Dal 2016 il Vertebrate Genome Project (Vgp) ha come obiettivo il sequenziamento del DNA di oltre 70.000 specie terrestri. Finora i genomi completati sono appena 129, ma il progetto potrebbe presto portare a risultati significativi, secondo un articolo pubblicato sulla rivista Nature.
A prima vista potrebbe sembrare un mastodontico lavoro di pura catalogazione. Invece gli obiettivi del progetto di lettura dei genomi di tutti i vertebrati terrestri è ambizioso e di avanguardia. Comprende studi di genomica evolutiva e comparata, analisi per la tutela degli animali a rischio di estinzione, progetti per la comprensione delle peculiarità di ciascuna specie e per le potenziali applicazioni dei risultati per la salute umana.
Inoltre lo studio del DNA dei vertebrati terrestri può essere anche un modo di migliorare le tecniche di sequenziamento genomico, che stanno diventando sempre più rapide, accurate ed economiche. Per dare un’idea, negli ultimi vent’anni il costo di sequenziamento di un singolo genoma umano è sceso da qualche miliardo a poche migliaia di euro.
Certo, i numeri sono scoraggianti: 71.657 specie di vertebrati attualmente viventi sulla Terra, con una media di circa 25 genomi sequenziati all’anno dall’inizio del progetto. Di questo passo sarebbero necessari millenni di studi, ma a ben guardare le cose stanno un po’ diversamente. I primi cinque anni del progetto – iniziato formalmente nel 2016 – è servito soprattutto a valutarne la fattibilità e a definire i dettagli del piano, mentre nel frattempo le tecniche di sequenziamento genetico hanno mostrato prospettive sempre più incoraggianti.
Non è un caso che il primo grande articolo scientifico uscito dal consorzio, e pubblicato su Nature lo scorso aprile, appaia più come un punto di partenza che di arrivo, già dal titolo che recita, traducendo dall’inglese: Verso una mappatura genomica completa e senza errori di tutte le specie vertebrate. Nell’articolo si trovano più lezioni apprese ed esempi che risultati o conclusioni, attesi nel corso di questo e del prossimo decennio.
Uno sforzo settuplicato (e i suoi perché)
Sulla potenza di fuoco scientifica di Vgp non si discute. Sono coinvolti oltre 50 tra i più prestigiosi centri di ricerca al mondo – basati soprattutto in Europa e negli Stati Uniti, ma anche in America Latina e Australia – 12 Paesi e centinaia di ricercatori. Oltre una decina di articoli scientifici sono già stati pubblicati. L’Italia al momento non ha centri che si occupino del progetto, ma Spagna, Germania e Regno Unito sì, e un progressivo ampliamento degli istituti coinvolti è plausibile.
All’origine del progetto, una prima versione iniziata nel 2009 con il nome (piuttosto didascalico) di Genome 10K, da parte di una comunità di scienziati il cui obiettivo era arrivare a leggere il genoma di 10.000 diverse specie di vertebrati. Nei primi dieci anni di tale progetto è, però, diventato evidente che il progresso tecnico-scientifico negli studi genetici era talmente rapido da giustificare un po’ più di ambizione. Non sono infatti più necessari anni né mesi per sequenziare un singolo genoma, da quando si è riusciti ad automatizzare e informatizzare buona parte del processo. Oggi è nel lavoro di analisi e correzione dei dati che il lavoro del ricercatore e la sua esperienza anche un po’ artigianale restano necessari. Per questo l’asticella del progetto è stata portata sette volte più in alto, fino ad arrivare a coprire la totalità delle specie di vertebrati.
Ma cosa giustifica tutto questo sforzo di ricerca? In breve, come gli stessi capofila del progetto hanno scritto, Vgp potrà essere utile anzitutto nel campo della biologia e della tutela della biodiversità, ma anche per lo studio e la comprensione delle malattie, sia animali sia umane, tanto nel caso di quelle provocate da patogeni quanto per disfunzioni, malattie autoimmuni o ereditarie, tumori e meccanismi fisiologici ancora non ben compresi.
D’altra parte, a oggi su questo fronte siamo ancora molto indietro. Al di là delle specie microbiche, che sono già state studiate a fondo, e del grande lavoro che si sta facendo sul genoma umano, gli altri animali vertebrati sono stati fin qui piuttosto trascurati. Eppure si ritiene che la genomica sia destinata a rivoluzionare il modo in cui noi esseri umani interagiamo e ci integriamo con gli altri viventi che condividono con noi il pianeta Terra.
Dal punto di vista operativo, Vgp è strutturato in quattro fasi. La prima, in corso già da cinque anni e che si dovrebbe idealmente concludere entro fine 2023, prevede di arrivare a sequenziare il genoma di una specie rappresentativa per 260 ordini di vertebrati evolutivamente separati, che non abbiano cioè antenati comuni da 50 milioni di anni. La fase 2 si concentrerà invece (seguendo la classificazione di Linneo) sulle specie rappresentative di ciascuna famiglia di vertebrati, per arrivare grossomodo a quota mille sequenziamenti completi. Le successive fasi 3 e 4 hanno invece come traguardo prima le circa 10.000 specie di generi differenti e poi le oltre 70.000 specie.
Alcune cose che abbiamo già imparato e scoperto
Al momento Vgp ha sequenziato 16 genomi di vertebrati diploidi (cioè con due serie di cromosomi, provenienti ognuna da uno dei genitori), tra cui specie di mammiferi, anfibi, uccelli, rettili e pesci, con un sequenziamento “di alta qualità” e quasi privo di errori. In termini di metodo, il grosso passo avanti compiuto dal progetto è stato il miglioramento del processo di assemblaggio, ossia un modo per combinare correttamente i diversi frammenti di DNA sequenziati, sia grazie ad algoritmi sia all’intervento diretto degli scienziati. A oggi i dati corrispondenti al genoma più grande completato occupano circa 5 gigabyte, anche per via del gran numero di eterozigosi, ossia di possibili alleli diversi per ciascun gene.
Le scoperte sono dietro l’angolo. I primi genomi ottenuti per sei specie di pipistrelli, per esempio, hanno rivelato un meccanismo di selezione genetica che potrebbe essere alla base della loro straordinaria tolleranza alle infezioni virali. Ciò potrebbe essere utile anche per comprendere meglio i meccanismi delle zoonosi e per contrastare malattie come il Covid-19.
Altri studi hanno coinvolto tribù Māori della Nuova Zelanda, portando all’analisi genomica del kākāpō, una particolare specie di pappagallo incapace di volare denominato animale dell’anno 2020. Studiosi messicani invece si sono occupati di una particolare specie di focena chiamata vaquita, un cetaceo a rischio di estinzione che vive nel Golfo della California. I risultati di questi studi suggeriscono dinamiche evolutive e demografiche che possono alterare l’equilibrio delle specie e dare una speranza maggiore per la loro sopravvivenza.
Tra le altre curiosità scientifiche, Vgp ha già permesso di identificare nuovi cromosomi del DNA del fringuello di zebra e dell’ornitorinco, ma anche di scoprire caratteristiche finora ignote dei cromosomi sessuali dei monotremi e particolari variazioni genetiche nei primati uistitì, che potrebbero rappresentare un sistema modello per studi con applicazioni negli esseri umani. Ancora, nuove importanti conoscenze riguardano l’evoluzione di uccelli e mammiferi come l’anatra, l’emù, l’ornitorinco e l’echidna. Conoscere a fondo i genomi dei vertebrati potrebbe addirittura far rivedere alcuni dei più tradizionali criteri per la classificazione delle specie viventi, sulla base di analogie e differenze che sono difficilmente evidenziabili se non attraverso un’analisi accurata del DNA di ciascuna specie.