TORNA ALLE NEWS

Esseri umani e asini: un legame che dura da millenni

La domesticazione degli asini in una regione orientale africana risale a circa 7.000 anni fa. Fin da principio questi animali sono stati sfruttati per svolgere lavori duri e faticosi, mentre oggi sono anche apprezzati per la lentezza e la loro capacità empatica.

Sono state rinvenute in Africa tracce di domesticazione degli asini risalenti circa al 5000 a.C., grazie all’analisi genetica di reperti fossili, frutto della collaborazione tra gruppi di ricerca francesi e internazionali. Ancora una volta, in Africa ha avuto inizio tutto ciò che riguarda la nostra specie. È qui che, migliaia di anni fa, gli abitati delle regioni orientali utilizzavano gli asini per trasportare carichi ingombranti e lavorare nei campi. Molto prima del cavallo, questo animale era particolarmente utile per gli spostamenti su terreni aridi o impervi.

I dati ottenuti dal sequenziamento dei geni dei reperti fossili di asini antichi sono stati paragonati a quelli degli asini moderni. È stato così possibile ricostruire parte dell’evoluzione di una specie animale alla quale viene attribuito un ruolo chiave nella storia dell’umanità.

Le caratteristiche nascoste degli asini

Gli asini convivono da millenni con gli esseri umani. Oggi si vedono più di frequente in realtà rurali o a basso reddito, pur essendo ancora parecchio diffusi in tutto il mondo. Per molte comunità soprattutto agricole costituiscono tutt’ora un aiuto importante nella vita quotidiana e nel lavoro. Ma il loro contributo, forse all’insaputa dei padroni stessi, va ben oltre le loro capacità di animali da soma e da lavoro. Da qualche tempo sappiamo che gli asini sanno essere riconoscenti quando vengono trattati nei modi dovuti, riescono a sviluppare un rapporto molto stretto con le persone e sono in grado di mostrare il loro affetto. Il rapporto con questi animali può avere persino un valore terapeutico, poiché permette, tra le altre cose, di riscoprire il piacere della lentezza e della tranquillità.

La ricerca sui genomi antichi

Ma veniamo alle novità scientifiche più recenti. Il Centre d’Anthropobiologie et de Génomique di Tolosa, in Francia, ha guidato un gruppo internazionale di ricercatori in 37 laboratori sparsi per il mondo. I ricercatori francesi hanno coordinato l’analisi di 207 genomi di asini moderni, 31 genomi di asini antichi e di altri 15 genomi di equidi selvatici. Le analisi hanno permesso ai ricercatori di affermare che la domesticazione degli animali antichi studiati risale a circa 7.000 anni fa e ha avuto luogo in una regione del Sahara, nell’Africa orientale. Tale area è oggi desertica ma probabilmente il cambiamento verso la desertificazione era iniziato proprio in quel periodo. Si ritiene che per oltre 2.000 anni gli asini siano rimasti nella sola Africa, per poi raggiungere l’Europa e l’Oriente, forse in concomitanza con l’espansione dell’Impero romano. La caratteristica principale di questi animali, dovuta alla loro struttura fisica che li rende molto robusti e forti, è notoriamente di poter trasportare carichi pesanti. Per questo erano sfruttati per effettuare spostamenti su lunghe distanze, anche lungo terreni aridi o montani. Insomma, gli asini sono veri e propri animali da fatica.

Il legame con le persone per evitare l’estinzione

Le sequenze dei genomi di asini moderni e antichi hanno fornito anche indicazioni importanti riguardo alla selezione artificiale effettuata fin dalle origini dagli agricoltori e allevatori. I nostri antenati hanno imparato presto che, per poter disporre di asini forti e robusti e cercare di mantenere le caratteristiche desiderate anche nella discendenza occorreva provvedere ad accoppiamenti selezionati. Alcuni reperti archeologici in particolare destano curiosità nella comunità scientifica, perché avrebbero condotto a un lignaggio particolare che pare si sia perso nel tempo intorno a 4.000 anni fa, nelle regioni orientali del Mediterraneo.

Gli asini domestici che oggi conosciamo discendono dall’asino selvatico africano (Equus africanus), e in particolare da una sottospecie caratteristica della Nubia, una regione collocata tra gli odierni Egitto e Sudan. La diffusione in Europa e in Asia non ha confuso le solide linee evolutive che da qualche millennio hanno continuato a modificarsi, arrivando fino ai giorni nostri. Attualmente gli asini selvatici viventi sono pochissimi, e si trovano quasi tutti nelle zone aride del Corno d’Africa, dove rischiano l’estinzione a causa della siccità e della caccia. La sopravvivenza di questa specie dipende quasi interamente dal legame con gli esseri umani. In particolare con le persone che preferiscono vivere a ritmi più simili a quelli degli asini, assaporando il piacere della lentezza, anziché la frenesia della vita moderna. Forse anche da questo bisogno dipende il fatto che negli ultimi dieci anni il numero di asini in Italia è pressoché raddoppiato.

Gianluca Dotti
Giornalista scientifico freelance e divulgatore, si occupa di ricerca, salute e tecnologia. Classe 1988, dopo la laurea magistrale in Fisica della materia all’università di Modena e Reggio Emilia ottiene due master in comunicazione della scienza, alla Sissa di Trieste e a Ferrara. Libero professionista dal 2014 e giornalista pubblicista dal 2015, ha tra le collaborazioni Wired Italia, Radio24, StartupItalia, Festival della Comunicazione, Business Insider Italia, Forbes Italia, OggiScienza e Youris. Su Twitter è @undotti, su Instagram @dotti.it.
share