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Biodegradabili e attivati dalla luce: le nuove sfide dei dispositivi per il rilascio controllato dei medicinali

Un gruppo di ricercatori negli Stati Uniti sta lavorando a un dispositivo per somministrare i farmaci davvero innovativo: può essere controllato dall’esterno del corpo con facilità e dopo l’uso viene assorbito dall’organismo.

In un articolo pubblicato l’8 marzo 2023 sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), alcuni scienziati della Northwestern University di Evanston negli Stati Uniti, in collaborazione con altri ricercatori, hanno presentato un dispositivo molto evoluto che rilascia i farmaci in modo controllato. Dai risultati dei primi esperimenti condotti con animali di laboratorio, se ne prospetta l’utilizzo in futuro in diverse condizioni, per esempio per alleviare il dolore su richiesta programmando la somministrazione dei medicinali.

Un passo avanti

Miniaturizzato, capace di autoalimentarsi, controllabile dall’esterno grazie a una sorgente luminosa e bio-riassorbibile, in quanto dissolto dal corpo dopo il trattamento, sono le proprietà del dispositivo del tutto inedite per il settore. Motivo per cui potremmo essere dinanzi a una vera e propria svolta in medicina. Grazie a queste caratteristiche, il sistema potrebbe infatti essere utilizzato per trattare diversi problemi di salute.

Prima di continuare, però, è necessario precisare che esistono già da tempo sistemi impiantabili per la somministrazione a lento rilascio di farmaci. Questi trovano largo impiego in patologie come tumori, diabete e dolore cronico, ma presentano diversi limiti tecnologici che ne rendono complessa l’adozione. Quelli cosiddetti passivi consentono la distribuzione graduale dei farmaci e non necessitano di essere rimossi al termine del trattamento. Tuttavia non possono essere controllati, cioè attivati, inattivati o regolati nell’erogazione dagli utenti, siano essi i medici, gli infermieri o i pazienti. I sistemi cosiddetti attivi consentono invece il rilascio programmabile dei farmaci ma, avendo bisogno di componenti elettroniche e di una fonte di alimentazione, devono essere rimossi al termine della terapia con un nuovo intervento chirurgico dopo quello per l’impianto. Il nuovo dispositivo è quindi una delle proposte più concrete sviluppate finora per provare a superare queste complicazioni.

Identikit di un concentrato di tecnologia

A differenza dei suoi predecessori che dovevano essere rimossi con un’operazione chirurgica, il sistema viene riassorbito dall’organismo una volta esaurita la sua funzione. Può inoltre liberare all’occorrenza le dosi necessarie. In che modo? Il dispositivo è composto da tre diversi serbatoi di medicinale, ciascuno controllato da un fototransistor e un filtro ottico. È sufficiente porre sulla superficie della pelle, dove è impiantato il dispositivo, una fonte di luce LED a tre diverse lunghezze d’onda, ognuna delle quali innesca il rilascio dal serbatoio che le corrisponde. Gli scienziati chiamano questo meccanismo “a saracinesca”, perché diversi e specifici fasci di luce agiscono ciascuno da “chiave” per la “serratura” del serbatoio associato.

I primi risultati e le prospettive

Per validare il prototipo i ricercatori hanno riempito i piccoli serbatoi con la lidocaina, un farmaco comunemente usato come anestetico locale, e hanno osservato come veniva rilasciata in ratti di laboratorio. Il dispositivo era posizionato in corrispondenza del nervo sciatico dei ratti e regolato illuminando la pelle con la luce LED. Non solo gli animali hanno mostrato sollievo dagli stimoli dolorosi provocati la diffusione del farmaco, ma è stato anche possibile fornire più o meno sollievo dal dolore cambiando le lunghezze d’onda della luce. Se i risultati ottenuti saranno validati in studi clinici, questa nuova tecnologia potrebbe essere usata per gestire il dolore anche negli esseri umani.

Ma c’è di più. Dal punto di vista del dosaggio ogni dispositivo potrebbe essere programmato su misura per ciascun paziente, e potrebbe inoltre veicolare più tipi di farmaci da somministrare. Inoltre secondo gli studiosi si potrebbe aumentare il numero di serbatoi e LED, arrivando a controllare in modo indipendente fino a una trentina di principi attivi. In futuro versioni più elaborate avrebbero così un alto potenziale d’impiego in generale nei trattamenti di malattie croniche e nella somministrazione di cocktail di farmaci.

A quando l’applicazione?

Sebbene questi primi risultati siano molto promettenti, è comunque presto per pensare di avere subito a disposizione un dispositivo di questo tipo per uso umano. Al momento il gruppo che ha lavorato allo sviluppo del prototipo sta svolgendo esami preclinici con animali di laboratorio per verificarne la biocompatibilità e la sicurezza. Solo quando saranno validati tutti questi aspetti, si potrà procedere con la sperimentazione clinica negli esseri umani e quindi con la commercializzazione del prodotto. Insomma, prima di poter utilizzare questo dispositivo così innovativo, ci sarà da attendere ancora un po’.

Alice Pace
Giornalista scientifica freelance specializzata in salute e tecnologia, anche grazie a una laurea in Chimica e tecnologia farmaceutiche e un dottorato in nanotecnologie applicate alla medicina. Si è formata grazie a un master in giornalismo scientifico presso la Scuola superiore di studi avanzati di Trieste e una borsa di studio presso la Harvard Medical School di Boston. Su Instagram e su Twitter è @helixpis.
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