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Che cos’è il fuoco di Sant’Antonio?

Il suo nome scientifico è Herpes zoster e ha molto in comune con la varicella. Vediamo di cosa si tratta, quando si manifesta, come si cura e si previene.

Il termine fuoco di Sant’Antonio, il nome comune dell’Herpes zoster, evoca il bruciore e il dolore tipici di questa malattia. L’origine del nome popolare sarebbe, secondo la tradizione, nelle ustioni che Antonio abate riportava in seguito agli scontri con il demonio nel deserto. Nella speranza di guarire, un tempo molti si rivolgevano, appunto, al santo eremita. Oggi sappiamo che il fuoco di Sant’Antonio è una malattia infettiva molto diffusa e che può essere anche parecchio dolorosa, sebbene in alcune persone causi soprattutto un senso di fastidio. Scopriamo insieme quali sono le sue cause e le sue caratteristiche.

Come si manifesta l’Herpes zoster

L’infezione si manifesta di solito con un’eruzione cutanea dalla forma di una placca infiammatoria, ricoperta da piccole vescicole pruriginose dal contenuto liquido. L’eruzione, in genere accompagnata da una sensazione di dolore o bruciore, può interessare qualsiasi parte del corpo. Di solito compare, in forma di striscia, su un solo lato del torace o dell’addome, tipicamente seguendo il percorso del nervo sottostante. In genere i sintomi durano da due a quattro settimane, durante le quali possono periodicamente comparire nuove vescicolette. In seguito queste si seccano e si ricoprono di crosticine che possono, in alcuni casi, lasciare delle cicatrici sulla pelle.

In alcune persone l’Herpes zoster si manifesta con un dolore molto forte, ma senza la caratteristica eruzione in forma di vescicolette (è il caso del cosiddetto zoster sine herpete) e tra i sintomi possono comparire anche senso di affaticamento, intorpidimento o formicolio a una parte del corpo, prurito, mal di testa, dolori muscolari, febbre, sensazione di fastidio al tatto e alla luce.

Cosa provoca questo disturbo

L’agente patogeno che causa la malattia è un virus che fa parte della vasta famiglia degli Herpesviridae. Questo nome contiene nella propria radice le parole greche che fanno riferimento allo “strisciare” e al “serpente”, per via dell’andamento serpeggiante e tortuoso di alcune tra le eruzioni causate dagli herpesvirus. Più nello specifico, a causare l’Herpes zoster è il virus varicella-zoster (o herpesvirus umano 3), il cui nome, derivato sempre dal greco, fa riferimento alla struttura localizzata, talvolta in forma di cintura, che l’eruzione tende ad assumere. Herpes zoster, dal nome dell’agente patogeno, è quindi il termine più tecnico e preciso che si usa in ambito medico-sanitario per indicare questa infezione.

Il virus varicella-zoster è chiamato così perché causa, prevalentemente nei bambini, la varicella. Si tratta di una malattia esantematica che al primo contatto tra virus e ospite si manifesta nella sua forma acuta primaria. Nel nostro Paese è oggi meno comune di un tempo, grazie alla diffusione del vaccino in età infantile. Nelle persone che hanno avuto la varicella, il virus non viene eliminato dopo la guarigione, ma rimane latente, spesso per tutta la vita, nelle cellule dei gangli delle radici nervose spinali. In una percentuale dei casi pari a circa il dieci per cento delle persone contagiate, e con maggiore frequenza dopo i 50 anni o in situazioni di compromissione del sistema immunitario, il virus varicella-zoster riemerge sotto forma di Herpes zoster, scatenando la sintomatologia descritta sopra.

Non si sa di preciso se l’Herpes zoster possa essere contagioso per persone che non albergano già il virus in corpo. In genere il rischio è basso, ma aumenta per i bambini che non sono mai entrati a contatto con il virus o non sono mai stati vaccinati.  Il contagio scatenerebbe, però, la forma primaria dell’infezione, ovvero la varicella, e non il fuoco di Sant’Antonio, il quale a sua volta potrebbe riemergere in seguito.

Di solito il medico esegue la diagnosi attraverso la valutazione clinica sulla base di segni e sintomi, mentre specifici esami di conferma vengono riservati ai casi dubbi.

Le complicazioni

A un Herpes zoster possono seguire una serie di complicazioni, più frequenti nelle persone anziane o immunocompromesse. Alcune di esse, come l’encefalite, possono essere anche molto pericolose.

Tra le complicazioni più diffuse vi è una specifica forma di nevralgia, chiamata non a caso post-erpetica. Di solito passa nell’arco di qualche mese, ma talvolta è permanente e ne soffre, secondo le stime, almeno una persona su cinque tra coloro che hanno avuto l’Herpes zoster dopo i 50 anni. Le eruzioni di Herpes zoster localizzate in prossimità dell’occhio o dell’orecchio possono essere anche molto gravi e portare alla perdita della vista o dell’udito nella parte colpita. Altre complicazioni includono la paralisi dei nervi facciali, l’infezione batterica delle vescicole, che può causare febbre alta, cicatrici e alterazioni permanenti della parte di pelle coperta dalle lesioni, e una condizione neurologica chiamata mielite trasversa. Una terapia specifica iniziata con tempestività è particolarmente importante per evitare le gravi conseguenze di alcune delle complicazioni citate.

Terapia e prevenzione

L’Herpes zoster non può essere eliminato, ma può essere curato con specifici farmaci antivirali. Per ottenere la massima efficacia, la terapia deve essere iniziata non oltre le 72 ore dalla comparsa dell’eruzione. Per ridurre i sintomi, si utilizzano anche farmaci antidolorifici e antinfiammatori.

Per la prevenzione dell’Herpes zoster, è possibile vaccinarsi con un nuovo vaccino ricombinante, che ha dimostrato di avere un’efficacia e una sicurezza molto alte, conferendo una protezione di lunga durata. In Italia, al momento, è raccomandato e offerto gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale a tutte le persone dai 65 anni in su o ai soggetti ad aumentato rischio.

Anna Rita Longo
Insegnante e dottoressa di ricerca, membro del board dell’associazione professionale di comunicatori della scienza SWIM (Science Writers in Italy), socia emerita del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), collabora con riviste e pubblicazioni a carattere scientifico e culturale.
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