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5 cose da sapere sulle sindromi dello spettro autistico

Facciamo un punto su quanto sappiamo su questi disturbi in occasione della Giornata mondiale per la consapevolezza sui disturbi dello spettro autistico.

Più inclusione, meno stereotipi: sono questi gli obiettivi del World Autism Awareness Day, la Giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo, che si tiene ogni anno il 2 aprile. La ricorrenza è anche nota come Giornata internazionale per l’accettazione dell’autismo, o World Autism Acceptance Day. Istituita formalmente a partire dal 2007 dall’Assemblea generale delle Nazioni unite, la giornata è un’occasione in cui richiamare l’attenzione sulle possibilità e i diritti delle persone con disturbi dello spettro autistico, sulle difficoltà che si trovano ad affrontare nella vita quotidiana e su ciò che le differenzia dalle persone neurotipiche. Focus dell’appuntamento del 2021 è l’inclusione sul posto di lavoro, alla luce delle ulteriori sfide, ma anche delle nuove opportunità, che presenterà lo scenario globale dopo la pandemia.

Ma cos’è esattamente l’autismo? Cosa sappiamo delle cause di questi disturbi? La risposta, in breve, è: “ancora poco”. Ma proviamo a capirci di più, partendo dai fondamentali.

1. Cos’è l’autismo?

 Si definisce con il termine autismo un insieme di disturbi estremamente eterogenei che si manifestano nel corso dello sviluppo neurologico e che possono influenzare, tra le altre cose, il modo in cui le persone interagiscono con gli altri e con l’ambiente, e come tali interazioni con persone e oggetti sono percepite a livello sensoriale. L’autismo dà tipicamente segni di sé nel corso della prima infanzia e in molti casi ha un impatto decisivo su ogni aspetto della vita quotidiana.

In passato l’autismo era distinto in due tipologie, con o senza disabilità cognitiva (in quest’ultima categoria erano incluse le persone diagnosticate con la sindrome di Asperger). Nel corso degli anni la ricerca ha permesso di mettere in luce la molteplicità delle caratteristiche e dei sintomi delle persone autistiche: per questo oggi si parla di disturbi dello spettro autistico, a sottolineare, appunto, l’eterogeneità delle forme note. Il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, o DSM-5, il principale testo di riferimento per le linee guida diagnostiche in psichiatria e neurologia, indica tre tipi di disturbi di questo tipo, distinti tra loro soprattutto in base al grado di supporto richiesto per la gestione dei pazienti. In ragione di questa varietà, è molto difficile descrivere cosa significhi davvero essere autistici; secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, le persone che manifestano questo genere di disturbi mostrano un comportamento sociale e un modo di comunicare spesso diversi da quelli considerati tipici, e hanno un “repertorio” di attività e interessi a volte molto circoscritto (i cosiddetti “interessi che assorbono” l’attenzione).

Contrariamente a quanto a volte dicono gli stereotipi, le persone autistiche provano emozioni e sentimenti, ma può capitare che siano alessitimiche, ovvero fatichino a riconoscerli (in sé e negli altri) e a esprimerli nel modo considerato tipico. Questo, insieme ad altri fattori legati alla sfera della socialità e della comunicazione, può rendere loro più complicato e stressante intrattenere rapporti sociali lungo l’intero corso della vita, influenzandone il percorso personale. Tra le persone con diagnosi nello spettro autistico, ricorrono alcuni comportamenti frequenti anche se non necessariamente comuni a tutti i pazienti:

– avere problemi a stabilire un contatto visivo;

– non rispondere (o tardare nella risposta) quando chiamati a interagire, magari perché impegnati nell’interesse che assorbe l’attenzione;

– gestire con difficoltà situazioni sociali complesse per sovraccarico sociale e sensoriale (per esempio, quando una persona con disturbo nello spettro autistico si trova in presenza di gruppi numerosi di persone, ed è costretto a fare chiacchiere e convenevoli con nuovi interlocutori,);

– ripetere parole, suoni o frasi (ecolalia) e focalizzarsi in modo molto intenso e specifico su precisi argomenti, fatti o oggetti (perdendo poi, alle volte, l’interesse da un momento all’altro);

– risentire particolarmente di cambiamenti nella propria routine;

– soffrire di iper (o ipo-) sensorialità, cioè essere più o meno sensibili della norma a stimoli sensoriali come la luce, i rumori, il dolore, i sapori, gli odori. Quest’ultima caratteristica in particolare è molto comune e può provocare un forte disagio negli ambienti più “sensorialmente impegnativi”

2. Cosa c’è all’origine delle sindromi dello spettro autistico?

Un’elevata percentuale dei fondi raccolti per la ricerca sui disturbi dello spettro autistico è impiegata per cercarne le cause, ancora oggi incerte. È probabile che l’origine sia multifattoriale e includa una componente sia ambientale sia genetica. Studi su larga scala e tecniche di sequenziamento del DNA hanno permesso finora di identificare circa cento geni che nell’insieme potrebbero predisporre per circa il 7 per cento al rischio di manifestare i disturbi. Nella maggioranza dei casi, sembra che siano singoli geni mutati (in particolare geni che codificano per proteine coinvolte nella comunicazione sinaptica, tra cui neurotrasmettitori e recettori) a incidere sullo sviluppo e sul funzionamento del sistema nervoso centrale, ma in alcuni casi sono state riscontrate anche anomalie di tipo cromosomico, che interessano cioè porzioni di DNA più estese.

Anche per quanto riguarda i fattori ambientali, l’indagine è tuttora in corso e comprende numerosissimi aspetti che riguardano la vita della persona autistica fin dai primi momenti del suo sviluppo fetale, come per esempio l’esposizione ad agenti inquinanti, farmaci o malattie durante la gravidanza.

Gli scienziati stanno indagando anche su altri fattori di rischio. Quelli a oggi individuati sono la familiarità (i bambini che hanno un fratello autistico avrebbero un aumentato rischio di esserlo a loro volta), la nascita prematura e il fatto di essere stati concepiti da genitori avanti con l’età.

3. Non c’è alcun nesso tra vaccini e autismo

I dati epidemiologici raccolti finora mostrano che non esiste alcun legame tra la somministrazione di vaccini e il rischio di sviluppare l’autismo. Inoltre oggi sappiamo che autistici si nasce, non si diventa. Ciò nonostante, il timore che vaccinando i bambini piccoli si possano manifestare disturbi dello spettro autistico è ancora diffuso nella popolazione, tanto da minare le coperture vaccinali di patologie anche molto pericolose, come per esempio il morbillo. Cosa ha alimentato questo timore? La risonanza della frode perpetrata negli anni Novanta da un ex medico inglese, Andrew Wakefield (radiato, nel 2010, dall’ordine dei medici del suo Paese). L’ex medico aveva sostenuto, in un articolo dimostrato poi come fraudolento, che il vaccino contro morbillo, parotite e rosolia (il cosiddetto Mpr), o un conservante, il tiomersale, in esso contenuto, potesse causare l’autismo. Un’ipotesi non sostenuta nemmeno all’epoca da riscontri oggettivi, ma che godette di una vastissima attenzione da parte dei media, con un’eco globale.

Anni di indagini molto ampie, che hanno investigato le percentuali di individui autistici tra centinaia di migliaia di persone vaccinate e non vaccinate, non hanno trovato differenze, dimostrando che il falso studio di Wakefield non aveva alcun fondamento. La frode scientifica era originata dagli interessi di uno studio legale con cui Wakefield collaborava, e che si occupava di risarcimenti per danni da vaccinazioni. Il fine erano i potenziali risarcimenti milionari che le aziende farmaceutiche che producono vaccini e le autorità di salute pubblica che li somministrano avrebbero dovuto pagare a famiglie di bambini il cui autismo sarebbe stato, secondo l’ipotesi infondata e fraudolenta, causato dai vaccini stessi.

Una varietà di ulteriori studi scientifici, anche pubblicati sul New England Journal of Medicine, e ampie metanalisi i cui risultati si trovano per esempio sul Cochrane Database of Systematic Reviews e su Vaccine, hanno scagionato completamente i vaccini. Nell’insieme questi studi hanno coinvolto nel mondo oltre un milione di bambini, e la conclusione è stata che i vaccini contro il morbillo, la parotite e la rosolia sono sicuri. I risultati hanno infatti confermato che né il vaccino Mpr, né il conservante tiomersale, un tempo usato anche in altri vaccini, aumentano il rischio di sviluppare disturbi dello spettro autistico. Questa conclusione è ufficialmente condivisa anche dal nostro Ministero della salute, così come da tutte le principali istituzioni e organismi di controllo sanitari del mondo, come l’Organizzazione mondiale della sanità e i Centers for Disease Control and Prevention statunitensi.

4. Come e quando si diagnosticano i disturbi dello spettro autistico?

 Non esiste un esame strumentale, come le analisi del sangue, delle urine o la risonanza magnetica, in grado di diagnosticare i disordini dello spettro autistico. Occorre piuttosto affidarsi alla valutazione da parte di un neuropsichiatra infantile che formulerà una diagnosi in base all’osservazione dei comportamenti del paziente, al suo sviluppo e a quanto viene riportato dai genitori.

La valutazione viene reputata attendibile in generale a partire dall’anno e mezzo o due di età, ma ciò non esclude che sia possibile giungere a una diagnosi presuntiva anche prima. Nella maggioranza dei casi le condizioni risultano evidenti nel corso dei primi cinque anni di vita.

Succede non di rado che le persone autistiche vengano diagnosticate da adulte, in particolare nel caso di autismo di livello 3 (cioè con lieve bisogno di supporto), quello che in passato era noto come sindrome di Asperger. A oggi siamo a conoscenza anche di un notevole pregiudizio di genere: per le donne è più complicato ricevere una diagnosi.

5. Perché è importante parlare dell’inserimento lavorativo delle persone che soffrono di disturbi dello spettro autistico?

 Se la pandemia di Covid-19 ha evidenziato ancor di più le disuguaglianze economiche e sociali all’interno della nostra società, molte persone autistiche fanno da sempre i conti con ostacoli che rimangono nell’ombra: per esempio, luoghi o programmi di lavoro non sempre idonei, o addirittura pratiche discriminatorie durante il processo di assunzione. Con un impatto, spiegano le Nazioni unite, anche molto significativo sulla qualità della vita. La pressione dovuta ai danni economici e sociali seguiti alla pandemia rischia di inasprire il problema della disoccupazione con cui moltissimi autistici devono fare i conti già ora.

Per contro, la maggiore diffusione di metodi di lavoro da remoto può rappresentare per il personale che rientra nello spettro autistico un’opportunità professionale.

Parlare di autismo e lavoro è poi un modo per portare attenzione anche sugli autistici adulti, oltre che sui bambini e l’età evolutiva. Per prendere parte alla discussione sul tema o seguire gli eventi online dedicati organizzati in occasione dell’edizione 2021 della Giornata mondiale, il modo più rapido è sicuramente farsi guidare su Twitter e Instagram dagli hashtag #WorldAutismAwarenessDay o #GiornataMondialeAutismo.

Alice Pace
Giornalista scientifica freelance specializzata in salute e tecnologia, anche grazie a una laurea in Chimica e tecnologia farmaceutiche e un dottorato in nanotecnologie applicate alla medicina. Si è formata grazie a un master in giornalismo scientifico presso la Scuola superiore di studi avanzati di Trieste e una borsa di studio presso la Harvard Medical School di Boston. Su Instagram e su Twitter è @helixpis.
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