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Come il riscaldamento globale può contribuire alla diffusione della malaria

Associamo la malaria all’idea di paludi malsane in Paesi lontani dal nostro, ma fino alla prima metà del Novecento la malattia era endemica anche in Italia. In un prossimo futuro potrebbe tornare, complice l’aumento delle temperature, che favoriscono la colonizzazione di nuovi territori da parte delle zanzare anofele. La relazione tra cambiamenti climatici e diffusione della malaria deve però tenere conto di molti fattori.

Nel 1955 l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) dichiarò guerra alla malaria, con l’obiettivo di eradicarla a livello mondiale. Quattordici anni più tardi, il “Global Malaria Eradication Program” fu sospeso. Nei Paesi occidentali e in Europa la malaria stava effettivamente scomparendo: in Italia era stata dichiarata debellata nel 1970, come era già successo negli Stati Uniti. In altre regioni del mondo i risultati non furono invece quelli sperati. La strategia globale dell’OMS intendeva da un lato utilizzare farmaci come la clorochina per il trattamento e la profilassi della malattia, e dall’altro irrorare l’insetticida DDT per distruggere la zanzara anofele, il vettore del plasmodio, il piccolo microrganismo unicellulare che causa la malattia. Questo approccio però non funzionò dove mancavano pilastri fondamentali per la salute pubblica, come un sistema sanitario sviluppato e servizi igienico sanitari. Soprattutto era impossibile bonificare, come era stato fatto in Italia, gli immensi territori paludosi che caratterizzano vaste zone dell’Africa e dell’Asia. Nel frattempo le zanzare avevano cominciato ad adattarsi all’insetticida, i plasmodi alla clorochina, e i fondi cominciavano a scarseggiare.

Nonostante i traguardi raggiunti, l’OMS aveva sottovalutato il nemico. La lotta alla malaria nelle zone tropicali e subtropicali prosegue ed è ancora in cima all’agenda, come ci ricorda anche il World Malaria Day, la giornata internazionale dedicata, che ricorre il 25 aprile. Tuttavia oggi si è più cauti nel parlare di eradicazione e più consapevoli della necessità di formulare una strategia sul lungo periodo che consideri anche l’impatto economico della malattia. Come si dice spesso, la malaria è una malattia dei poveri, visto che più del 90 per cento dei casi si presenta in Africa.

A complicare il lavoro degli esperti si aggiungono i cambiamenti climatici, che rischiano di aumentare la diffusione di molte malattie, inclusa la malaria. C’è persino il timore che possa tornare nei territori dove era stata già debellata, ma la relazione tra clima e diffusione della malaria è molto complessa.

Quando le zanzare scalano le montagne

Sappiamo che alle zanzare anofele piace il caldo e qualunque habitat con specchi d’acqua, naturali o artificiali, dove depongono le uova. Anche da questo punto di vista sono avvantaggiate dal riscaldamento globale. Non solo perché così riescono a colonizzare territori in precedenza troppo freddi, ma anche perché eventi estremi come inondazioni e siccità possono contribuire alla formazione di acque stagnanti. Un corso d’acqua che lentamente si prosciuga o un’alluvione possono di fatto creare ristagni per un tempo sufficiente a diventare una nursery per anofele. I risultati di una ricerca sul territorio africano, pubblicati il 15 febbraio 2023 sulla rivista Biology Letters, hanno confermato questa tendenza generale: nell’ultimo secolo le zanzare anofele si sono sicuramente spostate nel continente, ovvero nel tempo è cambiata la loro distribuzione.

I ricercatori hanno esaminato un database di osservazioni raccolte dal 1898 al 2016 e hanno cominciato ad analizzare come e quanto le anofele si erano espanse. In poco più di un secolo una ventina di specie di anofele hanno viaggiato, si stima, a 4,7 km all’anno verso sud, allontanandosi dall’equatore. Nello stesso arco di tempo sono salite in quota, spostandosi di circa 6,5 metri all’anno sui rilievi. Il gruppo di ricerca ha notato che la migrazione è associata ai cambiamenti climatici registrati in Africa nello stesso periodo.

La complessa relazione tra clima e malaria

Di per sé le zanzare anofele sono innocue per gli esseri umani, fastidio a parte. A renderle pericolose è la possibile presenza al loro interno del plasmodio, trasmesso, appunto con la puntura, e che possono acquisire solo pungendo un’altra persona già infetta. Il plasmodio ha un ciclo di vita piuttosto complesso, fatto di più fasi, alcune all’interno della zanzara e altre nell’organismo umano o degli altri mammiferi che infetta. Non è possibile studiare la relazione tra malaria e cambiamenti climatici senza considerare tutte queste sfaccettature. Per esempio, i plasmodi si sviluppano più velocemente all’aumentare delle temperature e ciò può incrementare le possibilità di infezione. Allo stesso tempo questi parassiti non tollerano temperature troppo alte e in alcune regioni come l’Africa occidentale e centrale i cambiamenti climatici potrebbero persino ostacolare, anziché favorire, la trasmissione della malaria.

Gli aspetti sociali dell’epidemia sono ancora più complessi da gestire e prevedere. Se esiste un legame tra malaria e povertà, una regressione delle condizioni socioeconomiche capace di indebolire la lotta alla malaria in un Paese può far avanzare velocemente la malattia, anche indipendentemente dal clima. Al contrario, una nazione più ricca avrà maggiori possibilità di difendersi, sia dai cambiamenti climatici sia dalla malaria. Non è quindi automatico che l’espansione geografica del vettore causata dai cambiamenti climatici porti sempre con sé questa malattia, e per queste le previsioni sull’aumento del rischio sono ancora incerte nelle diverse regioni del mondo. Quello di cui invece gli esperti sono sicuri è il quadro complessivo riassunto dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, nel proprio rapporto speciale sull’impatto di 1,5 gradi di riscaldamento globale. Tenderanno ad aumentare sia la trasmissione della malaria sia la mortalità, ma il rischio non evolverà ovunque e per tutti allo stesso modo.

Un possibile ritorno della malaria in Italia?

È possibile che la malaria torni dove ormai non c’è più da decenni, inclusa l’Europa? Se parliamo dell’Italia, la zanzara anofele non si è mai completamente estinta alle nostre latitudini e, in teoria, la trasmissione potrebbe riprendere se fosse ripristinato il ciclo con il plasmodio, anche con il contributo del riscaldamento globale. Oltre ai casi di malaria importati (cioè non contagiati sul territorio nazionale), è già capitato sul suolo italiano che la malaria si trasmettesse da una persona all’altra tramite punture di zanzara. Si tratta però di episodi piuttosto rari, contrastati e limitati da un servizio sanitario in grado di curare le persone malate e di investigare gli eventi sospetti. L’aumento delle temperature e le previsioni dei ricercatori lasciano però intendere che non possiamo permetterci di sottovalutare questa malattia. Soprattutto in un Paese come il nostro in via di tropicalizzazione e da sempre un crocevia migratorio di organismi viventi, non solo umani.

Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, si è formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrive o ha scritto per le seguenti testate o siti: Il Tascabile, Wonder Why, Aula di Scienze Zanichelli, Chiara.eco, Wired.it, OggiScienza, Le Scienze, Focus, SapereAmbiente, Rivista Micron, Treccani Scuola. Cura la collana di divulgazione scientifica Zanichelli Chiavi di Lettura. Collabora dalla fondazione con Pikaia, il portale dell’evoluzione diretto da Telmo Pievani, dal 2021 ne è il caporedattore.
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