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I numeri delle malattie rare

Quando una malattia è considerata rara? Quante malattie sono rare? Un punto su disturbi poco diffusi che nell’insieme colpiscono moltissime persone.

Chi convive con una malattia rara convive spesso anche con la difficoltà di confrontarsi con persone nella stessa condizione. Essere malati di patologie di questo tipo significa spesso non incontrare mai qualcuno che abbia o abbia avuto qualcosa di simile. Per la stessa ragione le strutture in grado di fornire una possibilità di cura, assistenza o altri servizi sono altrettanto rare, e questo ha un fortissimo impatto sulla qualità della vita del paziente, costretto a spostarsi per raggiungerle.

Eppure, nella loro totalità, le malattie che definiamo rare riguardano solo in Europa oltre 30 milioni di persone, delle quali circa un milione e mezzo in Italia, e 300 milioni nel mondo. Se rara infatti è la singola malattia, la comunità di persone che lotta con una di esse è invece molto estesa, e fatta di persone di tutte le età, delle più diverse estrazioni sociali, regioni o nazioni.

Malattia rara, ma tanti malati

Quando, in medicina, una malattia è definita rara? Definiamo rara una malattia in base alla sua prevalenza, cioè calcolando quanto è diffusa all’interno di una data popolazione. Non esiste una definizione universalmente riconosciuta, ma per convenzione l’Unione europea ha stabilito che, perché una malattia sia considerata rara, non deve manifestarsi in più dello 0,05 per cento della popolazione, devono cioè verificarsi al massimo cinque casi ogni 10.000 persone.

I tipi di malattie rare a oggi conosciuti e per cui è possibile una diagnosi sono però moltissime. La Commissione europea ne stima un numero complessivo compreso tra 6.000 e 8.000, mentre Orphanet, il portale internazionale che si occupa di raccogliere e diffondere dati e informazioni su questi disturbi riportati da 37 diversi Paesi, propone una lista di circa 6.000 nomi di patologie rare.

A mano a mano che la ricerca scientifica progredisce – soprattutto nel campo della genetica – questi numeri sono destinati ad aumentare, consentendo di riconoscere più disturbi e diagnosticare più casi. Oggi le persone che devono lottare o convivere con una di queste malattie sono, in tutta l’UE, tra i 27 e i 36 milioni, pari al 6-8 per cento della popolazione. In Italia, stando ai dati riportati dal Registro nazionale malattie rare dell’Istituto superiore di sanità, si registrano ogni anno circa 19.000 nuovi casi.

Non solo quante, ma anche quali

Le malattie rare sono spesso profondamente diverse tra loro. La gamma di caratteristiche, segni e sintomi, tipi di decorso e livelli di gravità che possono contraddistinguerle è vastissima. Per moltissime i fattori scatenanti sono ancora sconosciuti, ma si stima che nel 72 per cento dei casi queste patologie abbiano un’origine genetica, mentre negli altri siano il risultato di infezioni, allergie e fattori ambientali, come per esempio l’alimentazione, il fumo  o l’esposizione ad alcune sostanze chimiche. Possono essere presenti sin dalla nascita o comparire con l’età, e il 70 per cento circa di questi disturbi si presenta nel corso dell’infanzia (dati: Orphanet).

Esempi di malattie determinate da mutazioni a carico di singoli geni sono la fibrosi cistica (che colpisce i polmoni e l’apparato digerente), la malattia di Huntington (cervello e sistema nervoso) e le distrofie muscolari. Ma le mutazioni genetiche possono essere determinanti anche per lo sviluppo di tumori rari. Per esempio, quelle a carico dei geni BRCA1 e 2 aumentano notoriamente il rischio di ammalarsi di tumore al seno e alle ovaie.

Sono invece determinati da fattori ambientali alcune anemie rare, causate in particolare da carenze specifiche riconducibili all’alimentazione o all’assunzione di alcuni farmaci, e tumori come il mesotelioma, nella stragrande maggioranza dei casi associato all’esposizione all’amianto (detto anche asbesto).

Nei bambini le malattie rare più frequenti sono le malformazioni congenite, le malattie delle ghiandole endocrine, le patologie che coinvolgono il metabolismo e quelle a carico del sistema immunitario. Purtroppo, molti dei bambini colpiti da una malattia rara non raggiungono l’età adulta. Negli adulti, i più frequenti tra questi disturbi colpiscono il sistema nervoso e gli organi sensoriali, il sangue o gli organi ematopoietici (fonte: Osservatorio malattie rare).

Senza una diagnosi

 Uno dei problemi che rendono ancora più difficile far fronte alle malattie rare è la diagnosi. È spesso complicato diagnosticare una malattia rara, sia per la varietà di manifestazioni che ognuna di queste patologie può avere, sia per la scarsa esperienza dei medici che, non avendo magari mai visto un caso, faticano a riconoscere malattie su cui dati, informazioni e competenza specifica sono limitati. Ancora oggi la patologia non viene diagnosticata a circa la metà delle persone con una malattia rara, secondo l’Osservatorio malattie rare. E questo nonostante negli ultimi anni la ricerca medico-scientifica abbia potuto indagare più che in passato i meccanismi molecolari di almeno alcuni di questi disturbi.

Le cosiddette malattie non diagnosticate rappresentano un “problema dentro al problema”, la cui risoluzione richiede uno sforzo ancora maggiore, ed estremamente multidisciplinare, da parte degli scienziati: uno sforzo che sarebbe impensabile senza una rete di cooperazione internazionale. Tale rete, l’Undiagnosed Diseases Network International (Udni), è nata nel 2014 e ne fa parte anche il nostro Istituto superiore di sanità. L’obiettivo è rendere possibile una diagnosi per tutti, fornendo quel punto di partenza necessario a intraprendere ogni percorso di riabilitazione, assistenza o di cura. Una diagnosi che oggi può essere costruita grazie a una collaborazione globale. Le informazioni relative a casi di malattie ancora “senza nome” vengono infatti inserite in un database condiviso tra tutti i Paesi aderenti (oltre all’Italia, molti stati europei, gli Stati Uniti, Giappone, Australia, India, Israele e tanti altri). Quindi le informazioni sono confrontate con tutte le altre raccolte, e sono quindi elaborate per scovare eventuali similitudini tra pazienti da un capo all’altro del mondo, aumentando così le conoscenze disponibili su ogni specifico disturbo.

Alice Pace
Giornalista scientifica freelance specializzata in salute e tecnologia, anche grazie a una laurea in Chimica e tecnologia farmaceutiche e un dottorato in nanotecnologie applicate alla medicina. Si è formata grazie a un master in giornalismo scientifico presso la Scuola superiore di studi avanzati di Trieste e una borsa di studio presso la Harvard Medical School di Boston. Su Instagram e su Twitter è @helixpis.
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