Le novità della stampa 3D per la medicina: provare a riparare i danni agli organi stampando tessuti direttamente dentro al nostro organismo
Potremmo storcere il naso all’idea di dover ingoiare una micro-stampante, eppure la cosiddetta stampa 3D in situ, con cui si prevede appunto di costruire oggetti direttamente dentro al nostro corpo, sembra promettere bene. Se infatti, in generale, la stampa 3D è già utilizzata in medicina, per esempio nella realizzazione delle protesi, alcuni ricercatori stanno sperimentando, con risultati incoraggianti, nuove tecniche e materiali per stampare tessuti dentro il nostro organismo, in modo per esempio da curare ernie e ulcere o monitorare i polmoni con un approccio microinvasivo.
Stampare dentro allo stomaco
Le lesioni alla mucosa dello stomaco sono molto diffuse e le ulcere sono oggi trattate con terapie farmacologiche e, nei casi più seri, con l’intervento chirurgico. Alcuni ricercatori all’Università di Pechino stanno provando a fare un passo in più. L’idea è questa: introdurre un piccolo robot all’interno dello stomaco, attraverso un endoscopio, e far sì che stampi direttamente nel punto critico un gel di cellule capaci di proliferare sui tessuti danneggiati.
Come gli autori della ricerca hanno spiegato qualche mese fa sulle pagine della rivista Biofabrication, il robot si ispira a strumenti già esistenti, ma è dotato di un ugello capace di secernere un gel contenente cellule della mucosa gastrica e cellule muscolari dello stomaco precedentemente coltivate in laboratorio. Il dispositivo è lungo appena 43 millimetri e, una volta all’interno del paziente, può estendersi al massimo fino a 53 nella sua forma finale e operativa. Robot ancora più piccoli sono in progettazione.
Per ora i ricercatori hanno condotto le sperimentazioni in laboratorio, su un modello trasparente e artificiale di stomaco. Il gel che viene stampato dal robot necessita di temperature più basse rispetto a quelle del corpo umano per generare una struttura stabile e per questo i ricercatori non sono quindi ancora prossimi a poter intervenire davvero all’interno dello stomaco di un organismo “in carne e ossa”, ma diverse ricerche sono in corso per poter superare questi limiti.
Rattoppare tessuti danneggiati
Ne è un esempio lo studio condotto da un gruppo di scienziati americani al lavoro tra le università dell’Ohio, della Pennsylvania e della California a Los Angeles. In un articolo pubblicato sempre quest’anno e sempre su Biofabrication, gli studiosi hanno descritto una sorta di bio-inchiostro da loro sviluppato, adatto a essere impiegato all’interno del nostro corpo e che resta stabile anche alla temperatura tipica degli esseri umani.
Si tratta, nello specifico, di una matrice carica di cellule che non solo è già pronta all’uso, ma assicura anche una maggiore aderenza delle cellule stampate al tessuto corporeo. La tecnica impiegata per applicarla, in questo caso, è detta direct write: in pratica, si punge il punto specifico in cui è necessario intervenire e lì si stampa il biomateriale, che si lega al tessuto originario.
Membrane 3D per guardare il corpo dall’interno
All’università di Washington gli scienziati hanno invece sviluppato un materiale che, oltre a ripristinare le funzionalità in caso di ernia, risulta visibile alla tomografia computerizzata, una tecnica di imaging molto usata in diagnostica. Dopo un intervento chirurgico di riparazione dell’ernia, può capitare che il problema si ripresenti o che si manifestino complicazioni, e che sia necessario verificare la situazione attraverso tecniche come la risonanza magnetica o, appunto, la tomografia. Nella ricerca sopracitata, i cui risultati sono stati pubblicati su 3D Printing in Medicine, gli studiosi hanno stampato in 3D una matrice di materiale impregnato anche di agenti di contrasto, che rendono facilmente visibile la “toppa” all’indagine tomografica.
Sempre con l’intento di monitorare e rendere più visibile l’interno del nostro corpo, scienziati dell’Università del Minnesota hanno dato origine a una membrana stampata in 3D che è capace di deformarsi e la cui superficie è costellata di sensori. La membrana si stampa direttamente sull’organo da monitorare ed è in grado di segnalarne le deformazioni e fornire così conoscenza utile per la diagnosi o la terapia. Come riportato dagli studiosi sulla rivista Science Advances, dispositivi di questo tipo, se validati in appositi e adeguati studi clinici, potrebbero trovare impiego, per esempio, nelle terapie contro il cancro ai polmoni, oppure nel monitoraggio di questi organi nei pazienti affetti da malattie respiratorie croniche.