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Vermi mangia-plastica

Gli enzimi intestinali delle larve di un particolare coleottero possono digerire il polistirene che utilizziamo nelle plastiche da imballaggio. E se li usassimo per riciclare i rifiuti?

La plastica è un materiale onnipresente ovunque gli esseri umani vivono e svolgono le loro attività quotidiane, tanto da aver indotto alcuni scienziati a proporre di chiamare “Plasticene” l’epoca nella quale viviamo e che ha avuto inizio negli anni Cinquanta del secolo scorso. La plastica, però, tende a permanere molto a lungo nell’ambiente. Del resto, proprio la durevolezza – insieme alla leggerezza, alla malleabilità e alla versatilità – ha contribuito in misura determinante alla grande diffusione dei materiali plastici, con le pesanti conseguenze ambientali che oggi dobbiamo affrontare.

In una situazione ormai critica, uno spiraglio di cauto ottimismo viene da un recente studio, i cui risultati hanno stimolato i ricercatori coinvolti a immaginare una nuova strategia per biodegradare a basso rischio questi materiali praticamente indistruttibili.

Una larva “di bocca buona”

Nell’articolo pubblicato sulla rivista Microbial Genomics il 9 giugno 2022, un gruppo di scienziati dell’Università del Queensland, in Australia, ha presentato gli esiti di una serie di esperimenti riguardanti il polistirene, una tra le materie plastiche più resistenti alla degradazione, anche chiamato comunemente polistirolo. Protagonista della ricerca è la larva di un coleottero il cui nome scientifico è Zophobas morio, conosciuto in italiano con il nome comune di caimano (o kaimano) e appartenente alla famiglia Tenebrionidae. Le larve di questo insetto, note con il soprannome di “supervermi”, sono piuttosto simili nell’aspetto a quelle che è possibile trovare negli alimenti, ma di dimensioni molto più grandi (5-6 cm), e vengono commercializzate come mangimi per animali o anche come esche per la pesca.

Studi precedenti avevano mostrato la capacità delle larve di caimano di nutrirsi di materie plastiche, polistirolo compreso: capacità che sembrava però svanire quando venivano loro somministrati degli antibiotici, che ne alteravano la flora microbica. Gli scienziati ne avevano dedotto che fosse proprio quest’ultima a permettere alle larve di considerare anche il polistirolo un potenziale alimento, e sono passati a indagarne il microbioma del tratto intestinale.

Nello studio più recente, gli scienziati hanno osservato per tre settimane tre gruppi di supervermi cui sono stati somministrati regimi alimentari differenti: uno alimentato con crusca, uno con polistirolo e uno tenuto a digiuno. Le larve sono state sottoposte a costante monitoraggio per verificare la presenza di eventuale cannibalismo; in particolare, gli individui del gruppo che non ha ricevuto alimenti sono stati tenuti isolati gli uni dagli altri. Il microbioma intestinale degli insetti è stato analizzato con tecniche di metagenomica, che hanno permesso di identificarne tutti i geni e di valutare le differenze di composizione fra i tre gruppi. L’obiettivo era comprendere quali enzimi abbiano un ruolo nella digestione del polistirene.

Il gruppo di ricerca ha osservato che in tutti e tre i gruppi le larve sono state in grado di completare il ciclo vitale e di diventare coleotteri adulti, anche se con delle differenze. Le larve alimentate con la crusca hanno più che raddoppiato il proprio peso nelle tre settimane, hanno raggiunto lo stadio adulto nel 93 per cento dei casi e hanno mantenuto più vario il proprio microbiota intestinale. Le larve a cui è stato offerto come unico cibo il polistirolo hanno cominciato a nutrirsene dopo un paio di giorni, mostrando un aumento di peso ridotto rispetto al gruppo nutrito con la crusca, e quasi il 67 per cento di esse hanno raggiunto lo stadio adulto, contro il 10 per cento delle larve digiune. Questo dimostra che il polistirolo, sebbene rappresenti senz’altro un alimento non ideale per le larve e ne impoverisca il microbiota intestinale, può comunque consentire a questi animali di ricavare l’energia necessaria alla metamorfosi.

Le prospettive future

Come anticipato, non è la prima volta che le ricerche indagano il possibile ruolo degli insetti nel contenimento del problema dei rifiuti plastici. Mentre ci si impegna a tentare di ridurre l’abuso di materiali che, con il loro perdurare nell’ambiente, mettono in serio pericolo la nostra salute e la sopravvivenza degli ecosistemi, studi come questo suggeriscono che è importante concentrarsi sulle caratteristiche del microbioma del tratto digerente di alcune specie di insetti al fine di carpirne i segreti.

Se è difficile immaginare di arruolare un’infinità di supervermi per far loro smaltire tutte le materie plastiche che ci circondano, potrebbe invece essere importantissimo comprendere quali processi biochimici consentano la degradazione di questo materiale per provare a replicarli. Potremmo, quindi, essere sulla via per elaborare nuove strategie di riciclo per rifiuti che hanno un forte impatto ambientale.

Anna Rita Longo
Insegnante e dottoressa di ricerca, membro del board dell’associazione professionale di comunicatori della scienza SWIM (Science Writers in Italy), socia emerita del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), collabora con riviste e pubblicazioni a carattere scientifico e culturale.
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