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Storia della medicina – Paracelso, il medico alchimista padre della tossicologia

L’alchimista svizzero è stato un pioniere dell’uso degli elementi chimici nelle terapie ma, da uomo del Cinquecento, era interessato anche a magia, superstizione e misticismo.

“Io vi dico che i peli del mio mento ne sanno più di voi e di tutti i vostri autori; le fibbie delle mie scarpe sono più dotte di Galeno e d’Avicenna, e la mia barba ha più esperienza di tutte le vostre Università!” Basta qualche frase tratta dal libro di Paracelso Septem defensiones del 1538, per farci intuire la particolarità del personaggio. Ma chi era Paracelso e a cosa è dovuta la sua fama?

Uno strano dottore

Molti dettagli della vita di Paracelso sono sconosciuti o dibattuti, altri sono frutto di leggende. Nacque nel 1493 o nel 1494 in un villaggio vicino a Einsiedeln, in Svizzera, e fu battezzato come Theophrastus von Hohenheim. Della madre non conosciamo il nome con certezza, ma sappiamo che serviva in un monastero e morì quando Teofrasto era un bambino. Il padre era invece un medico, si chiamava Wilhelm Bombast von Hohenheim ed era un discendente illegittimo di una famiglia nobile. Si occupava in particolare dei lavoratori delle vicine miniere e, in seguito alla morte della moglie, si trasferì a Villach, in Austria, un’altra città mineraria.

Wilhelm fu probabilmente il primo a introdurre Teofrasto alle discipline della filosofia naturale, della medicina e dell’alchimia. Sulla sua educazione successiva abbiamo invece notizie controverse. Quasi certo è che da giovane abbia girato in lungo e in largo per l’Europa in cerca di conoscenza e che a un certo punto abbia cominciato a disprezzare il sapere convenzionale insegnato nelle università. Come scriverà in seguito nelle sue Defensiones: “Le università non insegnano tutto; i medici devono andare a cercare le levatrici, gli zingari, le tribù erranti, i briganti e altri fuorilegge, e informarsi da tutti. Noi dobbiamo scoprire da noi cosa serve alla scienza, viaggiare, correre tante avventure e imparare quello che ci può essere utile lungo la strada”.

Diventare Paracelso

Anche se forse non era laureato, Teofrasto non ebbe problemi a dichiararsi dottore e a essere riconosciuto come tale. Dopo il 1523 lavorò in diverse città tra Austria, Svizzera e Francia. Apprezzato dalle classi più basse, si scontrava regolarmente coi potenti. Nel 1527 venne chiamato a Basilea per un paziente eccellente, un editore di nome Johann Froben con una cancrena a un piede. Nessun medico sapeva come curarlo, tranne Teofrasto che, anche se non sappiamo come, riuscì a farlo stare meglio. Questo evento segnò una svolta nella sua vita: diventò medico di Basilea e iniziò a insegnare all’Università. Ma quello che avrebbe potuto essere il principio di una folgorante carriera, divenne l’inizio della sua rovina.

Aprì le porte delle sue lezioni universitarie a tutti i cittadini, ostinandosi a insegnare in tedesco anziché in latino (era contemporaneo di Lutero, che aveva tradotto la Bibbia in tedesco). Inveiva contro la medicina accademica dell’epoca e bruciò pubblicamente le opere di autorità del passato, tra cui Avicenna e Galeno, in un grande falò la notte di San Giovanni del 1527. Alla fine insultò con un libello i giudici che gli avevano dato torto nella causa contro un paziente che non lo aveva pagato abbastanza.

Dovette lasciare Basilea nel 1528 e andò a Norimberga per pubblicare i suoi testi di medicina. Si interessò alla sifilide, promuovendo l’uso del mercurio come rimedio, al posto del legno di guaiaco, una pianta brasiliana. Entrambe le terapie erano inutili, ma il legno di guaiaco in quel momento era molto redditizio e sponsorizzato dalla famiglia di banchieri Fugger. In risposta alla posizione di Teofrasto, il medico Heinrich Stromer, che era in affari coi Fugger, ottenne un divieto di pubblicazione delle sue opere. Nel 1530 non poté fare altro che iniziare a pubblicare libri di astrologia con lo pseudonimo di Theophrastus Paracelsus. Per lo storico Thony Christie si trattava di un ovvio tentativo di rilanciarsi dopo essersi inimicato tutto il mondo della medicina.

Esistono diverse teorie sull’origine del nome Paracelso. Alcuni pensano che significhi “come e oltre Celso”, riferendosi a un autore romano che aveva compilato un libro di medicina, ma che non venne mai nominato da Teofrasto. Altri credono che derivi semplicemente da una latinizzazione del suo cognome: celsus in latino significa “posizione elevata”. Fino alla fine della sua vita Paracelso continuò a viaggiare, insegnare e curare, pubblicando pochissimi testi di medicina ma molti di astrologia. Morì nel 1541 senza essersi riuscito a introdurre nel dibattito scientifico.

Tra medicina e magia

Ciarlatano, impostore, truffatore, bugiardo, pazzo, ubriacone sono solo alcuni degli aggettivi poco lusinghieri con cui è stato definito. È vero però che, oltre ad attaccare con spropositata violenza il sapere medico accademico, il protagonista di questa storia ha proposto alcune idee innovative per l’epoca.

Allora si credeva che le malattie derivassero da uno sbilanciamento dei quattro umori: bile nera, bile gialla, flemma e sangue. Secondo Paracelso, invece, i nostri corpi erano macchine alchemiche, capaci di trasformare una sostanza in un’altra, proprio come accade nell’Universo. La malattia interveniva quando specifici veleni entravano nel corpo, ma il nostro organismo non riusciva a disfarsene o a trasformarli. Poteva succedere sotto l’influsso delle stelle, ma anche bevendo, respirando e mangiando. Paracelso pensava che con l’arte dell’alchimia sarebbe riuscito a creare farmaci capaci di curare, proprio come gli alchimisti credevano di poter perfezionare la natura attraverso i suoi segreti.

Oltre ai rimedi erboristici tradizionali, Paracelso proponeva di somministrare in piccole dosi sostanze minerali purificate, anche pericolose come il mercurio e l’antimonio. “Tutto è veleno, e nulla esiste senza veleno. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto.” Proprio per questa massima è ritenuto il padre della tossicologia. Oggi infatti sappiamo che l’effetto (desiderabile o no) di una sostanza su un organismo dipende dalla sua quantità o dose.

Il ritorno di Paracelso

La filosofia di Paracelso è molto complessa e quasi incomprensibile per noi del XXI secolo. All’epoca non esisteva ancora la scienza moderna e sarebbe difficile separare il suo pensiero medico dall’astrologia, la religione e persino la magia. A salvarlo dall’oblio, furono i suoi seguaci, chiamati paracelsiani, che, una ventina d’anni dopo la sua morte, pubblicarono i suoi testi rimasti inediti. Nel tempo aumentarono di numero fino a formare un movimento dedito a tramandare e diffondere le sue idee a un pubblico molto più ampio.

Fu inoltre un pioniere nel promuovere l’uso degli oppiacei e raccomandare la pulizia delle ferite per evitare infezioni. Per la sua epoca condusse la migliore descrizione della sifilide e disdegnò le panacee a favore di farmaci specifici. Tra le sue idee, alcune erano in anticipo sui tempi e sono valide ancora oggi, mentre altre non hanno tenuto alla prova degli studi successivi. Paracelso occupa comunque un posto rilevante nella storia della medicina come primo sostenitore della iatrochimica, l’idea cioè di usare la chimica per curare i corpi, uno dei principi alla base della farmacologia moderna.

Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, si è formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrive o ha scritto per le seguenti testate o siti: Il Tascabile, Wonder Why, Aula di Scienze Zanichelli, Chiara.eco, Wired.it, OggiScienza, Le Scienze, Focus, SapereAmbiente, Rivista Micron, Treccani Scuola. Cura la collana di divulgazione scientifica Zanichelli Chiavi di Lettura. Collabora dalla fondazione con Pikaia, il portale dell’evoluzione diretto da Telmo Pievani, dal 2021 ne è il caporedattore.
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