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Così l’umanità addomesticò il pollo

Nuovi dati scientifici riscrivono la storia millenaria di questo volatile, dalle sue origini come animale selvatico nella giungla alla sua domesticazione, prima in Asia e secoli dopo in Europa, in concomitanza con l’espansione dell’Impero romano.

Forse non sapremo mai se sia nato prima l’uovo o la gallina, ma oggi possiamo dire di sapere qualcosa di più dell’antica storia dei polli e soprattutto della loro domesticazione. L’evoluzione del rapporto tra esseri umani e polli è l’oggetto di uno studio condotto da un gruppo internazionale di ricercatori, i cui risultati sono stati pubblicati sulle riviste Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas) e Antiquity a giugno 2022. Per le indagini, i ricercatori hanno usato tecniche di datazione tramite radiocarbonio e hanno inoltre effettuato analisi zoo-archeologiche, linguistiche, genetiche e iconografiche su reperti fossili di più epoche antiche, lungo millenni di storia.

Polli e galline sono allevati e trasportati dagli esseri umani da qualche millennio e di conseguenza le informazioni a disposizione sul suo rapporto con la nostra specie sono molto numerose, anche se la maggior parte di quelle più antiche sono contraddittorie e poco attendibili. Di fatto, le prime testimonianze affidabili risalgono al periodo in cui questi animali avevano già iniziato a convivere stabilmente con le civiltà umane. Tutto ciò che è accaduto prima, quando erano ancora animali selvatici, è invece più difficile da ricostruire.

Le origini del pollo: una storia ricca di incertezze

Ma partiamo dall’inizio. Prima che i risultati di questo studio fossero pubblicati, le più antiche segnalazioni della presenza di polli domestici risalivano al periodo compreso tra 11.000 e 8.000 anni fa in Asia orientale, nel bacino del fiume Giallo. Queste informazioni, tuttavia, sono risultate in contrasto con quanto è emerso dallo studio del clima, della fauna e dei pollini antichi. Secondo tali dati, nel periodo compreso tra 11.000 e 8.000 anni fa non vi sarebbero state condizioni climatiche favorevoli allo sviluppo delle varie specie di Gallus. In effetti i resti galliformi risalenti allo stesso periodo, rinvenuti in altre aree della Cina, a un più attento esame si sono rivelati essere non di pollo, bensì di fagiano.

La scoperta comporta, a cascata, una revisione temporale di tutta la storia della diffusione nel mondo dei polli. Oggi l’ipotesi più largamente condivisa tra gli scienziati colloca i più antichi esemplari addomesticati di questi volatili in corrispondenza dei resti fossili individuati nel villaggio di Ban Non Wat in Thailandia, e quindi non in Cina né in India. Tali resti risalgono a un periodo tra il 1.650 e il 1.250 a.C..

Gli odierni polli e galline deriverebbero principalmente da una sotto-specie di uccelli rossi della giungla (Gallus gallus spadiceus) che nel tempo sarebbero stati addomesticati da popolazioni umane del Sudest asiatico. Questo, almeno, è quanto risulta da studi genetici che hanno messo a confronto oltre 800 genomi di moderni esemplari di Gallus.

Da animali selvatici a domestici

I ricercatori hanno inoltre cercato di capire cosa abbia indotto questi animali selvatici ad avvicinarsi alle popolazioni umane. Ancora una volta si sono valutati non solo reperti archeologici, ma anche dati iconografici e testuali raccolti da fonti varie. L’ipotesi che a oggi sembra essere più convincente è che la coltivazione di cereali ai margini della giungla avrebbe spinto i volatili affamati a uscire dalla boscaglia. Poiché riso e miglio erano infatti già coltivati all’epoca presa in considerazione dallo studio, con tutta probabilità questi uccelli selvatici sono stati attirati dai resti delle coltivazioni lasciate sui campi e possibilmente anche dagli avanzi del cibo utilizzato per l’allevamento dei maiali o di altri animali. Ciò avrebbe permesso ai galli selvatici di evolvere nel tempo nelle galline e nei polli domestici che si trovano ancora oggi, vicino ai contadini, nelle aie di campagna.

All’epoca, tuttavia, questi volatili non venivano mangiati dagli esseri umani. Infatti nei campioni raccolti nei siti archeologici spesso sono stati rinvenuti scheletri interi di pollo, e non fatti a pezzi, accanto a quelli di esseri umani. Da qui è sorta anche l’ipotesi che i nostri antenati attribuissero a questi animali ruoli sacri, per esempio quali accompagnatori nell’aldilà dei loro proprietari.

Diffusi in tutto il mondo, diventano fonte alimentare

Oggi polli e galline sono un cibo insostituibile per molti esseri umani, ma questi animali non avevano tale ruolo quando si diffusero, in tempi e modi variabili, dapprima nel continente asiatico e successivamente nel bacino del Mediterraneo, lungo le rotte marittime di commercianti greci, etruschi e fenici. Le testimonianze si trovano in diversi siti archeologici nei quali polli sono stati rinvenuti in insediamenti umani, durante l’Età del ferro fino al tempo dell’Impero romano, con alcuni esemplari ancora integri a livello scheletrico e anche di età avanzata.

I resti di pollo domestico rinvenuti in Italia non sono mai datati prima dell’Ottavo secolo avanti Cristo. Fino a quell’epoca il pollo era verosimilmente considerato soprattutto un animale esotico da venerare, anche perché gli esemplari erano pochi e di dimensioni ridotte. I commerci all’interno dell’Impero romano in espansione permisero ai polli di arrivare fino alla parte più settentrionale del Vecchio continente, anche se i Britanni, almeno fino al 200 d.C., consideravano contrario alla legge divina mangiare lepri, polli e oche.

Si ritiene che i cambiamenti nella percezione e nell’uso del pollo domestico siano avvenuti nel corso dell’Impero romano, durante il quale questi volatili furono diffusi in tutta Europa. Nelle città si cominciarono a consumare le carni di pollo e le uova di gallina e da allora questi animali sono via via stati utilizzati e considerati principalmente per il loro importante ruolo alimentare. Ancora oggi, a distanza di secoli, il contributo proteico offerto dalla carne di pollo è fondamentale per l’umanità e non solo. I primi polli erano tuttavia rari e dalla lunga vita, mentre oggi la situazione si è capovolta: negli allevamenti intensivi miliardi di questi animali sono allevati in batterie per una crescita rapidissima e una vita assai breve.

Gianluca Dotti
Giornalista scientifico freelance e divulgatore, si occupa di ricerca, salute e tecnologia. Classe 1988, dopo la laurea magistrale in Fisica della materia all’università di Modena e Reggio Emilia ottiene due master in comunicazione della scienza, alla Sissa di Trieste e a Ferrara. Libero professionista dal 2014 e giornalista pubblicista dal 2015, ha tra le collaborazioni Wired Italia, Radio24, StartupItalia, Festival della Comunicazione, Business Insider Italia, Forbes Italia, OggiScienza e Youris. Su Twitter è @undotti, su Instagram @dotti.it.
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