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Cinque tecnologie per la medicina ispirate alla natura

Dalle zampe del geco alla supercolla, dagli aghi del porcospino a strumenti chirurgici, ma non solo. Ecco come forme, materiali e abilità degli animali ispirano gli scienziati nello sviluppo di strumenti hi-tech.

Quando devono escogitare una soluzione per un problema complesso, scienziati e ingegneri spesso vanno in cerca di ispirazione osservando la natura, per prendere spunto dalle strategie adoperate dagli organismi nel superamento di ostacoli simili. Questo modo di procedere ha dato vita a un ambito di ricerca molto produttivo, la cosiddetta biomimetica (detta anche biomimesi, bioispirazione o bionica). Gli studiosi che si dedicano a questo campo, combinando biologia e ingegneria alle altre discipline, propongono innovazioni prendendo spunto da ambienti naturali, piante e animali.

Il campo medico sta beneficiando in modo particolare del design ispirato alla natura, grazie ad alcune tecnologie che promettono di rivoluzionare il tradizionale modo di procedere nella cura di malattie. Ne abbiamo individuate cinque tra le più innovative e curiose.

L’adesivo chirurgico ispirato alle zampe del geco

Osservare un geco arrampicarsi agevolmente su qualsiasi superficie e restare anche, con disinvoltura, a testa in giù può suscitare meraviglia. Il merito è soprattutto delle sue zampe e in particolare delle piccole dita ricoperte di lamelle che conferiscono un aspetto grinzoso ai polpastrelli, come si può osservare anche a occhio nudo. Al microscopio queste lamelle si rivelano ricoperte di tantissimi minuscoli peli, cruciali alla capacità del geco di arrampicarsi ovunque. Infatti, tra questi peletti e le superfici percorse dal geco si sviluppano le cosiddette forze di van der Waals, che permettono all’animale di restare saldamente appeso quando è fermo e di spostarsi variando l’angolo di contatto tra le dita e la superficie, annullando così le forze attrattive.

Questo prodigio della natura ha offerto ispirazione all’ingegnere biomedico di Harvard, Jeffrey Karp. In collaborazione con Robert Langer, del MIT, Karp ha pensato di applicare il principio di funzionamento delle zampe del geco a un sistema di bendaggio adesivo chirurgico biodegradabile, in grado di offrire un’alternativa a punti di sutura e graffette (i quali, talvolta, possono danneggiare delicati tessuti interni) in caso di interventi complessi e delicati, come quelli di bypass gastrico.

Gli strumenti chirurgici ispirati all’istrice

Tra le altre possibili innovazioni ispirate alla natura elaborate da un altro gruppo di ricerca (assieme al sopraccitato Jeffrey Karp), ce ne sono alcune che prendono a modello gli aculei dell’istrice nordamericano. È noto che l’incontro con questo scenografico roditore può essere molto spiacevole, per esempio per un cane che lo abbia disturbato. Gli aculei sono molto difficili da rimuovere a causa della struttura microscopica dell’estremità, la punta, che contiene barbigli rivolti nella direzione opposta a quella della punta stessa. I barbigli facilitano la penetrazione degli aculei nei tessuti e allo stesso tempo ne rendono molto difficile l’estrazione.

Queste caratteristiche possono essere molto utili da sfruttare per strumenti dei quali si vuole minimizzare la forza in entrata (evitando di creare danni) e massimizzare l’adesione. È il caso di graffette o adesivi chirurgici, oppure di strumenti usati per introdurre elementi all’interno di vasi sanguigni o piccole cavità, come avviene per il drenaggio di ascessi, per l’anestesia locale e in molte altre situazioni.

I biosensori ispirati ai colori degli animali

Alcuni animali presentano meravigliose colorazioni, dovute a meccanismi ed elementi diversi tra loro, molti dei quali sono stati indagati da scienziati e bioingegneri fino a mettere in evidenza le peculiarità delle nanostrutture e il loro modo di interagire con la luce.

Un gruppo di ricerca delle Università del Surrey e del Sussex ha tratto ispirazione da queste strategie naturali per elaborare, con il grafene, cristalli fotonici in grado di rivelare modificazioni della luce, della temperatura, degli aspetti chimici e così via. Queste ricerche potranno essere utili per creare sensori intelligenti, in grado per esempio di rilevare la presenza di virus e batteri e monitorare l’igiene e la sicurezza. Oppure potranno servire a mettere a punto strategie più efficaci per diagnosticare malattie o, ancora, per migliorare le prestazioni di strumenti e materiali.

Materiali biomedici ispirati alla madreperla

Lo strato interno che ricopre la conchiglia dei molluschi, la madreperla, ha catturato l’attenzione di alcuni ricercatori della University College London che ne hanno approfondito le proprietà. Si tratta di un materiale con una struttura che si può definire “ibrida”, in quanto costituita per il 95 per cento da componenti duri (l’aragonite, una forma cristallina del carbonato di calcio) e per il 5 per cento da elementi organici più elastici e morbidi (proteine e polisaccaridi).

Alla madreperla si stanno ispirando diversi scienziati per sviluppare materiali simili all’osso da usare per innesti (per esempio dentali) o per sostituzioni ossee.

La “pillola” di monitoraggio ispirata al pesce palla

I pesci palla, che appartengono alla famiglia Tetraodontidae dell’ordine Tetraodontiformes, sono noti (oltre che per il loro potente veleno neurotossico) per la capacità di gonfiarsi quando avvertono un pericolo, aumentando notevolmente le loro dimensioni. A questa caratteristica si è ispirato un gruppo di ricerca del Massachusetts Institute of Technology  per la messa a punto di uno strumento di monitoraggio gastrico in idrogel.

In genere per monitorare le pareti dello stomaco (per esempio in caso di ulcere e tumori) si usano strumenti in plastica, metallo, silicio o ceramica, e le procedure sono piuttosto invasive. L’idrogel offre, invece, il vantaggio di una maggiore biocompatibilità e di una minor invasività. La “pillola” di idrogel ispirata al pesce palla verrebbe infatti semplicemente ingerita dal paziente e, una volta raggiunto lo stomaco, potrebbe gonfiarsi proprio come fa il pesce, trasformandosi in una morbida sfera che può essere mantenuta in sede per un tempo relativamente lungo ed essere impiegata per il monitoraggio di diverse malattie.

Anna Rita Longo
Insegnante e dottoressa di ricerca, membro del board dell’associazione professionale di comunicatori della scienza SWIM (Science Writers in Italy), socia emerita del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), collabora con riviste e pubblicazioni a carattere scientifico e culturale.
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