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La sindrome da fatica cronica

Si tratta di un disturbo molto complesso e non ancora del tutto compreso, che riguarda più distretti del corpo. Vediamo insieme di cosa si tratta, quante persone sembra coinvolgere, come può avvenire la diagnosi e quali sono le ultime notizie dal mondo della ricerca sull’argomento, genetica inclusa.

Se sei estremamente, inspiegabilmente stanco da diversi mesi e non riesci a riprenderti nemmeno riposando, potresti essere una delle decine di milioni di persone affette da encefalomielite mialgica, o sindrome da fatica cronica (ME/CFS è l’acronimo inglese). L’encefalomielite mialgica, o sindrome da fatica cronica, è una malattia grave, cronica, complessa e sistemica, associata a disfunzioni neurologiche, immunologiche, autonomiche e del metabolismo energetico.

Il problema è stato osservato per la prima volta a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, quando si cominciò a distinguerlo da ciò che era allora chiamata nevrastenia e dalle ricadute di poliomielite. Tra i personaggi noti che ne hanno sofferto ci sono la cantante Cher e Blake Edwards, il regista di Colazione da Tiffany e La pantera rosa, che, insieme ad altri, nel 2000 ha parlato della malattia in un documentario dal titolo I remember me.

Come si presenta?

Gli individui che soffrono di ME/CFS presentano una serie di disturbi: aumento della frequenza cardiaca al passaggio a una postura eretta, sintomi simil-influenzali, problemi gastrointestinali e genito-urinari, intolleranza alla luce, al rumore e ad altri stimoli. Si possono manifestare dolori muscolari distinti da quelli generati da un eventuale sforzo, dolori articolari in assenza di infiammazione né o di gonfiore, cefalea, fiato corto. La malattia si presenta spesso in comorbidità con fibromialgia, colon irritabile, allergie e ipersensibilità, o disturbi dell’umore come la depressione.

Si osserva inoltre un calo misurabile (e non attribuibile ad altre cause) nella capacità di svolgere attività che erano di routine prima dell’insorgere della malattia, e la fatica conseguente a queste attività, fisiche e mentali, è del tutto sproporzionata rispetto alla loro entità. Le persone colpite da CFS possono avere poi problemi nel mantenere un ciclo sonno-veglia normale, mostrando quindi sia insonnia sia difficoltà nel restare sveglie. Tutti i sintomi possono variare di intensità nel corso di giorni, settimane o mesi, e alcuni pazienti vanno incontro a periodi di remissione.

La ME/CFS può avere vari livelli di gravità, da lieve fino a molto grave. Nel primo caso l’autonomia non è compromessa, ma si possono ridurre fortemente le interazioni sociali e gli hobby. In quanto la persona colpita ha energie limitate per qualunque attività diversa da quelle necessarie come il lavoro e ha bisogno di molto riposo. In caso sia molto grave, i pazienti possono essere costretti a letto e necessitare di assistenza per nutrirsi, per l’igiene personale e, in alcuni casi, perfino per deglutire.

È frequente che la sindrome da fatica cronica sia confusa con altri problemi o con le loro conseguenze in grado di provocare sintomi simili. Tra questi vi possono essere l’anemia, l’ipotiroidismo, la celiachia, gli effetti collaterali delle cure per un tumore, alcune malattie reumatiche, i disturbi dell’umore e il cosiddetto “burnout”. La ME/CFS può essere anche scambiata per long Covid, la recente malattia cronica di cui soffre una parte non trascurabile delle persone che hanno contratto il virus SARS-CoV-2. Tra i sintomi comuni alla CSF e al long Covid vi è per esempio uno stato confusionale persistente anche noto in inglese come brain fog.

Come viene diagnosticata?

Per la diagnosi della ME/CFS non esiste a oggi un test specifico e si seguono perlopiù i criteri pubblicati nel 2011 in seguito al raggiungimento di un consenso tra ricercatori, clinici e associazioni dei pazienti. Questi prevedono la compresenza di diversi sintomi che devono riguardare le funzioni cognitive, metaboliche, gastrointestinali, genito-urinarie e immunitarie. Linee guida più approfondite per la diagnosi e la gestione della ME/CFS sono state emesse nel 2021 dal National Institute for Health and Care Excellence (NICE) Britannico.

Sono stati ideati appositi questionari da sottoporre ai pazienti in modo che possano descrivere il proprio livello di affaticamento fisico, mentale e sociale. Attraverso determinati esami di imaging cerebrale, si è scoperto che le persone con la CFS hanno un metabolismo deficitario in alcune aree del sistema nervoso centrale autonomo. Inoltre il loro sistema immunitario e quello endocrino rispondono in modo anomalo allo stress. Tuttavia, nessuna di queste caratteristiche è sufficientemente specifica da rappresentare da sola un criterio diagnostico utilizzabile nella pratica clinica. La mancanza di una definizione chiara e univoca del disturbo ha ostacolato nel tempo la documentazione storica e la possibilità di confrontare i risultati di diverse ricerche.

Da cosa è causata?

Le cause della ME/CFS non sono note. A oggi ci sono alcune ipotesi sulle possibili origini. Oltre a fattori genetici e ambientali, si ritiene che alcune infezioni, soprattutto virali, possano essere un fattore scatenante. Per esempio quelle da virus Epstein-Barr (che causa la mononucleosi), citomegalovirus, varicella zoster e altri herpesvirus, ma anche quelle dovute ai virus dell’epatite, della meningite o della labirintite virale. Tra le malattie non virali associate allo sviluppo della ME/CFS troviamo tubercolosi, malattia di Lyme, brucellosi e salmonellosi.

La grande variabilità nella sintomatologia e nel decorso della ME/CFS è probabilmente riconducibile all’esistenza di differenti sottogruppi di pazienti che mostrano una diversa suscettibilità alla malattia, e la presenza di familiari già affetti può essere un fattore di rischio.

In un ristretto numero di pazienti si sospetta che l’insorgenza della ME/CFS sia ricollegabile a un trauma fisico e possa essere la conseguenza di trattamenti come la radioterapia o dell’esposizione a sostanze tossiche. Sembra invece improbabile che uno stress emotivo possa da solo innescare la malattia. In molti casi è impossibile determinare l’evento scatenante.

Recentemente, i risultati di uno studio finanziato dalla azienda biotecnologica britannica PrecisionLife hanno mostrato un legame forte tra la ME/CFS e uno specifico insieme di varianti genetiche. Molti dei geni coinvolti sono associati a una maggior vulnerabilità allo stress fisico e alle infezioni, alle disfunzioni metaboliche e ai problemi del sonno. Se confermati, questi risultati potrebbero portare a un miglior approccio diagnostico e terapeutico per i pazienti con ME/CFS.

Quanto è diffusa?

Oggi si stima che tra i 17 e il 24 milioni di persone nel mondo soffrano di ME/CFS. L’insieme dei pazienti è molto eterogeneo e a oggi gli studi non sembrano indicare l’esistenza di gruppi etnici o socioeconomici maggiormente a rischio. Le diagnosi di ME/CFS sono 1,5-2 volte più frequenti nelle donne rispetto agli uomini, in particolare tra le lavoratrici. Il tasso di incidenza, cioè di nuovi casi, ha due picchi, nella fascia di età tra i 10 e i 19 anni e in quella tra i 30 e i 39, con una prevalenza massima tra i 40 e i 60 anni.

Curabilità e aspetti economici

A oggi non esistono cure specifiche e la malattia può essere solamente gestita tramite un’attenta pianificazione delle proprie attività. La prognosi a lungo termine è estremamente variabile e va dalla guarigione totale al peggioramento irreversibile.

Dal punto di vista economico, la perdita di produttività dovuta a questa sindrome è risultata paragonabile a quella dovuta ad altre malattie croniche. In particolare, nel 2004 è stato stimato che si aggira sui ventimila dollari a persona (circa trentamila in valore aggiornato al 2023). Includendo le spese sanitarie, il costo economico associato alla malattia può raddoppiare.

Silvia Kuna Ballero
Classe ’79, genovese di nascita e carattere, milanese d’adozione. Astrofisica, insegnante, redattrice scolastica, giornalista e divulgatrice con un interesse particolare per la storia della scienza e il rapporto tra scienza e società.
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