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I microscopici “spermbot” in missione

Gli spermatozoi robot, ideati per tentare di alleviare il problema dell’infertilità maschile, potrebbero risultare utili anche per facilitare la somministrazione di farmaci o per trattare i tumori del tratto riproduttivo femminile. Ecco quali sono a oggi le prospettive di una tecnologia che potrebbe essere promettente.

La natura, e la biologia umana in particolare, a volte è in grado di fornire ispirazioni per interessanti innovazioni tecnologiche. Un caso è quello dei micro-robot che riproducono le proprietà propulsive tipiche degli spermatozoi. I prototipi, chiamati “spermbot”, sembrano essere in grado di spostarsi efficacemente all’interno del corpo umano, peraltro senza l’utilizzo di fonti esterne di energia.

Queste nanotecnologie sono state concepite originariamente per fornire una possibile soluzione al problema dell’infertilità maschile, che come noto è un fenomeno in rapido aumento negli ultimi anni tra i giovani. Oggi si sta lavorando per utilizzarle anche come veicoli di farmaci e per la cura di alcune patologie ginecologiche, incluse quelle di natura oncologica. Ma partiamo dal principio.

L’infertilità maschile, prima ancora degli spermbot

Secondo le stime, circa il 7 per cento della popolazione maschile nel mondo soffre di infertilità, una condizione che sembra diventare sempre più diffusa di generazione in generazione. Si stima che, grossomodo nella metà dei casi di infertilità di coppia, le difficoltà a ottenere una gravidanza dipendano da problemi riproduttivi maschili.

Analizzando con attenzione il fenomeno, si osserva anche che il problema è aumentato molto nell’ultimo ventennio. Per esempio, i risultati di uno studio pubblicati nel 2019 sulla rivista Urology hanno mostrato che il numero di uomini che chiedono di fare ricorso a un trattamento per la fertilità è cresciuto dal 12,4 per cento del 2004 al 21,3 per cento del 2017. Nello stesso periodo si è osservata, secondo questi dati, una diminuzione del 9 per cento nel computo delle persone con una mobilità degli spermatozoi nella norma.

Le cause dell’infertilità possono essere molteplici: anzitutto ci sono problemi genetici o anatomici, come per esempio il criptorchidismo, ossia la mancata discesa di uno dei due testicoli durante il primo anno di vita. Poi vi possono essere cause di tipo funzionale, tra le quali la più diffusa – che interessa circa il 40 per cento degli uomini con infertilità – è il varicocele, un reflusso patologico di sangue dalla vena renale sinistra al testicolo. Abbastanza frequenti sono pure i problemi legate al liquido seminale come azoospermia (mancanza di spermatozoi) o astenospermia (spermatozoi poco mobili), rilevabili attraverso un semplice spermiogramma.

In alcuni casi l’infertilità può essere collegata a comportamenti e abitudini poco salutari, che possono contribuire all’insorgenza dei disturbi. Per esempio, il consumo di alcol e il fumo paiono essere correlati a una ridotta produzione spermatica. Viceversa, una dieta equilibrata e ricca di acidi grassi omega-3 sembra indurre effetti positivi sulla morfologia degli spermatozoi. L’obesità, invece, è associata a difficoltà nel concepimento. L’Istituto superiore di sanità ha sottolineato che attraverso abitudini e comportamenti salutari è possibile in alcuni casi superare, o evitare del tutto, numerosi disturbi della fertilità maschile.

Spermatozoi robot, una soluzione nuova per generare fertilità?

Per risolvere i problemi di infertilità, un’interessante proposta hi-tech è quella degli spermbot. La prima versione di questi spermatozoi robot prevedeva di installare una nanotecnologia metallica a forma di elica intorno alla coda degli spermatozoi con scarsa motilità. Questi ultimi, grazie a un effetto propulsivo indotto dall’esterno attraverso un campo magnetico, sarebbero stati in grado di muoversi più rapidamente, così da giungere potenzialmente fino alla parete della cellula uovo da fecondare. Nonostante i risultati ottenuti siano stati promettenti, su queste protesi in miniatura finora sono stati condotti solamente esperimenti di laboratorio in cellule in coltura. Anche nella migliore delle ipotesi questa nanotecnologia dovesse raggiungere la clinica, essa potrebbe porre rimedio solo al problema della astenospermia e non alla mancanza di spermatozoi.

A partire dagli spermbot sono stati anche realizzati di recente dei micro-robot interamente artificiali con caratteristiche biologiche analoghe a quelle della cellula gametica maschile. Si tratta di piccoli dispositivi costituiti da un polimero flessibile e resistente, agganciato da un lato a una testa metallica e dall’altro al flagello che ne abilita la capacità di nuotare. Inserendo il piccolo robot all’interno di un campo magnetico variabile, è possibile sia generare il movimento sia indirizzare gli spostamenti nella direzione desiderata. Anche se il processo di miniaturizzazione è ancora da completare (lo spermbot è sei volte più grande di uno spermatozoo) e il movimento è molto più lento rispetto a quello degli originali, nel complesso la soluzione potrebbe contribuire a nuove forme di fecondazione artificiale.

Le varianti dello spermbot

Gli spermbot potrebbero essere una buona soluzione per le due principali sfide odierne della robotica su piccola scala applicata alla medicina, secondo una pubblicazione scientifica di aprile 2020 apparsa sulla rivista Micromachines. La prima sfida è la propulsione: grazie al movimento flagellare gli spermbot sono in grado di muoversi in maniera autonoma senza “combustibili” a bordo. La seconda sfida è la biocompatibilità: gli spermbot sembrano essere ben tollerati all’interno del corpo umano.

Sulla scia degli spermatozoi robot, i bioingegneri hanno già messo a punto soluzioni analoghe in grado di imitare altre funzionalità biologiche. Potrebbe così diventare possibile, per esempio, navigare all’interno del corpo umano con dispositivi microscopici che supportino il medico in svariate attività. Gli spermbot potrebbero rivelarsi utili per esempio per il trattamento di patologie agli organi riproduttivi femminili (come il tumore ovarico), sfruttando il “know how” acquisito sugli spermatozoi, che sono particolarmente adatti a navigare in questo tratto. Sempre dallo studio i cui risultati sono stati pubblicati su Micromachines, è emerso che un’efficacia ancora maggiore può essere ottenuta impiegando micro-robot in sciami. In questo modo la capacità di giungere in maniera precisa nel sito bersaglio della malattia aumenta enormemente, ed è anche più facile rintracciare dove i robottini si trovino, così da poterli controllare dall’esterno in maniera più accurata.

Ulteriori studi, che includano un’analisi dell’interazione tra questi micro-robot e il corpo umano, potrebbero permettere di aumentare le aree di applicazione. Si potrebbe per esempio riuscire a utilizzarli per la somministrazione e il trasporto dei farmaci. La capacità di navigare nel nostro corpo consentirebbe a questi dispositivi di intervenire con un’accuratezza senza precedenti, riducendo di molto gli effetti collaterali tipici delle tecniche di somministrazione più classiche ed evitando l’inutile accumulo del farmaco nei tessuti sani. Ma uno dei problemi più difficili da risolvere riguarda la scarsa capacità di penetrazione di questi micro-robot in alcuni tipi di tessuto, per cui si ipotizza invece l’utilizzo delle proteine come “traghettatori” dei farmaci. Un altro punto su cui sarà necessario fare passi in avanti riguarda l’imaging, per ottenere un buon tracciamento degli spostamenti degli spermbot e assicurare l’effettivo rilascio del farmaco nel sito previsto.

Gianluca Dotti
Giornalista scientifico freelance e divulgatore, si occupa di ricerca, salute e tecnologia. Classe 1988, dopo la laurea magistrale in Fisica della materia all’università di Modena e Reggio Emilia ottiene due master in comunicazione della scienza, alla Sissa di Trieste e a Ferrara. Libero professionista dal 2014 e giornalista pubblicista dal 2015, ha tra le collaborazioni Wired Italia, Radio24, StartupItalia, Festival della Comunicazione, Business Insider Italia, Forbes Italia, OggiScienza e Youris. Su Twitter è @undotti, su Instagram @dotti.it.
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