TORNA ALLE NEWS

Inquinanti emergenti nelle acque: quali sono e come possiamo contrastarne l’impatto

inquinanti emergenti

Scopriamo le ultime sostanze annoverate tra gli inquinanti ambientali e quali strategie è possibile mettere in atto per il loro contenimento.

C’è una crescente preoccupazione nel mondo accademico nei confronti dei cosiddetti inquinanti emergenti, dispersi nelle acque superficiali e sotterranee, e del loro possibile impatto sulla salute umana e sugli ecosistemi. Questi inquinanti sono per lo più sostanze chimiche di sintesi o presenti in natura che non sono state finora oggetto di regolamentazione. Non esiste quindi un limite di legge oltre il quale le acque contaminate dagli inquinanti emergenti sono considerate pericolose, come invece accade per le altre sostanze già riconosciute come tossiche sia per gli esseri umani sia per l’ambiente naturale. Questo tipo di inquinanti può provenire dalla dispersione nell’ambiente di prodotti farmaceutici e per la cura della persona, pesticidi, prodotti industriali e domestici: una lista lunga, in continuo aggiornamento.

Quali sono gli inquinanti emergenti

Secondo una nota diffusa dall’UNESCO, molti inquinanti emergenti sarebbero utilizzati e rilasciati continuamente nell’ambiente, anche in quantità molto basse, e alcuni potrebbero causare tossicità croniche, disturbi endocrini negli esseri umani e nella fauna acquatica, e contribuire allo sviluppo di resistenze ai patogeni batterici.

Si tratta di almeno 700 sostanze identificate e ordinate in 20 classi differenti, secondo quanto rilevato dalla rete europea di monitoraggio NORMAN. È possibile che in alcuni casi gli inquinanti emergenti venissero già rilasciati nell’ambiente da tempo, ma la loro scoperta ha dovuto attendere metodi di rilevamento adatti. In altri casi potrebbero essersi formati dalla sintesi di nuove sostanze chimiche o per via di cambiamenti nell’utilizzo o nello smaltimento di quelle esistenti.

La questione Pfas

Tra i più noti inquinanti vi sono metalli pesanti come l’arsenico, il cadmio, il piombo e il mercurio, mentre l’attenzione più di recente si è rivolta ai cosiddetti Pfas (sostanze organiche perfluoroalchiliche) o, ancora, a medicinali e sostanze stupefacenti. Per quanto riguarda i Pfas, sono numerosi gli studi in corso sul loro impatto sulla salute, e alcune indagini stanno già portando a risultati consistenti. Per esempio oggi sappiamo che sostanze di questo tipo sono verosimilmente in grado di interferire con il controllo ormonale del sistema endocrino-riproduttivo umano.

Alcuni inquinanti sono già oggetto in molti Paesi di limitazioni precauzionali, grazie a recenti aggiornamenti dei parametri di legge. È il caso del cromo VI (o esavalente), una delle forme ioniche in cui si trova il metallo in natura, che, se presente in dosi elevate, può risultare altamente tossico. La legge italiana prevedeva un limite complessivo per il cromo di 50 microgrammi per litro, ma il decreto 14/2016 ne ha stabilito uno specifico per il cromo VI di 10 microgrammi per litro, con obbligo di ricerca di questo parametro quando il cromo totale supera lo stesso valore.

Come ridurre la contaminazione dagli inquinanti emergenti

Per ottenere una corretta rimozione degli inquinanti, è necessario innanzitutto che le amministrazioni si dotino di sistemi di gestione delle acque reflue e di potabilizzazione dell’acqua, che siano in grado di filtrare queste sostanze e abbatterle sia a livello fisico che chimico. Si parla dunque di filtrazione su membrana in pressione, in grado di filtrare anche le particelle di dimensioni più piccole (dell’ordine dei nanometri) fino all’osmosi inversa. È possibile utilizzare poi filtri a carbone attivo, in forma granulare o in polvere, mentre i sistemi più avanzati sfruttano l’ossidazione tramite ozono.

I risultati variano in maniera consistente in base al tipo di inquinante e alla sua concentrazione, e non esiste un singolo trattamento che possa rimuovere efficacemente e completamente tutti gli inquinanti in un unico passaggio. Per questo è necessario progettare una filiera di trattamento che comprenda una sequenza di processi selezionati e consideri l’efficacia di ciascuna delle fasi previste.

Rudi Bressa
Giornalista ambientale e scientifico, collabora con varie testate nazionali e internazionali occupandosi di cambiamenti climatici, transizione energetica, economia circolare e conservazione della natura. È membro di Swim (Science writers in Italy) e fa parte del board del Clew Journalism Network. I suoi lavori sono stati supportati dal Journalism Fund e dalI'IJ4EU (Investigative Journalism for Europe).
share