, contribuendo a promuovere una maggiore e più corretta informazione sul tema.

Proviamo qui a rispondere a 5 domande sulla sindrome di Tourette.

1. Che cos’è e come si manifesta?

La sindrome di Tourette è un disturbo neurologico che si manifesta soprattutto con la presenza di tic con caratteristiche particolari rispetto a quelli transitori, molto comuni in età infantile e adolescenziale, o ad altri, persistenti, ma di diversa natura. In genere i tic si presentano per almeno un anno e coinvolgono in contemporanea sia il movimento, sia una manifestazione verbale o sonora. Se riguardano un solo tipo di muscoli, come brevi movimenti o vocalizzazioni, sono detti semplici. Quelli complessi invece coinvolgono più tipi di muscoli, hanno di solito durata maggiore e possono anche essere una combinazione di tic semplici. I tic possono cambiare nel tempo per tipo, intensità e frequenza. Alcune forme di Tourette rientrano in un quadro, detto Plus, in cui ai tic si sommano alcuni sintomi che si possono ricondurre ad altre condizioni, come per esempio il disturbo da deficit di attenzione con iperattività (ADHD) e il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), con manifestazioni che comprendono anche irrequietezza motoria, pensieri ossessivi e azioni compulsive. Le cause della sindrome di Tourette, come del resto di molti altri problemi neurologici, non sono ancora del tutto comprese, anche se sembra probabile dipendano da una componente genetica unita a fattori ambientali.

2. Chi sono i soggetti interessati?

La sindrome di Tourette si manifesta soprattutto in età infantile, tra i 4 e i 10 anni, e i sintomi in molti casi (anche se non sempre) tendono a regredire in modo significativo nel tempo, fino a non rendere più necessario proseguire con la terapia prescritta. La Tourette è più diffusa di quanto si possa pensare: secondo alcune stime, può riguardare fino a 1 persona ogni 100 ed è più frequente nei maschi, per ragioni ancora da approfondire.

3. Solo parolacce e volgarità?

Quando si parla di sindrome di Tourette nei media, spesso si dà risalto alla coprolalia, una delle forme di tic verbale che consiste nell’uso incontrollato di un linguaggio blasfemo o volgare. In realtà si tratta di una forma minoritaria rispetto ad altri tic più comuni sia verbali, come emettere urla, grugniti o la tendenza a ripetere singole parole o frasi, sia non verbali, come scuotere il capo, oscillare una gamba o scrollare le spalle.

4. Come si diagnostica?

La diagnosi si raggiunge soprattutto osservando nel tempo i soggetti e cercando di distinguere le manifestazioni della Tourette da altre forme di tic. Non esistono però sintomi specifici ricollegabili in modo univoco a questa sindrome. Purtroppo, di conseguenza viene spesso diagnosticato tardi, dopo un percorso di 4-5 anni.

5. Come si cura?

A oggi non esiste una terapia risolutiva della sindrome di Tourette. Si possono tuttavia usare diverse strategie per controllarne i sintomi. Uno specialista potrà selezionare quelle più adatte sulla base delle specifiche esigenze dei pazienti. Tra queste ci sono terapie cognitivo-comportamentali, in cui i pazienti sono aiutati a riconoscere i segnali premonitori dei tic e le situazioni che li favoriscono oppure ad acquisire gradualmente la capacità di tenerli sotto controllo o sostituirli con altri comportamenti. Si può ricorrere anche a terapie farmacologiche, che si rivelano spesso efficaci, o alla stimolazione cerebrale profonda.

Oltre a questi approcci, si può lavorare anche sull’accettazione dei tic e sulla riduzione dell’imbarazzo sociale relativo. Per questo è anche importante che la società nel suo complesso diventi più consapevole dei tratti caratteristici di questa sindrome, superandone i pregiudizi ancora molto diffusi.

Anna Rita Longo
Insegnante e dottoressa di ricerca, membro del board dell’associazione professionale di comunicatori della scienza SWIM (Science Writers in Italy), socia emerita del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), collabora con riviste e pubblicazioni a carattere scientifico e culturale.
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