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L’altro papà della teoria dell’evoluzione: la storia di Alfred Russel Wallace

Wallace e Darwin maturarono indipendentemente l’idea dell’evoluzione per selezione naturale. Di sicuro, però, Wallace è molto meno ricordato di quanto meriterebbe: in occasione del bicentenario dalla nascita raccontiamo la sua storia.

La teoria dell’evoluzione per selezione naturale ha due padri: Charles Darwin e Alfred Russel Wallace. Capita che due scienziati arrivino alle stesse conclusioni indipendentemente, ma, a differenza di altri casi, tra Darwin e Wallace non ci fu mai rivalità, solo reciproca stima e rispetto. Quando Darwin morì, nel 1882, Wallace era tra gli amici che portavano sulle spalle la sua bara.

Ci sono molti motivi per cui Darwin è più famoso, ma anche Wallace è stato un gigante della scienza, e da una ventina d’anni la sua figura sta gradualmente uscendo dall’ombra. Nel 2013 si è celebrato il centenario della sua morte (7 novembre 1913), mentre nel 2023 ricorre il bicentenario della nascita, avvenuta l’8 gennaio 1823. In occasione di questo anniversario, scopriamo la sua storia.

Umili origini

Darwin viveva per il suo lavoro, ma non lavorava per vivere. Questa è forse la differenza principale tra i due naturalisti: Wallace non era infatti nato in una delle famiglie più abbienti dell’Impero britannico. Ottavo di nove figli, proveniva da una famiglia della classe media che si era impoverita a causa di alcuni investimenti sfortunati del padre. Per risparmiare i Wallace si trasferirono da Londra in campagna, a Usk, nel Monmouthshire, dove nacque Alfred. Si spostarono poi a Hertford, nello Hertfordshire, dove abitava la famiglia di origine della madre.

Wallace ricordava l’infanzia come uno dei periodi più felici della sua vita. I soldi erano pochi, ma era comunque riuscito a studiare e a farsi una cultura grazie ai libri del padre, che era diventato nel frattempo bibliotecario della città. Wallace leggeva di tutto, ma soprattutto amava i libri dedicati ai viaggi di esplorazione. E amava vivere in campagna, a contatto con la natura. Sosteneva fosse a casa che ci si istruiva davvero, non a scuola. Darwin e Wallace, pur senza conoscersi, ebbero un’infanzia simile.

Alfred comincia a lavorare

Nel 1837, a 14 anni, il giovane Wallace lasciò la scuola. Come spiega lo storico John van Wyhe, all’epoca era normale interrompere così presto gli studi per i giovani che non sarebbero andati all’università. Il ragazzo doveva guadagnarsi da vivere e la sua istruzione da lì in avanti sarebbe stata soprattutto da autodidatta.

A Londra cominciò a lavorare nell’edilizia con il fratello John. Qui frequentò il London Mechanics’ Institute, una delle prime scuole serali che consentivano agli adulti lavoratori di istruirsi. Dopo pochi mesi, Alfred tornò in campagna a fianco del fratello William, che gli insegnò il mestiere di agrimensore. Alfred approfondì così l’uso delle misure e della matematica per risolvere problemi, e, nel 1844, iniziò a lavorare come maestro di scuola alla Collegiate School di Leicester, che era dotata di una ricca biblioteca. Tra le mani di Wallace passarono gli stessi volumi che formarono il pensiero di Darwin, tra cui i Principi di geologia di Charles Lyell (1830) e il Saggio sul principio di popolazione di Thomas Malthus (1798). Dal primo imparò, tra le altre cose, che le stesse forze che nel passato avevano plasmato i continenti erano ancora in azione mentre Lyell scriveva. Il testo di Malthus, invece, indicava che la crescita della popolazione è limitata e condizionata dalle risorse di volta in volta disponibili nell’ambiente.

Wallace lesse inoltre Vestigia della storia naturale della creazione, pubblicato in forma anonima nel 1844 dall’intellettuale radicale Robert Chambers e liquidato dal mondo scientifico come un trattatello speculativo. Nel testo Chambers ipotizzava che gli organismi non fossero immutabili, ma si modificassero nel tempo. Per Darwin, all’epoca già convinto dell’esistenza dell’evoluzione, il libro ebbe il merito di aprire la strada verso l’accettazione della teoria che avrebbe pubblicato 15 anni più tardi. In Wallace, invece, Chambers instillò il desiderio di scoprire a propria volta il segreto dell’origine delle specie.

Wallace l’esploratore

Nel 1848 Wallace salpò per l’Amazzonia assieme all’amico entomologo Henry Walter Bates, anche lui insegnante a Leicester. Come i naturalisti che ammirava, avrebbe cercato le risposte agli enigmi della vita in un luogo esotico, e avrebbe finanziato il proprio viaggio vendendo animali imbalsamati ai collezionisti in Inghilterra. In parte, il piano funzionò: Wallace esplorò l’Amazzonia per quattro anni. Ma durante il viaggio di ritorno in patria, nel 1852, un incendio distrusse il suo prezioso carico di esemplari e quasi tutti i suoi appunti naturalistici.

Non si perse d’animo. Si stabilì a Londra e partecipò attivamente alla vita intellettuale; pubblicò alcuni articoli e fu ammesso alla Royal Geographical Society. Più deciso che mai a svelare i segreti della vita, nel 1854 salpò di nuovo, questa volta per l’arcipelago malese. Qui diventò uno dei più capaci naturalisti dell’epoca: scoprì molte nuove specie e collezionò oltre 126.000 esemplari. Ma soprattutto concepì i meccanismi alla base dell’evoluzione. Nella sua autobiografia racconta che nella sua mente tutti i pezzi del puzzle erano andati a posto, mentre era in preda a una febbre causata dalla malaria nell’isola di Ternate, nell’odierna Indonesia.

Wallace e Darwin

Wallace scrisse la sua ipotesi nel febbraio del 1858, in un articolo che inviò all’unica persona al mondo già giunta alle sue stesse conclusioni: Charles Darwin. Gli chiese di passarlo allo studioso e amico Charles Lyell, se riteneva che lo scritto fosse meritevole di attenzione. Ecco un breve passaggio: “Un’antilope con zampe più corte o deboli deve necessariamente essere più vulnerabile agli attacchi dei predatori; il piccione migratore con ali meno forti prima o poi incontrerà delle difficoltà nel procurarsi regolarmente il cibo […]. Se, d’altro canto, ogni specie produce anche delle varianti leggermente più abili a sopravvivere, questo nel tempo le porterà inevitabilmente ad acquisire una superiorità numerica”.

Quando Darwin lesse l’articolo, a giugno 1858, capì che non era il solo ad avere concepito l’idea dell’evoluzione per selezione naturale. Scrisse a Lyell: “[…] se Wallace avesse avuto il mio abbozzo manoscritto, redatto nel 1842, non avrebbe potuto farne riassunto migliore!”. Darwin aveva lavorato per più di vent’anni a una teoria monumentale, ma non l’aveva ancora pubblicata. Intanto Wallace, con un manoscritto di poche pagine, aveva delineato il meccanismo principale sul quale la teoria si fondava.

Lyell e l’amico botanico Joseph D. Hooker reputarono che la soluzione migliore fosse una pubblicazione congiunta: il primo luglio 1858 gli estratti di un manoscritto di Darwin del 1844 e l’articolo di Wallace vennero presentati alla Linnean Society e, nell’agosto dello stesso anno, furono dati alle stampe, assieme a un’introduzione di Lyell e Hooker sulla rivista della società.

Wallace si trovava ancora in Malesia, pertanto non poteva essere interpellato, ma in seguito non poté essere più felice di come erano andate le cose. Si scusò addirittura con Darwin, temendo di averlo costretto a divulgare dati non ancora pronti. L’anno successivo Darwin pubblicò L’origine delle specie, un testo rivoluzionario. Wallace tornò in patria nel 1862, perse la piccola fortuna che aveva accumulato come esploratore in investimenti sfortunati e da lì in poi si guadagnò da vivere scrivendo.

Un personaggio dai molti interessi e dalle idee radicali

Wallace fu un appassionato difensore del pensiero darwiniano e fu lui stesso a coniare il termine darwinismo. Ma prima ancora fu uno scienziato e un intellettuale eclettico. Come naturalista è riconosciuto tra i padri della moderna biogeografia, lo studio della distribuzione delle specie, ma nei suoi scritti troviamo anche l’ecologia: per esempio aveva capito che sia la deforestazione sia le specie invasive erano pericoli per gli ecosistemi.

Si occupò persino di astrobiologia: nel testo Is Mars Habitable? (1907) confutò l’idea, allora in voga, che il pianeta Marte potesse essere abitabile. Alla continua ricerca di modi per sbarcare il lunario, nel 1870 accettò anche la scommessa di un terrapiattista dell’epoca: con un esperimento gli dimostrò che – purtroppo per lui – la Terra non era piatta. Seppur dichiarato vincitore, non venne però mai pagato, e il terrapiattista diede il via a una campagna diffamatoria nei suoi confronti.

Wallace ebbe anche idee che andavano contro il consenso scientifico. Come molti intellettuali del tempo (uno per tutti: Arthur Conan Doyle, il padre di Sherlock Holmes), si convinse della realtà “scientifica” dello spiritismo. Inoltre criticò le campagne di vaccinazione contro il vaiolo, che considerava lesive della libertà personale, inique e dannose per la salute. Per questo motivo ancora oggi viene citato dai movimenti antiscientifici che si oppongono alle vaccinazioni.

Per posizioni come queste, e per le sue radicali idee politiche, Wallace venne emarginato dalla cerchia di intellettuali di cui faceva parte, anche se fu proprio grazie anche all’intervento di Darwin e altri colleghi che nel 1881 cominciò a percepire una piccola pensione. Fino alla sua morte affiancò l’attivismo all’attività scientifica, promuovendo il socialismo, il suffragio universale e l’uguaglianza in tutte le sue forme. Fu celebrato in molti scritti e commemorazioni sulla sua vita, ma l’idealismo, la modestia e gli errori non lo aiutarono a essere ricordato a lungo dopo la morte. Per fortuna, anche la storia della scienza è una disciplina in evoluzione.

Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, si è formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrive o ha scritto per le seguenti testate o siti: Il Tascabile, Wonder Why, Aula di Scienze Zanichelli, Chiara.eco, Wired.it, OggiScienza, Le Scienze, Focus, SapereAmbiente, Rivista Micron, Treccani Scuola. Cura la collana di divulgazione scientifica Zanichelli Chiavi di Lettura. Collabora dalla fondazione con Pikaia, il portale dell’evoluzione diretto da Telmo Pievani, dal 2021 ne è il caporedattore.
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