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Proteggersi dal fumo in un mondo che brucia

Con l’aumento del numero di incendi nel mondo, in seguito ai cambiamenti climatici, potrebbero aumentare anche gli effetti del particolato presenti nel fumo sulla salute umana. Mentre la comunità scientifica cerca di comprenderne i rischi, noi dovremmo imparare a proteggerci il più possibile.

Gli effetti del fumo provocato dagli incendi sulla salute umana sono ancora da comprendere appieno, ma non si possono sottovalutare. In Europa la siccità del 2022, una delle più gravi degli ultimi 500 anni, ha preparato il terreno per lo scoppio di grossi incendi, come quelli avvenuti di recente in diverse regioni in Italia, dalla Lombardia alla Sicilia, ma anche in Francia e in Grecia. Oltreoceano, centinaia di incendi si sono sviluppati in Canada a partire da maggio 2023. Un fenomeno frequente sulla costa canadese occidentale nei mesi estivi, che però quest’anno ha coinvolto soprattutto la zona orientale. I fuochi inoltre sono iniziati prima del solito e con una frequenza più alta del 20 per cento rispetto alla media degli ultimi 10 anni. I fumi sviluppati dalle combustioni hanno superato i confini e sono entrati negli Stati Uniti, raggiungendo anche i ripidi tetti di Manhattan. Con il diffondersi di dense nubi arancioni si sono sollevati anche numerosi dubbi sul loro effetto sulla salute umana e sul modo in cui possiamo proteggerci.

Negli ultimi anni sono stati condotti diversi studi sulle conseguenze a breve termine dell’esposizione a particelle presenti nei fumi incendiari, mentre sono ancora carenti quelli sul lungo periodo. A giugno 2023, un gruppo di ricerca internazionale ha pubblicato sul Journal of Hazardous Materials i risultati dello studio più ampio mai realizzato finora sui rischi a lungo termine per la salute umana.

Fine e grossolano

Ogni giorno, a seconda di dove ci troviamo, siamo esposti a diverse quantità di particelle presenti nell’aria, rilasciate dai processi naturali e industriali, dai mezzi di trasporto o dai sistemi di riscaldamento degli edifici. In gergo si parla di particolato, dall’inglese particulate matter (PM), suddiviso in alcune categorie in base alle dimensioni. Il particolato grossolano ha un diametro di circa 10 micrometri, e comprende sostanze come i pollini, la polvere e in generale molte particelle di origine naturale; il particolato fine non supera i 2,5 micrometri di diametro e include sostanze di origine industriale e incendiaria. Proprio per le dimensioni più piccole, quest’ultimo comporta i principali rischi per la salute. Penetrando infatti nelle più piccole cavità dei polmoni e talvolta nel circolo sanguigno, il particolato fine può favorire l’insorgenza di problemi cardiaci e respiratori. Tra queste particelle, quelle prodotte da incendi sembrano essere tra le più dannose. A causa della loro struttura chimica, costituita da percentuali più alte di gruppi carbonilici, possono portare alla formazione di radicali liberi nelle cellule, che inducono infiammazione e stress ossidativo, a loro volta capaci di contribuire a diverse patologie croniche, tra cui quelle tumorali. Nel 2021, i risultati di uno studio svolto all’Università della California a San Diego, pubblicati sulla rivista Nature Communications, ha mostrato gli effetti a breve termine sulla salute umana della dispersione dei fumi degli incendi avvenuti in California tra il 1999 e il 2012. Nei giorni immediatamente successivi agli incendi, gli effetti sulla salute sono stati fino a 10 volte più gravi rispetto a quelli provocati da altri particolati fini ambientali, e hanno portato a un maggiore numero di ospedalizzazioni per complicazioni respiratorie.

Subito dopo l’incendio

Inspirare il particolato prodotto da una combustione nei 2-3 giorni successivi a un incendio sarebbe associato a un incremento del rischio di mortalità per tutte le cause, comprese quelle cardiovascolari e soprattutto respiratorie, secondo i risultati di un’indagine pubblicata su Lancet Planetary Health. L’analisi è stata condotta in quasi 750 città e 43 Paesi, monitorando l’andamento dei decessi legati alle particelle dei fumi da incendio dal 2000 al 2016. Francia, Italia e Germania sono i Paesi dove è maggiore il rischio di morire a causa dei particolati fini degli incendi. Nella popolazione generale, la percentuale dei decessi legati al particolato fine da combustione sul totale delle morti in Italia è dello 0,3 per cento, più alta che in Germania e in Francia dove si assesta attorno allo 0,13 per cento. In altri Paesi, come la Thailandia e il Guatemala, questi numeri raggiungono persino il 3 e il 2,3 per cento rispettivamente.

Esposizione bassa, ma continuativa

Con l’intensificarsi degli incendi, diventa importante comprendere le conseguenze sulla salute umana anche sul lungo periodo, ovvero gli effetti di un’esposizione ai particolati fini in prevalenza bassa ma continuativa nel tempo. Nell’articolo di giugno 2023 citato in apertura, sono stati analizzati dati relativi a parametri clinici e comportamentali, provenienti dal database UK Biobank cohort, di quasi mezzo milione di persone tra i 38 e i 73 anni che hanno vissuto nel Regno Unito nel periodo tra il 2004 e il 2010. Il gruppo di ricerca ha osservato che un’esposizione di 3 anni ai particolati fini degli incendi aumenta dello 0,4 per cento la mortalità per tutte le cause e dello 0,5 per cento quella per cancro. Gli scienziati non hanno invece riscontrato una crescita statisticamente significativa dei decessi legati nello specifico a complicazioni respiratorie, cardiovascolari e a disturbi mentali, suggerendo come queste associazioni debbano essere ancora approfondite.

Limiti e prospettive

Anche se queste percentuali possono sembrare basse e quindi non allarmanti, ci sono alcuni aspetti da considerare. Prima di tutto, il campione studiato non comprendeva le fasce della popolazione più giovani e anziane. Bambini e persone avanti con l’età potrebbero essere più fragili e subire danni maggiori dall’esposizione. L’analisi peraltro ha considerato solo un numero limitato di patologie e ha ignorato l’effetto combinato del particolato legato agli incendi e di quello ambientale di altro tipo. Inoltre questi dati raccontano gli effetti del particolato fine sulla salute della popolazione del Regno Unito, che è meno esposta ai fumi di incendi rispetto a quella di altri Paesi. Per fare un esempio, nel 2013, un anno non particolarmente secco, sono stati registrati 16 incendi nel Regno Unito, contro circa 70 in Italia, 125 in Spagna e quasi 360 in Portogallo. Nei Paesi mediterranei, un’analisi simile potrebbe portare a risultati ben diversi. Infine, avendo monitorato il primo decennio degli anni Duemila, lo studio non descrive i rischi attuali legati all’aumento degli incendi negli ultimi anni, anche nel Regno Unito. Queste informazioni potranno essere disponibili solo in futuro, dopo che saranno stati raccolti ed elaborati tutti i dati necessari. Lo studio però rappresenta un primo importante tentativo di valutare le conseguenze a lungo termine dell’esposizione al particolato fine legato agli incendi, con cui si sottolinea la necessità di analizzare la questione in modo più approfondito ed esteso in Europa e nel resto del mondo.

Cosa possiamo fare

Nell’attesa di ulteriori risposte sull’entità e il tipo di rischi e danni per la salute del particolato fine, possiamo comunque iniziare ad adoperare alcuni accorgimenti per proteggerci quando ci troviamo in prossimità di incendi, o, pur essendo distanti, entriamo in contatto con i loro fumi. Innanzitutto occorre controllare la qualità dell’aria sui bollettini regionali o sulle applicazioni per il telefono, per comprendere quando è necessario prendere delle precauzioni. Di conseguenza possiamo decidere di limitare le uscite ed evitare le attività sportive all’aperto oppure valutare di indossare una mascherina FFP2 (o N95), facendo attenzione che copra naso e bocca e rimanga aderente al volto, per schermare la quasi totalità dei particolati grossolani e parte di quelli fini. Nella propria abitazione, invece, potrebbe essere utile investire in un efficace purificatore d’aria. Sia in casa sia fuori, è sempre importante porre particolare attenzione alle persone fragili, i bambini e gli anziani.

Camilla Fiz
Comunicatrice della scienza, ha terminato il master in comunicazione della scienza alla SISSA di Trieste, dopo una formazione in biotecnologie molecolari all’Università degli studi di Torino e in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi della stessa città. Oggi si occupa della realizzazione e revisione di testi sui temi di salute e ricerca biomedica per Fondazione AIRC.
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