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La scienza del masticare

Un gruppo di ricercatori ha quantificato il dispendio energetico connesso alla nostra masticazione. Il risultato? Si tratta di un’attività decisamente impegnativa. Lo era ancora di più per i nostri antenati e ha verosimilmente condizionato l’evoluzione umana.

Quanta energia consumiamo masticando? Alcuni scienziati hanno provato a rispondere a questa domanda. In particolare, un gruppo internazionale di ricercatori ha misurato il dispendio energetico legato alla masticazione, in un gruppo di persone alle prese con due diversi tipi di gomme da masticare. Entrambi inodori e insapori, i due tipi di gomme avevano però una diversa consistenza.

Quali strumenti hanno usato gli scienziati? Hanno utilizzati un particolare sistema di cappe ventilate, simili per certi versi ai caschi degli astronauti, con il quale è stato possibile misurare l’ossigeno consumato e l’anidride carbonica prodotta in 15 minuti di masticazione. Dato che i nostri processi metabolici sono alimentati dall’ossigeno e rilasciano anidride carbonica, con questo metodo è possibile cogliere i dati salienti del dispendio di energia.

I risultati dello studio, frutto di una collaborazione tra Università di Manchester (UK), Istituto Max Planck di antropologia evolutiva di Lipsia (Germania), Università di Santiago (Cile), Università di Maastricht e Università di Leida (Paesi Bassi), sono stati pubblicati ad agosto 2022 sulla rivista Science Advances. I dati hanno mostrato che il metabolismo dei candidati mediamente aumentava – con la masticazione – del 10-15 per cento (i valori più bassi sono riferiti alla gomma più morbida).

I dati hanno anche aiutato a chiarire alcune differenze anatomiche tra i membri odierni della nostra specie, gli ominidi e i primati moderni. In particolare essi suggeriscono che la masticazione abbia avuto un ruolo cruciale nell’evoluzione della morfologia delle nostre mascelle, dei muscoli masticatori e dei denti. La capacità di masticare, secondo i ricercatori, sarebbe emersa in alcuni vertebrati vissuti circa 260 milioni di anni fa e avrebbe costituito un passaggio chiave dell’evoluzione. Avrebbe infatti permesso ai mammiferi di mangiare una varietà maggiore di cibi diversi rispetto agli animali che non masticavano. Lo sforzo, però, che i nostri antenati dovevano compiere per masticare era decisamente maggiore rispetto al nostro, fino alla conquista della cottura. I cibi cotti sono infatti più morbidi e, di conseguenza, più facili da consumare e digerire.

Masticare, che fatica

La masticazione è un processo estremamente complesso: richiede movimenti ciclici della mandibola, sia verticali sia laterali, con chiusura ripetitiva sulle mascelle. La pressione dei denti frantuma il cibo, riducendone via via le dimensioni iniziali. I denti, infatti, rompono meccanicamente gli alimenti esercitando pressione sulle strutture interne dei cibi stessi. La frantumazione di un alimento in piccole particelle, che vengono lubrificate con la saliva, favorisce la formazione del cosiddetto bolo, che può essere facilmente ingerito e digerito. L’energia necessaria a ridurre le particelle di cibo dalla loro dimensione iniziale fino a ciò che viene ingerito definisce l’efficienza del processo.

Più ciò che finisce sotto i denti è duro, maggiore è l’impatto sui costi metabolici. Per gli esseri umani contemporanei è probabile che la masticazione rappresenti solo una piccola parte del consumo energetico giornaliero. Prima dell’introduzione della cottura e dei metodi di lavorazione degli alimenti, il cibo doveva essere invece masticato molto più a lungo, e di conseguenza i costi energetici per i nostri antenati dovevano essere ben più alti.

Non siamo più super-masticatori

Gli esseri umani moderni risparmiano tempo ed energia grazie alla possibilità di sminuzzare il cibo con appositi utensili da cucina; all’uso abituale del fuoco o del calore per la cottura; e allo sviluppo dell’agricoltura, che ha permesso di selezionare e coltivare specie più facili da consumare. È probabile che i nostri antenati ominidi dovessero masticare anche per 5-6 ore al giorno, quasi come i nostri “cugini” scimpanzé (che masticano 4,5 ore al giorno) e oranghi (circa 6,6 ore dedicate alla masticazione). Mentre noi, oggi, ci possiamo limitare (in media) a circa 35 minuti al giorno.

Come già accennato, gli autori dell’articolo suggeriscono anche che la riduzione dei costi non solo metabolici della masticazione possa aver avuto un ruolo determinante nell’evoluzione, per esempio, del nostro apparato masticatorio. In particolare, l’aver reso il cibo più semplice da masticare attraverso la cottura e l’impiego di strumenti potrebbe aver ridotto la pressione evolutiva che aveva portato i nostri antenati a essere dei super-masticatori. Un’ulteriore conseguenza può essere stata la progressiva riduzione sia dell’apparato dedicato a questa operazione sia della forza da applicare, ottimizzando così l’uso delle risorse corporee.

Simona Regina
Giornalista professionista, lavora come freelance nel campo della comunicazione della scienza. Scrive di salute, innovazione e questioni di genere e al microfono incontra scienziati e scienziate per raccontare sfide e traguardi della ricerca. People Science & the City è tra le trasmissioni che ha curato e condotto su Radio Rai del Friuli Venezia Giulia. Elogio dell'errore la sua ultima avventura estiva. Su Rai Play Radio il podcast che ha realizzato per Esof2020 che racconta Trieste città europea della scienza: Magazzino 26. Ogni anno si unisce all'equipaggio del Trieste Science+Fiction Festival per coordinare gli Incontri di futurologia, quest'anno approdati sul web come Mondofuturo.
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