Cos’è la clonazione? Come e quando è stata messa a punto? In quali campi e in che modo oggi si applica?
La clonazione è una pratica scientifica che ha suscitato curiosità, interesse, clamore e dubbi etici. È stata anche tante volte protagonista di storie di fantascienza. Nonostante la clonazione sia in alcuni campi della ricerca, nei limiti di quanto è lecito, ormai ampiamente utilizzata, molti continuano ad associarla solamente alla celebre pecora Dolly, mentre sono tante altre le sue applicazioni e ben più complessa la sua storia (e il suo potenziale). Ecco un racconto per punti di questa tecnica straordinaria.
1. I tanti volti della clonazione
La clonazione è un fenomeno che può avvenire in natura. I batteri e alcuni funghi unicellulari si possono dividere formando gruppi di organismi identici alla cellula madre. Anche tra i mammiferi possono esserci cloni naturali: pensiamo ai gemelli identici, che hanno origine da un uovo fecondato che si divide, creando due o più embrioni dal DNA pressoché identico.
Per quanto riguarda la clonazione artificiale, è opportuno distinguere la duplicazione di singole molecole, per esempio geni, da quella di un intero organismo. Per copiare un gene molteplici volte è sufficiente inserirlo nel genoma di un altro organismo opportunamente modificato e capace di riprodursi in fretta. Batteri, virus e lieviti, per esempio, possono essere ingegnerizzati per produrre molte copie di un gene e dei relativi prodotti, le proteine.
La clonazione cosiddetta riproduttiva permette invece di ottenere un intero organismo a partire dal nucleo di una cellula differenziata del corpo di un altro organismo. Il nucleo di una cellula della pelle si può per esempio inserire in una cellula uovo dalla quale sia stato rimosso il nucleo originale. In provetta l’uovo si divide in più cellule, il cui insieme può essere impiantato in una femmina adulta di una specie opportuna, ottenendo un organismo geneticamente identico al donatore della pelle.
Un’ulteriore tipo di clonazione è quella cosiddetta terapeutica, attraverso la quale si possono ottenere cellule staminali embrionali con un DNA identico a quello del donatore. Le cellule staminali vengono raccolte da un embrione quando raggiunge i cinque giorni: in questo stadio esso è un ammasso di un centinaio di cellule, che possono differenziarsi in qualsiasi tipo di tessuto.
2. Come e quando è stata messa a punto?
La prima clonazione riproduttiva in laboratorio è avvenuta nel 1979, ottenendo cloni di topi da embrioni divisi in provetta. Poco dopo, i ricercatori sono riusciti a clonare mucche, pecore e polli, mediante il trasferimento del nucleo di una cellula embrionale in una cellula uovo privata del suo nucleo. Poi, nel 1996, è arrivato il momento di Dolly, la celebre pecora ottenuta da una cellula prelevata da una mammella di un’altra pecora. Da allora sono stati riprodotti per clonazione anche gatti, cervi, cani, cavalli, muli, conigli e ratti.
Nel 2011 un gruppo di scienziati del New York Stem Cell Foundation Laboratory è stato il primo a creare due linee di cellule staminali embrionali da embrioni umani ottenuti mediante il trasferimento del nucleo a partire da cellule somatiche. Da un punto di vista tecnico, la clonazione di esseri umani e altri primati è più difficile rispetto a quella degli altri mammiferi, perché in laboratorio è complicato manipolare la cellula uovo senza danneggiarla e senza interferire con la sua crescita.
3. Dove si applica?
Tra le discipline che potrebbero trarre vantaggi dalla clonazione riproduttiva vi sono l’agricoltura e la medicina. Per quanto riguarda il primo di questi ambiti, un esempio è dato dalla pecora clonata dopo Dolly, Polly, il cui genoma è stato modificato in modo che nel latte prodotto dall’animale fosse presente un fattore importante per la coagulazione umana. In medicina, invece, i cloni potrebbero essere utili a testare nuovi farmaci e strategie di trattamento. In questo modo tuttavia sarebbe eliminata la variabilità di risposte dovuta alle differenze genetiche degli individui, essenziale a comprendere se e perché un determinato farmaco è sicuro ed efficace in tutti i partecipanti o solo in una parte di essi. La clonazione potrebbe anche rappresentare una salvezza per specie animali in via di estinzione o, in casi estremi, già estinte.
Potremmo utilizzare le cellule staminali embrionali per creare sostituti sani di tessuti feriti o malati, mentre cellule derivate da pazienti potrebbero essere utili per indagare le basi molecolari delle malattie da cui questi sono affetti o per valutare nuovi approcci terapeutici.
4. Che svantaggi potrebbe avere?
Nonostante le prospettive che offre, la clonazione deve fare i conti con alcuni limiti intrinseci. Innanzitutto, rimane una tecnica molto costosa. In più, dal punto di vista dei risultati non è molto efficiente: basti pensare che Dolly è stato l’unico clone nato vivo su un totale di 277 embrioni. Spesso inoltre i cloni riportano una varietà di difetti negli organi vitali, come il fegato, il cervello e il cuore. Un articolo del 2016 di Nature conferma che gli animali clonati possono invecchiare in buona salute, ma resta il problema di aumentare il tasso di sopravvivenza degli embrioni creati.
Nel caso della clonazione terapeutica, l’introduzione delle cellule staminali nella pratica clinica è ancora difficile. È infatti indispensabile assicurare che, mentre sono in coltura, le cellule staminali non sviluppino mutazioni che possano portare allo sviluppo di un tumore.
Per quanto riguarda le applicazioni volte a salvare specie in pericolo, c’è da chiedersi se abbia davvero senso riprodurre individui identici privi della variabilità genetica necessaria per la sopravvivenza delle specie: un dibattito tutt’altro che risolto all’interno della comunità scientifica.
5. I limiti etici e legali
La clonazione che riguarda singoli geni è una tecnica utilizzata abitualmente in molti laboratori in tutto il mondo. Ha reso possibile, giusto per fare qualche esempio, la produzione di anticorpi monoclonali ora in fase di valutazione per il trattamento di Covid-19, l’introduzione di geni per la resistenza ai funghi nelle culture e la cura tramite terapia genica di malattie legate a diverse mutazioni ereditarie. La clonazione di interi organismi a fini riproduttiva o terapeutica sollevano invece importanti questioni etiche.
La Food and Drug Administration (FDA), l’ente regolatorio statunitense sulla sicurezza dei farmaci e degli alimenti, ha dato nel 2008 il via libera alla messa in commercio di carne e latte di animali clonati per fornire caratteristiche nutrizionali desiderabili. Nel 2015 l’Europa ha invece proibito la clonazione animale, in difesa del benessere degli allevamenti e per i dubbi sulla sicurezza alimentare.
Riguardo la clonazione di esseri umani, a oggi 46 paesi al mondo non permettono né la clonazione terapeutica né quella riproduttiva, mentre altri 32 hanno vietato solo quella riproduttiva (fonte: Center for Genetics and Society). L’Europa ha escluso dal programma “Horizon 2020” i finanziamenti per la ricerca sulla clonazione umana a scopo riproduttivo, per la creazione di embrioni e che procuri modificazioni del materiale genetico.