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I farmaci stampati in 3D: nasce l’era della produzione on demand?

Grazie a nuove tecniche di stampa tridimensionale sarà forse possibile produrre farmaci su misura in tempi rapidi, senza rischi maggiori per la salute dei pazienti e garantendo un ottimo livello di sicurezza ed efficacia dei prodotti. Un primo esperimento con il paracetamolo ha ottenuto risultati incoraggianti.

Come sarebbe se, una volta che un medico ha prescritto un farmaco, lo si potesse “stampare” facilmente, ovunque ci si trovi? Nel lontano 1986, agli albori della stampa in tre dimensioni, le enormi potenzialità di questa tecnologia si intuivano appena. Oggi sappiamo che con questo tipo di stampanti si possono produrre oggetti tridimensionali e che la tecnologia è già applicata, almeno sperimentalmente, in molti ambiti, dalla costruzione di basi spaziali a quella dei pezzi di ricambio, fino all’arte e alla medicina.

Ad aprile 2022 sulla rivista scientifica Additive Manufacturing sono stati pubblicati gli incoraggianti risultati di uno studio britannico, condotto allo scopo di verificare se sia possibile produrre farmaci rapidamente e in sicurezza, utilizzando la tecnologia della stampa volumetrica in tre dimensioni. I ricercatori che hanno condotto lo studio presso la School of Pharmacy dell’University College di Londra hanno già individuato alcuni aspetti da migliorare per ottimizzare il processo e riuscire a produrre farmaci, anche mirati, in tempi brevissimi. Il metodo messo a punto sembra superare i limiti, geometrici e di qualità, delle tecnologie di stampa precedenti, che impedivano l’applicazione della stampa 3D alla farmacologia.

Chi decide quando comincia la nuova era

Nello studio i ricercatori si sono dati l’obiettivo di comprendere in che modo e con quali tempi si possano produrre farmaci utilizzando la stampa 3D. In altre parole, il loro obiettivo era comprendere se con le capacità tecnologiche attuali si possa aprire l’era dei farmaci on demand, quando sarà possibile realizzare rapidamente prodotti terapeutici con componenti modificabili e di precisione, in base all’esigenza dei singoli pazienti. La verifica cruciale è la valutazione della qualità, in termini di sicurezza ed efficacia, dei prodotti ottenuti. I farmaci così prodotti devono infatti essere, tra le altre cose, non tossici e conservabili, devono poter essere assimilabili secondo certi parametri da parte dell’organismo, devono poter essere somministrati come prescritto, e non devono produrre effetti indesiderati diversi da quelli causati dallo stesso farmaco fabbricato in modo tradizionale.

Paracetamolo all’improvviso (e a ciambella)

Per questo studio pionieristico, i ricercatori hanno scelto di studiare il paracetamolo, abbinato a una serie di resine fotosensibili in grado di fondersi tra loro se opportunamente stimolate con raggi ultravioletti. Come metodo di produzione gli scienziati hanno ideato un sistema diverso da come normalmente funziona una stampante 3D. Di norma la stampa 3D crea l’oggetto da produrre a strati, in base alle specifiche contenute in un algoritmo. Questo sistema, tuttavia, pur offrendo un buon livello di qualità e risoluzione, è troppo lento per essere applicato alla produzione di farmaci.

Per questo motivo gli scienziati hanno progettato un sistema alternativo, che utilizza una serie di specchi posizionati in modo da attivare contemporaneamente tutte le sostanze fotosensibili presenti. Dopo un tempo compreso tra i 7 e i 17 secondi, avviene la cosiddetta polimerizzazione, ossia un processo chimico mediante il quale si ottiene un polimero a partire da sostanze a più basso peso molecolare. La soglia di solidificazione dei vari componenti, che si attivano tutti nello stesso istante, fa sì che il farmaco stampato in 3D appaia quasi di colpo all’interno della vasca di polimerizzazione: la compressa di paracetamolo ottenuta ha una forma a ciambella, in gergo un perfetto toroide.

A volte le ciambelle vengono davvero col buco…

Il farmaco stampato è stato quindi sottoposto a una lunga serie di test, utilizzando la microscopia elettronica a scansione e l’analisi termica. I ricercatori hanno svolto indagini microtomografiche computerizzate e spettroscopiche con infrarossi. In questo modo le componenti del paracetamolo, prima e dopo la fotopolimerizzazione, sono state analizzate alla ricerca di ogni più piccola variazione. Quindi sono stati valutati i profili di rilascio del farmaco attraverso test in vitro: non solo i risultati emersi sono risultati molto promettenti, ma la forma toroidale parrebbe persino dare una “marcia in più” al prodotto. Un altro dato notevole è che tutte le pastiglie a ciambella sono uscite “col buco”, ossia perfettamente fabbricate, anche variando la quantità di sostanze utilizzate.

Un punto che si è rivelato delicato nel processo è l’utilizzo di acqua, che dev’essere regolato con molta precisione. Gli autori sostengono inoltre che saranno necessarie ulteriori ricerche per valutare a fondo la biocompatibilità delle resine fotosensibili, ossia il loro profilo tossicologico e le eventuali interazioni con altri farmaci.

Farmaci taylor made

Con l’utilizzo di tecniche di intelligenza artificiale, i ricercatori auspicano che sarà possibile consolidare i dati raccolti e accelerare il processo di sviluppo di questo metodo di produzione, che forse in futuro potrà addirittura essere decentralizzato. Per ora tutto è pensato per avvenire in un laboratorio farmaceutico, rinunciando quindi al principale possibile vantaggio di questa tecnologia: la produzione a distanza.

Le peculiarità di questo tipo di produzione sembrano renderla idonea a realizzare tempestivamente farmaci su misura, con dosi e caratteristiche personalizzate. Si può ipotizzare che la domanda di una produzione versatile e rapida aumenterà, soprattutto in un momento storico in cui, per varie ragioni, si tende a un diverso approccio alla cura dei pazienti, a una maggiore precisione e a differenziare di più le cure in base alle caratteristiche individuali.

Gianluca Dotti
Giornalista scientifico freelance e divulgatore, si occupa di ricerca, salute e tecnologia. Classe 1988, dopo la laurea magistrale in Fisica della materia all’università di Modena e Reggio Emilia ottiene due master in comunicazione della scienza, alla Sissa di Trieste e a Ferrara. Libero professionista dal 2014 e giornalista pubblicista dal 2015, ha tra le collaborazioni Wired Italia, Radio24, StartupItalia, Festival della Comunicazione, Business Insider Italia, Forbes Italia, OggiScienza e Youris. Su Twitter è @undotti, su Instagram @dotti.it.
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