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Storia della medicina – Galeno, un medico-filosofo tra gladiatori e imperatori

Ripercorriamo insieme la vita, le teorie, le intuizioni e le scoperte del grande medico del II secolo.

Nel 1543 l’anatomista Andrea Vesalio pubblicò De Humani Corporis Fabrica Libri Septem, un’opera in sette libri che rivoluzionò la comprensione del corpo umano. Vesalio aveva cominciato a dissezionare personalmente i cadaveri, anziché affidarsi a chirurghi-barbieri come era d’uso all’epoca. In questo modo aveva capito che le descrizioni fino a quel momento diffuse sull’anatomia umana erano piene di errori e, nei suoi libri, Vesalio ha messo in discussione in particolare le idee del medico Galeno.

Galeno era vissuto ben 1300 anni prima di Vesalio: come è possibile che la sua autorità fosse rimasta incontrastata per così tanti secoli? E qual era l’origine dei suoi errori anatomici?

Galeno di Pergamo

Dopo Ippocrate, Galeno è stato il medico più noto dell’antichità. Se del primo in realtà non sappiamo quasi nulla, il suo successore ci ha invece lasciato una quantità di documenti scritti. Qui Galeno racconta di essere nato nella città greca Pergamo (attualmente in Turchia), che nel 129 d.C. faceva parte dell’Impero Romano. Il padre Nicone era un ricco architetto e diede a Galeno un’istruzione appropriata alla sua classe sociale. Prima lo istruì personalmente in matematica, geometria e aritmetica, logica e lettere, poi scelse per lui insegnanti di diverse scuole filosofiche. Racconta Galeno che, quando lui aveva 16 anni, il padre fece un sogno e decise che il figlio doveva studiare, assieme alla filosofia, anche la medicina. Il contenuto del sogno non ci è noto, ma è possibile che c’entrasse il Dio della medicina Asclepio, al quale era dedicato un famoso tempio di Pergamo.

Dopo la morte del padre, Galeno lasciò Pergamo per proseguire gli studi. Grazie all’eredità il denaro per lui non era un problema e non lo fu mai. Nel suo viaggio si fermò prima a Smirne, poi a Corinto, e infine raggiunse Alessandria, città che era celebre per la sua cultura medica e in particolare per gli studi anatomici. Quando tornò a Pergamo aveva 27 anni e non aveva rivali in città in quanto a conoscenze e abilità mediche. Per questo venne nominato medico dei gladiatori. Si trattava di un incarico prestigioso: i gladiatori erano molto costosi e, anche se l’obiettivo dei giochi non era necessariamente uccidere l’avversario, le ferite erano comuni. Al termine del suo incarico, Galeno aveva visto una quantità e una varietà di ferite degne di una guerra ed era ufficialmente pronto per la capitale dell’Impero.

Dai gladiatori agli imperatori

 Arrivò a Roma nel 162 d.C. e si fece subito dei nemici: gli altri medici. La competizione era fortissima e Galeno denunciò il settarismo in cui vedeva divisa la professione. Secondo gli empiristi, l’unica cosa che contava era la sperimentazione dei trattamenti sui malati, perciò rinunciavano a teorizzare la natura della malattia. I metodisti invece riducevano l’origine di tutte le malattie a un eccessivo o insufficiente rilassamento di “pori” nel corpo umano, attraverso i quali fluivano particelle. I dogmatisti infine erano dei teorici, come i metodisti, ma si rifacevano solo all’autorità d’Ippocrate, cioè agli scritti del coro ippocratico.

Galeno disprezzava i metodisti, dato che la loro teoria non aveva per lui alcun senso, e aveva piuttosto cercato di cogliere il meglio delle altre due dottrine. Il medico greco era convinto che per curare bene servisse avere una teoria, anche se imperfetta; allo stesso tempo, si rendeva conto che ci si dovesse affidare all’esperienza e all’osservazione per dedurre come funziona il corpo umano. Non è un caso che una delle opere di Galeno si intitoli proprio Il miglior medico è anche filosofo.

A Roma Galeno curava chiunque, poiché non aveva bisogno di soldi, ma la sua fama crebbe grazie a pazienti eccellenti, come per esempio il senatore Flavio Boeto. Boeto era anche un avido spettatore delle dissezioni e vivisezioni operate da Galeno, che spesso nel mondo greco e romano erano eventi pubblici. A Roma Galeno operò su una quantità sterminata di animali di diverse specie, scimmie incluse, eseguendo anche esperimenti sul cervello. Questi interventi costituirono la base del suo sapere anatomico, la chiave per capire come funzionava il corpo e come curarlo.

Nel 168 d.C. Galeno fu convocato dagli imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero ad Aquileia mentre infuriava la “peste” Antonia (probabilmente un’epidemia di vaiolo), che finì per uccidere poco dopo lo stesso Lucio Vero. Venne incaricato di curare le vittime della piaga, ma poi si rifiutò di seguire Marco Aurelio in Germania (si racconta che in sogno il dio Esculapio, provvidenzialmente, glielo proibì). Gli fu allora affidato Commodo, l’erede dell’imperatore. Da quel momento Galeno diventò un medico di fiducia della corte imperiale. Anche dopo la morte di peste di Marco Aurelio (avvenuta nel 180), sarebbe rimasto al servizio degli imperatori successivi fino alla sua morte, continuando a raccontare nei libri le sue teorie e i suoi pazienti.

Perché Galeno diventò un dogma?

Gli errori anatomici che aveva fatto Galeno (e che Vesalio aveva portato alla luce) avevano una causa molto precisa: Galeno non aveva mai dissezionato un essere umano, bensì solo altri animali. Le autopsie erano normalmente proibite nella società romana. Se però Galeno avesse accettato di seguire Marco Aurelio in guerra, avrebbe avuto la possibilità di usare i corpi dei “barbari” a questo scopo, spiega la storica Susan P. Mattern, dell’Università della Georgia di Athens, negli Stati Uniti, nel suo libro The Prince of medicine. E in tal caso, forse, la storia della medicina sarebbe stata molto diversa.

Come mai Galeno è stato così influente e così a lungo, nonostante queste lacune? Uno dei motivi è che scrisse centinaia di libri, e compilò persino un catalogo dei suoi scritti. Nel 192 d.C. un incendio distrusse il Tempio della Pace a Roma, e con esso molte opere di Galeno custodite nelle vicinanze, ma in ragione della sua prolificità moltissimi documenti sono arrivati lo stesso fino a noi, tra originali, copie o traduzioni, soprattutto grazie agli arabi.

In queste opere Galeno si descriveva come un vero e proprio eroe: un “erede” di Ippocrate che umiliava i rivali e salvava i pazienti, imperatori o contadini che fossero, usando ogni mezzo a sua disposizione. Era un maestro nel presentare e difendere le sue opinioni, e usava sapientemente l’autorità di Ippocrate a sostegno delle idee di cui era convinto, come per esempio la sua teoria degli umori. Come Ippocrate prima di lui, divenne perciò una figura leggendaria.

Così, dopo Galeno cominciò gradualmente ad affermarsi il galenismo, una forma condensata e dogmatica dei suoi insegnamenti che costituì la base del sapere medico nei secoli a venire. Come spiega lo storico britannico della medicina, Vivian Nutton, si discuteva su come interpretare Galeno, ma non di alternative a Galeno, la cui dottrina peraltro non era in contrasto con quella delle principali religioni ed era quindi considerata politicamente accettabile.

Vesalio, invece, era più simile in spirito a Galeno di quanto non fossero i suoi contemporanei, che preferivano delegare il fondamentale lavoro di dissezione ad altri e rifarsi all’ipse dixit, anziché vedere e verificare con i propri occhi. È importante ricordare che, pur elencandone gli errori, Vesalio portò avanti la dissezione seguendo proprio i metodi sistematici di Galeno. Nel De Humani Corporis Fabrica lo definì “dopo Ippocrate, il principe della medicina”.

Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, si è formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrive o ha scritto per le seguenti testate o siti: Il Tascabile, Wonder Why, Aula di Scienze Zanichelli, Chiara.eco, Wired.it, OggiScienza, Le Scienze, Focus, SapereAmbiente, Rivista Micron, Treccani Scuola. Cura la collana di divulgazione scientifica Zanichelli Chiavi di Lettura. Collabora dalla fondazione con Pikaia, il portale dell’evoluzione diretto da Telmo Pievani, dal 2021 ne è il caporedattore.
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