Oggi si può scegliere di donare il proprio corpo alla scienza. Ma come e perché farlo? Ed è sempre stato possibile?
Nel 1543 il medico fiammingo Andreas van Wesel (italianizzato in Andrea Vesalio) pubblicò il suo trattato di anatomia umana, “De humani corporis fabrica”. Si tratta di una delle opere più influenti della storia della medicina e da alcuni è addirittura considerato il primo libro di testo di anatomia. Ancora oggi parte degli studi degli studenti di medicina contemporanei si basa su questo testo. Ma accanto all’autore, i protagonisti forse più importanti della rivoluzione anatomica rappresentata in questo volume sono probabilmente stati i corpi delle persone decedute: i numerosi cadaveri che Vesalio e colleghi anatomisti avevano dissezionato a scopo conoscitivo. Gli anatomisti contemporanei a Vesalio e quelli venuti dopo di lui compresero, infatti, che la dissezione anatomica era il principale strumento a loro disposizione per esplorare il corpo umano e migliorare le cure mediche. Per legge, però, i soli cadaveri che all’epoca avevano a disposizione erano quelli di ignari condannati a morte e, più tardi, di persone decedute le cui spoglie non erano state reclamate da nessuno. Era un numero così esiguo che alcuni medici, per avere più corpi, assoldavano i cosiddetti resurrezionisti, persone che agendo contro la legge rubavano dai cimiteri le salme di persone appena decedute.
Oggi, fortunatamente, non ci sono più leggi che impongono la donazione del corpo alla scienza senza consenso e i medici non hanno più bisogno di ricorrere a soluzioni esecrabili per far progredire le proprie ricerche. Chiunque può, infatti, scegliere consapevolmente di donare il proprio corpo alla scienza. Ma come si è arrivati a questa svolta? E com’è regolata oggi la donazione del corpo in Italia?
Le origini della donazione del corpo alla scienza
L’idea di usare i corpi delle persone defunte a fini scientifici ha radici lontane. È noto che già nell’antica scuola medica di Alessandria d’Egitto, tra il IV e il III secolo a.C., il medico Erofilo di Alessandria praticasse la dissezione umana sui corpi che provenivano dalle esecuzioni. Le sue opere sono andate perdute, ma grazie a scrivani e medici a lui successivi, come Galeno, le sue importanti scoperte sull’anatomia umana sono giunte fino a noi.
Dopo quel primo periodo alessandrino, la dissezione anatomica sugli esseri umani sembra essere stata abbandonata per oltre 15 secoli, complici anche le credenze religiose e i divieti imposti per legge che limitavano lo studio del corpo umano in favore dello studio sui corpi di altre specie.
Fu solo nel Rinascimento, con la nascita di innovative scuole mediche come quelle di Padova e Bologna, che la dissezione umana divenne uno strumento essenziale e riconosciuto per l’insegnamento. Uno dei nomi più importanti legati a questa rivoluzione è proprio quello di Andrea Vesalio, ma se ne ricordano molti altri, per esempio Gabriele Falloppio, Girolamo Fabrici d’Acquapendente e William Harvey.
Nonostante la riconosciuta importanza scientifica della dissezione, però, le prime donazioni volontarie del corpo avvennero solo verso la fine dell’Ottocento e i volontari erano principalmente medici che, capendo l’importanza della dissezione anatomica per la loro formazione, decidevano di lasciare il proprio corpo in dono ai colleghi.
La donazione del corpo in Italia: una lunga, difficile storia
Nel corso dei secoli, la pratica di donare il corpo alla scienza è stata regolamentata con parecchi ritardi in molti Paesi, e ancora più di recente in Italia. A tali lentezze hanno contribuito ostacoli di varia natura, tra cui l’ostilità delle autorità religiose.
Prima del 2020, la donazione del corpo alla scienza nel nostro Paese si basava su riferimenti legislativi alquanto antiquati (Decreto Regio del 1933) o che non contenevano informazioni precise sul tema (Regolamento Polizia mortuaria del 1990). Per questo motivo, nonostante alcuni centri universitari come quelli di Padova e Bologna avessero da tempo istituito dei programmi di donazione volontaria del corpo, la procedura rischiava spesso di inciampare nei vuoti legislativi.
Solo con la Legge n.10 del 10 febbraio 2020 l’Italia ha finalmente introdotto una normativa organica sulla donazione dei corpi dopo la morte, a fini di studio e ricerca scientifica. Grazie a questa legge sono stati colmati i punti che fino ad allora erano rimasti scoperti e introdotte regole che dovrebbero aiutare le persone a prendere una decisione consapevole sulla donazione del proprio corpo dopo la morte. Allo stesso tempo la norma può anche aiutare gli istituti individuati come centri di riferimento a ricevere un maggior numero di corpi per le attività didattiche, formative e di ricerca.
Questo ha reso possibile regolare una pratica che, seppure poco diffusa nel nostro Paese, può avere un notevole impatto per la formazione di nuovi medici, il progresso della ricerca e lo sviluppo di tecniche chirurgiche innovative.
Come funziona la donazione del corpo alla scienza in Italia oggi?
La procedura per donare il proprio corpo è più semplice di quanto si possa immaginare. La volontà di diventare cadaveri al servizio della scienza deve essere espressa in vita con la stessa modalità delle cosiddette disposizioni anticipate di trattamento (DAT), conosciute anche come “testamento biologico”, a titolo gratuito.
In pratica, si compila una dichiarazione di consenso alla donazione, sotto forma di atto pubblico, scrittura privata o atto notarile. Nella dichiarazione si indica anche una persona di fiducia il cui compito è tutelare la scelta del donatore dopo il decesso, quando non avrà più le facoltà per farlo. Il consenso può essere revocato in qualsiasi momento e il fiduciario può essere sostituito.
Dopo il decesso, la donazione viene formalizzata e il corpo consegnato all’istituto di ricerca o all’università designata, dove verrà utilizzato per scopi di studio o per migliorare le tecniche medico-chirurgiche. La legge prevede anche una particolare attenzione al trattamento che sia rispettoso del corpo. Questo verrà poi restituito entro 12 mesi ai familiari per la sepoltura o la cremazione.
Le destinazioni d’uso dei corpi donati
I corpi donati sono utilizzati per scopi diversi. Possono servire per i corsi di anatomia nelle facoltà di medicina, in modo che gli studenti possano imparare a riconoscere le diverse strutture del corpo umano e le loro differenze. Inoltre, dato che il corso di anatomia si tiene ai primi anni del percorso di formazione, il corpo donato è spesso il “primo paziente” di un aspirante medico, la prima persona con la quale deve rapportarsi come specialista, imparando a trattarla con rispetto ed empatia, caratteristiche fondamentali di ogni buon professionista sanitario.
I corpi donati alla scienza sono impiegati anche per la formazione dei chirurghi, per i quali la pratica su cadavere è particolarmente importante. Possono così sperimentare nuove tecniche, affinare procedure complesse e testare nuovi dispositivi prima di operare su pazienti vivi.
Un’altra destinazione fondamentale è la ricerca scientifica: lo studio di organi, tessuti e cellule, soprattutto se colpiti da patologie, sono importanti per il progresso della medicina. La ricerca sulle malattie neurodegenerative, per esempio, è uno dei settori che ne beneficia di più. Infatti, è raro che siano asportate grandi porzioni di cervello durante gli interventi di neurochirurgia, quindi i neuropatologi possono studiare quest’organo nel suo complesso principalmente grazie alle donazioni del corpo alla scienza. È invece più semplice avere a disposizione parti intere o estese di organi studiati in altre branche dell’anatomia patologica, perché sono più frequenti operazioni come la rimozione della prostata, dell’utero o dell’intestino.
Donare il proprio corpo alla scienza è, quindi, un gesto di generosità. Permette ai medici di imparare e ai ricercatori di sviluppare nuove cure, contribuendo al progresso della medicina e al benessere delle future generazioni. Sebbene ancora poco diffusa in Italia, la consapevolezza di questa possibilità sta crescendo e con essa il numero di persone disposte a fare questo importante dono.