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Fiumi di farmaci

L’inquinamento farmaceutico è una minaccia globale per la salute degli esseri umani e dell’ambiente. Un ampio studio i cui risultati sono stati pubblicati il 14 febbraio scorso sulla rivista Pnas ha valutato il livello e l’impatto di queste sostanze nei corsi d’acqua di tutto il mondo.

Ogni volta che mangiamo e beviamo qualcosa potremmo letteralmente stare assumendo una piccola dose di un cocktail di farmaci, formato da antibiotici, comuni antidolorifici, antistaminici, prodotti per tenere sotto controllo problemi metabolici e così via.

Da qualche decennio è noto, infatti, che i farmaci che assumiamo rappresentano, oltre che un importante presidio per la nostra salute, anche una fonte non trascurabile di inquinamento ambientale, in grado di contaminare la catena alimentare. Dopo i primi studi degli anni Ottanta e Novanta, le indagini sempre più approfondite condotte in seguito nel territorio europeo e americano ci hanno permesso di farci un’idea delle dimensioni del problema.

Dati sui fiumi di tutto il mondo

Uno studio recente, condotto da un nutrito gruppo di scienziati distribuiti in molte parti del mondo e i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PNAS il 14 febbraio 2022, contribuisce ad arricchire il quadro di una situazione che si conferma decisamente critica. I ricercatori sono partiti dalla considerazione che, benché il problema dell’inquinamento farmaceutico fosse ampiamente noto, i dati relativi alle acque dei fiumi lasciavano fino a oggi ampie aree scoperte, poiché erano concentrati soprattutto nel Nord America e in Europa occidentale. Era dunque impossibile avere un quadro d’insieme scientificamente fondato.

Lo studio in questione provvede a colmare questa lacuna presentando dati provenienti da 1.052 siti di campionamento situati lungo 258 fiumi in 104 Paesi di tutti i continenti (fra i quali anche 36 Paesi mai studiati in precedenza per questo aspetto). Consente dunque di avere un’idea della cosiddetta “impronta farmaceutica” nelle acque utilizzate da circa 471,4 milioni di persone in tutto il mondo. In particolare la ricerca si è focalizzata su 61 principi attivi di origine farmaceutica di cui è stata verificata la presenza nelle acque fluviali.

Per l’Italia è stato preso in esame il fiume Tevere, mentre in passato indagini dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri si erano soffermate sulla contaminazione da farmaci dei fiumi della provincia di Milano (con esiti poco rassicuranti). Un altro aspetto interessante dello studio appena pubblicato è che consente un più agevole e attendibile confronto dei dati di zone diverse, perché il metodo di analisi è omogeneo in tutti i luoghi interessati dal progetto. La ricerca si inquadra nell’ambito di un piano ancora più ampio, coordinato dall’Università di York, e denominato “Global Monitoring of Pharmaceuticals Project. Scopo del progetto è monitorare la presenza di principi attivi farmaceutici nell’ambiente in molte parti del mondo. In questo caso la ricerca si è focalizzata sulle acque dei fiumi.

Un pericolo per tutti, ma soprattutto per i Paesi più poveri

Gli esiti dello studio sono decisamente preoccupanti: circa un quarto delle località prese in esame risulta a rischio per la salute umana o per l’impatto ambientale o per entrambi gli aspetti. Dallo studio emergono anche scoraggianti considerazioni riguardo al tema delle disuguaglianze sanitarie: siamo ancora molto lontani dalle pari opportunità nella tutela del benessere psicofisico delle diverse popolazioni mondiali. Le aree dove l’impatto su salute umana e ambiente è risultato più pesante sono quelle dell’Africa subsahariana, dell’Asia meridionale e del Sud America, in particolar modo in zone a reddito medio-basso, dove le infrastrutture deputate alla gestione delle acque reflue e dei rifiuti farmaceutici sono meno presenti. Emerge, quindi, ancora una volta il legame tra benessere economico da un lato e tutela della salute e salvaguardia ambientale dall’altro.

Il triste primato per la concentrazione di sostanze più alta spetta al sito del Rio Seke a La Paz, in Bolivia, mentre il maggior numero di sostanze presenti (34) è stato riscontrato nel fiume Kai Tak a Hong Kong.

Le sostanze rilevate più di frequente nello studio sono state la carbamazepina, usata soprattutto nella terapia dell’epilessia per tenere sotto controllo le convulsioni, la metformina, un farmaco utilizzato nel trattamento del diabete, e la caffeina. Non tutte le sostanze hanno, peraltro, la stessa probabilità di raggiungere l’ambiente e di permanervi, poiché alcune, sebbene molto adoperate, si degradano più rapidamente di altre.

Usare i farmaci in modo responsabile

In circa un quarto dei siti di campionamento è stata rilevata per almeno una sostanza una concentrazione maggiore di quella considerata sicura per gli organismi acquatici, un dato preoccupante anche per la potenzialità di tali sostanze di determinare resistenza antimicrobica, cioè la capacità degli organismi di resistere ai trattamenti antimicrobici come gli antibiotici.

La resistenza antimicrobica è una seria minaccia per la salute, perché mette in pericolo la possibilità di continuare a trattare con successo molte infezioni. Un uso improprio degli antibiotici era più comune in passato, ma è diffuso ancora oggi, anche nell’ambito della zootecnia, settore oggetto di apposite direttive sotto la guida dell’Efsa, l’autorità europea che si occupa di sicurezza alimentare. Uno smaltimento inadeguato di tutti i farmaci, antibiotici inclusi, incrementa notevolmente il rischio che le sostanze raggiungano l’ambiente, determinando una contaminazione che può durare molto a lungo. Gli esperti sottolineano che sia anche necessario diffondere presso la popolazione generale una nuova cultura relativa all’uso responsabile dei farmaci. Ciò comprende, fra l’altro, la consapevolezza necessaria a prevenire l’acquisto di confezioni inutili e destinate a scadere e la conoscenza delle norme per il corretto smaltimento dei farmaci negli appositi contenitori, che di solito sono situati nei pressi delle farmacie.

Anna Rita Longo
Insegnante e dottoressa di ricerca, membro del board dell’associazione professionale di comunicatori della scienza SWIM (Science Writers in Italy), socia emerita del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), collabora con riviste e pubblicazioni a carattere scientifico e culturale.
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