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Cosa succede al nostro corpo nello spazio?

Gli astronauti protagonisti delle missioni di lunga permanenza sulla Stazione spaziale internazionale sono un “laboratorio” in carne e ossa per sondare la nostra resistenza in condizioni di microgravità e in presenza di radiazioni. Dai cambiamenti nella composizione delle ossa alle modifiche al DNA, ecco cosa abbiamo scoperto finora.

All’interno della Stazione spaziale internazionale (Iss), a circa 400 chilometri di distanza dal pianeta Terra, i cosmonauti fluttuano in un ambiente eccezionale, esposti alla microgravità e a radiazioni dalle quali noi siamo invece più protetti grazie all’atmosfera. A risentirne possono essere, a lungo termine, il tono muscolare, l’apparato circolatorio, la vista e persino il DNA.

Di fatto, l’essere umano si è evoluto stando coi piedi in Terra, ed è per questo che è interessante studiare cosa succede al nostro corpo quando è invece sottoposto a condizioni estreme come avviene in orbita, per comprendere anche quali conseguenze e quali rischi a lungo termine possano determinare i viaggi spaziali. Quando ci capita di vedere, attraverso i video delle agenzie spaziali, astronauti che fanno esercizi a bordo, possiamo dunque pensare che non si stiano soltanto tenendo in forma, ma che stiano anche partecipando a esperimenti per capire che cosa accade al loro corpo. Lassù, in qualche modo, anche i corpi stessi diventano veri e propri “laboratori”.

La febbre dello spazio

Un primo effetto dello spazio sul corpo riguarda la temperatura. Come racconta una recente ricerca condotta dall’ospedale universitario Charité di Berlino, i cui risultati sono stati pubblicati su Scientific Reports, la temperatura del corpo di chi sta in orbita a lungo può crescere persino di un grado. Per monitorare le condizioni degli astronauti, i ricercatori hanno sviluppato un sensore in grado di captare la temperatura superficiale della pelle e il calore del sangue delle arterie. Hanno dunque misurato questi parametri prima, durante e dopo la permanenza dei cosmonauti sulla Iss, sia a riposo sia sotto sforzo.

Il risultato è stato sorprendente: nel giro di due mesi e mezzo dalla partenza la temperatura del corpo degli astronauti a riposo era cresciuta gradualmente fino ai 38 gradi, arrivando a superare i 40 gradi durante l’esercizio fisico. Questo perché, spiegano gli specialisti, il corpo in condizioni di microgravità fatica a eliminare il calore in eccesso, dato che il sudore evapora più lentamente. E, per quanto l’organismo si adatti alle nuove condizioni nell’arco di qualche mese, un aumento eccessivo della temperatura può causare problemi sia fisici sia cognitivi. Risultati come questi suscitano nuovi interrogativi, secondo Hans-Christian Gunga, a capo della ricerca, anche su come la nostra temperatura corporea sia cambiata nel corso dell’evoluzione umana, e su come potrebbe continuare a modificarsi nel caso in cui i peggiori scenari ipotizzati dagli scienziati sulla crisi climatica dovessero verificarsi.

Le radiazioni pericolose

Tra gli aspetti più spinosi delle missioni di permanenza nello spazio c’è quello delle radiazioni a cui i cosmonauti sono sensibilmente più esposti rispetto a quanto avviene sulla Terra, dove sia il campo magnetico sia l’atmosfera ne attenuano gli effetti. Come spiegano gli esperti dello “Human Research Project della Nasa, le radiazioni possono generare, tra le altre cose, lesioni al sistema cardiovascolare, danneggiando il cuore e irrigidendo le arterie. Inoltre sono responsabili di invecchiamento precoce e del rallentamento del ricambio cellulare. Possono, infine, alterare la struttura a doppia elica del DNA, che le cellule si industriano a riparare, ma non sempre con successo: questo può portare all’accumularsi di mutazioni fino, nella peggiore delle ipotesi, all’insorgere di tumori.

Descrivere con esattezza tutti i processi innescati da una simile esposizione e le loro conseguenze è tuttavia molto difficile, sia perché gli effetti possono impiegare anche molti anni a manifestarsi, sia perché molte altre cause diverse dalle radiazioni nello spazio causano continuamente alterazioni nel nostro corpo.

Occhio non vede, cuore duole

Al lettore vorace che si trovi in orbita potrebbe invece capitare di sperimentare improvvise sfocature del campo visivo, dette “a macchie di cotone”, o altri disturbi che comportano un calo generale della vista, finanche di 1,75 diottrie. Questi fenomeni considerati collettivamente prendono il nome di sindrome Viip (da “Visual impairment intracranial pressure”) e sono essenzialmente dovuti all’eccessiva pressione sanguigna sul nervo ottico. In condizioni di microgravità, infatti, il sangue tende a concentrarsi verso tronco e testa, e questo provoca l’aumento della pressione intracranica che comprime il nervo ottico.

Ma i viaggi orbitali hanno conseguenze anche più specifiche sul sistema cardiovascolare: per esempio il plasma, la parte liquida del sangue, perde di volume, causando un possibile aumento del ritmo cardiaco, e in generale il sangue in condizioni di microgravità trasporta meno ossigeno. In una ricerca tutta italiana, realizzata dal Politecnico di Torino e i cui risultati sono stati pubblicati a fine 2020 sulla rivista npj Microgravity, alcuni scienziati hanno cercato di descrivere matematicamente tutte le variazioni a carico del sistema circolatorio, tenendo conto di parametri come il lavoro cardiaco, il consumo di ossigeno, la pressione arteriosa e l’indice di contrattilità cardiaca – che misura la capacità del cuore, appunto, di contrarsi. L’insieme delle osservazioni considerate nella trattazione matematica ha mostrato come per tutti i parametri la performance sia risultata ridotta: nonostante la preparazione e l’ottima forma fisica di partenza, la resistenza allo sforzo degli astronauti nelle stressanti condizioni imposte dalla lunga permanenza nello spazio ricordano quella di una persona sedentaria e non allenata.

Uomini, donne e gemelli

Donne e uomini non reagiscono allo stesso modo agli sforzi cui la microgravità li sottopone. Se la perdita di tono muscolare o la perdita di calcio nelle ossa non sembrano essere influenzate dal sesso dell’astronauta, le infezioni del tratto urinario sembrano più comuni nelle donne, mentre la sindrome Viip risulta più diffusa tra gli uomini. Inoltre, nel corso di alcune esercitazioni condotte a Terra dalla Nasa, i cui risultati sono stati pubblicati qualche anno fa sul Journal of Women’s Health, le difese immunitarie maschili risultavano indebolite in modo più consistente rispetto a quelle delle colleghe.

Ma se dobbiamo fare paragoni tra corpi, è allora curioso l’esperimento della Colorado State University condotto negli ultimi anni su due fratelli gemelli, entrambi astronauti: Scott e Mark Kelly. I ricercatori si sono concentrati sul loro DNA, e in particolare sui telomeri, la porzione terminale del cromosoma. Al ritorno di Scott, dopo quasi un anno in orbita, i suoi parametri sono stati messi a confronto con quelli di Mark, che nello stesso periodo era rimasto sulla Terra. Ebbene: i telomeri di Scott nel corso della lunga permanenza sulla Iss si erano accorciati, aumentando il rischio di invecchiamento precoce.

Speranze a terra

Demineralizzazione delle ossa, perdita di tono muscolare, problemi al cuore: studiosi del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York hanno riconosciuto delle somiglianze tra le condizioni fisiche degli astronauti in seguito a un lungo periodo in orbita e quelle dei pazienti affetti da alcuni tipi di tumori. In una ricerca i cui risultati sono stati pubblicati nel 2016 su Cell hanno perciò ipotizzato che, come gli astronauti preparano il fisico allo stress con esercizi mirati prima, durante e dopo il volo spaziale, così un semplice allenamento, come per esempio camminare su un tapis roulant, potrebbe rivelarsi utile anche per i pazienti oncologici prima, durante e dopo le cure, per permettere loro di affrontare meglio il difficile impatto del trattamento medico.

Giancarlo Cinini
Dopo aver studiato lettere e comunicazione della scienza ed essersi formato scrivendo per Galileo, Wired Italia e La Repubblica, oggi collabora con Il Tascabile e insegna lettere in un istituto superiore.
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