Sono in fase di studio diversi farmaci per consentire agli uomini di inibire in maniera temporanea – e attraverso differenti meccanismi biologici – la funzionalità degli spermatozoi. Le sperimentazioni precliniche hanno finora dato esiti promettenti.
I contraccettivi femminili sono diffusi nei Paesi del mondo occidentale ormai da parecchi decenni. Già negli anni Sessanta del Novecento oltre sei milioni di donne assumevano regolarmente farmaci in grado di bloccare l’ovulazione per evitare una gravidanza indesiderata. La popolazione maschile ha invece potuto contare principalmente su inibitori meccanici, come il profilattico, o chirurgici, come la vasectomia, un’opzione che però determina una sterilizzazione irreversibile.
Ora le prospettive, tanto scientifiche quanto culturali, potrebbero cambiare, segnando un punto di svolta in grado di modificare usi e abitudini di intere popolazioni. Sono infatti in fase di studio soluzioni farmacologiche che limitano la mobilità oppure la funzionalità degli spermatozoi, e dunque potrebbero rendere l’uomo infertile temporaneamente.
La responsabilità della contraccezione
Diversi recenti sondaggi indicano che nella grande maggioranza dei casi le persone considerano la responsabilità di evitare una gravidanza non desiderata come equamente condivisa all’interno della coppia. Di fatto però spesso non funziona così. Fin dalla prima pillola per evitare l’ovulazione negli anni Cinquanta, le scoperte scientifiche e le scelte di mercato hanno indirizzato i comportamenti delle coppie, conferendo maggiori responsabilità alle donne.
Si è delineato così un percorso che ha portato negli anni sempre più donne a ricorrere a farmaci contraccettivi. Secondo un’indagine condotta nel 2017 da studiosi della Harvard University di Boston, negli Stati Uniti, le donne nel mondo che assumono regolarmente la pillola sarebbero oltre 100 milioni. Ed è, con tutta probabilità, proprio questo squilibrio di genere nelle responsabilità della contraccezione ad avere portato di recente a cercare soluzioni alternative che coinvolgano il partner maschile, al di là di un’opzione poco praticabile come la vasectomia.
La contraccezione maschile che sopprime il testosterone
Negli anni le ricerche e le sperimentazioni per realizzare una pillola maschile si sono scontrate con numerosi effetti collaterali indesiderati. Bloccare la produzione di spermatozoi o renderli non fertili senza causare danni all’organismo – sul breve e sul lungo periodo – si è infatti dimostrata una sfida particolarmente ardua. Inoltre molti tentativi hanno evidenziato che l’assunzione del farmaco dovrebbe essere prolungata nel tempo prima di diventare efficace, come nel caso di una combinazione ormonale testata per sicurezza ed efficacia già nel 2016. Per questi e altri motivi, attualmente non sono ancora disponibili sul mercato pillole anticoncezionali per i maschi.
Tuttavia le prospettive auspicate – tra gli altri – anche dallo European Journal of Medicinal Chemistry sembrano farsi oggi più concrete. Sono in corso le indagini preliminari su due pillole contraccettive maschili contenenti i principi attivi DMAU (dimetandrolone undecanoato) e 11β-MNTDC (11β-metil-19-nortestosterone dodecil carbonato) per sopprimere il testosterone e abbassare il numero di spermatozoi, e sono stati già sperimentati in topi di laboratorio e in alcune specie di primati ulteriori composti diversi da quelli di tipo ormonale.
Identikit probabile di una nuova pillola maschile
Ma veniamo alle novità più recenti. Sulla rivista Nature Communications sono stati pubblicati a febbraio 2023 i risultati di un altro studio su una pillola contraccettiva per inibire temporaneamente la funzionalità degli spermatozoi. La sperimentazione preclinica in topi di laboratorio ha fornito risultati promettenti, e a breve dovrebbero iniziare gli studi clinici negli esseri umani.
Questo farmaco agisce su un enzima, l’adenilil ciclasi solubile, o sAC, fondamentale per la motilità e la maturazione dei gameti maschili. Si tratta, in sostanza, di una molecola che conferisce agli spermatozoi la capacità di muoversi. La sperimentazione negli animali ha dimostrato che un inibitore sAC somministrato a topi maschi agisce in modo rapido e temporaneo sul movimento degli spermatozoi, limitandone la capacità natatoria e rendendo di fatto gli animali sterili per un periodo di 24 ore. Oltre all’efficacia immediata, questo farmaco sembrerebbe non provocare effetti agli ormoni maschili, dunque – per quanto ne sappiamo al momento – potrebbe non compromettere la fertilità sul lungo periodo. Una singola dose potrebbe quindi essere efficace nel bloccare il cammino degli spermatozoi verso la loro naturale destinazione.
I risultati preliminari dovranno ora essere validati negli esseri umani, in sperimentazioni cliniche e con risultati statisticamente significativi. Un’importante differenza tra topi ed esseri umani è la struttura anatomica dell’apparato riproduttivo femminile. Su questo aspetto, però, i ricercatori hanno ipotizzato che la permanenza prolungata, causata dalla perdita di motilità, dei gameti maschili in un ambiente acido come quello dell’apparato riproduttivo femminile umano provocherebbe comunque la morte dei gameti stessi in tempi rapidi.
Qualora gli studi avessero successo, i maschi li assumerebbero? L’applicabilità concreta di questo sistema contraccettivo, oggetto di studio, è incerta soprattutto per ragioni sociali e psicologiche. L’efficacia presuppone infatti l’assunzione del farmaco in anticipo e rispettando alcuni tempi rispetto al rapporto sessuale. Il contesto culturale e di tradizione potrebbe non essere ancora favorevole, perché l’attenzione necessaria e il senso di responsabilità da parte degli uomini potrebbero non dimostrarsi adeguati. A questo si aggiunge il rischio che la fiducia da parte delle donne non sia sufficiente, soprattutto nei rapporti al di fuori di una relazione stabile di coppia. Come per ogni cambiamento profondo, potrebbe volerci del tempo, anche considerando i numerosi insuccessi del passato.