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Gli effetti dei cambiamenti climatici sulle allergie

Più lunga e più intensa: sono queste le previsioni per la stagione dei pollini, iniziata da qualche mese. Il problema, legato ai cambiamenti climatici, renderà sempre più critica la situazione già complicata delle persone allergiche.

Il cambiamento climatico ha già oggi un impatto sulla diffusione delle allergie ai pollini e sui sintomi delle persone che ne soffrono. Ma gli effetti saranno sempre più intensi in futuro, secondo quanto emerge da studi recenti, che dipingono una situazione decisamente critica per chi è colpito da questo problema. Secondo alcune stime, le allergie ai pollini colpiscono circa il 30 per cento della popolazione mondiale, soprattutto bambini e ragazzi. Problemi allergici sono anche purtroppo associati a decessi precoci.

In un articolo pubblicato a marzo 2022 sulla rivista Nature Communications, due ricercatrici dell’Università del Michigan, negli Stati Uniti, riportano i risultati di una ricerca in cui hanno simulato scenari del possibile impatto della crisi climatica sulle allergie ai pollini. La ricerca fa riferimento agli Stati Uniti, ma la situazione europea non sembra significativamente diversa.

Che cosa è emerso

È sapere antico e comune che la quantità di polline liberata dalle piante è influenzata dalle condizioni atmosferiche. Queste ultime sono tuttavia alterate significativamente dai più recenti cambiamenti climatici. Le due autrici dello studio hanno focalizzato l’indagine sul polline anemofilo, cioè quello che si diffonde nell’ambiente grazie al vento. Questo tipo di polline è il maggiore responsabile dei sintomi delle allergie respiratorie.

Le simulazioni effettuate mostrano che le temperature progressivamente più calde causeranno un ulteriore allungamento della stagione delle allergie, di diverse settimane. La stagione inizierà prima e terminerà più tardi, con un conseguente aumento della concentrazione di polline nell’atmosfera, a livello sia giornaliero sia annuale. Da questo punto di vista le diverse specie vegetali considerate nella ricerca non rispondono tutte nella stessa maniera ai cambiamenti climatici. Tuttavia, nell’insieme le simulazioni fanno prevedere un netto peggioramento della situazione generale in relazione al riscaldamento globale. Le simulazioni indicano inoltre che vi saranno sovrapposizioni tra i periodi in cui le diverse specie liberano i propri pollini.

Nello studio si è tenuto conto di tutti i fattori conosciuti che possono influenzare il fenomeno: tra questi vi sono, per esempio, le precipitazioni, la cui variazione in seguito ai cambiamenti climatici può esercitare effetti a breve e a lungo termine sull’emissione dei pollini. È stato anche preso in considerazione il noto rapporto tra aumento della CO2 atmosferica (legato soprattutto all’impiego di combustibili fossili) e incremento dei pollini, che contribuisce a peggiorare ulteriormente il quadro. Si prospetta, quindi, un futuro in cui le persone allergiche avranno più a lungo sintomi respiratori associati alla presenza di pollini nell’aria. Con la conseguente necessità, per i sistemi sanitari, di farsi carico della situazione.

Il problema è già in atto

Come è stato ricordato anche dalle ricercatrici, il problema è già in atto ed è una criticità in campo sanitario, dato che sta causando un aumento delle spese mediche e costringendo spesso i soggetti allergici a perdere giornate di lavoro e di scuola. L’inasprirsi della crisi climatica va, quindi, a impattare su una situazione già critica.

In un precedente studio, con dati raccolti da 60 stazioni nel Nord America dal 1990 al 2018, alcuni ricercatori di diverse università statunitensi avevano rilevato sia un aumento delle concentrazioni di pollini, sia stagioni più lunghe di diffusione del polline collegate ai cambiamenti climatici. Nell’articolo, pubblicato sulla rivista Pnas nel 2021, i dati erano rafforzati anche da analisi retrospettive che confermavano le osservazioni. I dati che provengono dalle stazioni di monitoraggio dei pollini presenti in tutta Europa, Italia compresa, da oltre 40 anni vanno nella medesima direzione.

In Italia, come sottolineato dagli specialisti che si occupano di allergie respiratorie, si è rilevato da un decennio circa anche un aumento delle reazioni indotte dal polline. Tra i tipi di vegetali più spesso implicati ci sono graminacee, parietaria, betulla, olivo, ontano, cipresso, nocciolo, ambrosia, platano. Si è anche rilevato un aumento del fenomeno della cosiddetta polisensibilizzazione, cioè la tendenza a sviluppare una reazione a più di un allergene. Si tratta di una condizione ormai decisamente prevalente, che, secondo le stime, in Italia riguarda otto allergici su dieci, e ha un impatto non trascurabile sulla qualità della vita di molte persone. La situazione potrebbe ulteriormente peggiorare per le conseguenze della crisi climatica.

Cosa può aiutare

Entro certi limiti sembra che l’uso delle mascherine possa essere di aiuto. Sebbene manchino ancora studi estesi e di buona qualità in materia, diversi specialisti hanno riferito una diminuzione dei sintomi collegata all’uso generale dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie nel corso dell’emergenza pandemica. Naturalmente, questo non significa che l’uso dei dispositivi o il fatto di evitare di entrare in contatto con l’allergene scatenante la reazione possa sostituire del tutto una terapia specifica, che deve essere assunta solo in seguito a una diagnosi effettuata da uno specialista. Si tratta di terapie generalmente sintomatiche (di solito si usano antistaminici, decongestionanti, corticosteroidi nasali). In alcuni casi è possibile effettuare vaccini preventivi, in grado di attenuare le reazioni contro alcuni specifici allergeni.

Più in generale, il crescente problema delle allergie ai pollini fa riflettere sull’importanza di proteggere l’ambiente e di impegnarsi a ridurre i fattori che determinano il cambiamento climatico in atto, anche ai fini della tutela della salute individuale e pubblica.

Anna Rita Longo
Insegnante e dottoressa di ricerca, membro del board dell’associazione professionale di comunicatori della scienza SWIM (Science Writers in Italy), socia emerita del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), collabora con riviste e pubblicazioni a carattere scientifico e culturale.
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