TORNA ALLE NEWS

Varianti geniche e consumo di tabacco e alcol: a che punto siamo con la ricerca?

Circa 3.500 variazioni di DNA sembrano essere legate alla predisposizione al consumo di alcol e al fumo. Lo dimostrano i risultati, da poco pubblicati sulla rivista Nature, di un recente studio condotto su 3,4 milioni di campioni di individui provenienti da gran parte del mondo.

La quantità di bevande alcoliche consumate in una settimana, il numero di sigarette fumate in un giorno, l’età del primo (o dell’ultimo) tiro di sigaretta sono comportamenti su cui molti pensano di esercitare assoluto controllo. Ma forse non è proprio così, perché tra i fattori coinvolti in queste abitudini potrebbero avere un peso notevole anche alcuni fattori genetici. Stando ai risultati di uno studio, pubblicati sulla rivista Nature il 7 dicembre 2022, circa 3.500 variazioni del DNA sembrano essere associate a questi comportamenti ripetuti. I risultati derivano dall’analisi delle abitudini e del genoma di 3,4 milioni di persone in Europa, Africa, Asia dell’Est e America, con un 21 per cento di campioni di origine non europea.

Le dimensioni – del campione – contano

Da molti anni anche nel mondo della ricerca ci si interroga su una possibile predisposizione genetica al consumo di alcol e di nicotina, ma mai, fino a questo studio, i campioni analizzati avevano rappresentato una popolazione così ampia e varia. In passato infatti numerose indagini hanno studiato il genoma di appena qualche migliaio di individui, quasi solo di paesi occidentali e di origine europea, a causa della maggiore disponibilità di dati di popolazioni di queste aree. Questo limitava però la solidità e affidabilità statistica delle ricerche e impediva di effettuare un’analisi trasversale per valutare il modo in cui diversi geni possono influire in diverse popolazioni umane. L’ampiezza del campione è inoltre particolarmente importante per questo tipo di studi, poiché facilita il compito di rintracciare delle ricorrenze rare all’interno della popolazione. Il nostro genoma è infatti composto da oltre 3 miliardi di basi e circa 23.000 geni: identificare la corrispondenza di una o più parti con uno specifico comportamento è molto più difficile che trovare un ago in un pagliaio.

I ricercatori dello studio hanno potuto utilizzare il Genome-Wide Association Study (GWAS), un sistema computerizzato con cui è possibile individuare correlazioni statistiche tra centinaia di migliaia di variazioni genetiche e uno specifico tratto o malattia. Dopo aver ottenuto le informazioni contenute in diverse collezioni di dati, gli scienziati hanno identificato diversi parametri per stabilire, per ciascun individuo il grado di abitudine e dipendenza dall’alcol e nicotina. Tra questi: la quantità di bevande alcoliche consumate in una settimana, quando si è iniziato a fumare con regolarità, il numero di sigarette consumate in un giorno e l’età alla quale si è eventualmente smesso di fumare. Escludendo chi non fa uso di queste sostanze e dividendo i campioni di DNA sulla base di ciascun parametro, i ricercatori hanno ristretto gradualmente il campo di azione. Il percorso è stato lungo e tortuoso, ma alla fine è stato possibile associare i comportamenti a variazioni di specifici geni.

Nel cuore dell’indagine

Al termine dell’indagine, circa 3.500 varianti genomiche – le sequenze di DNA diverse rispetto al resto della popolazione – sono state ricollegate a una manciata di geni sospetti. Chiamati ad alta priorità, sono principalmente coinvolti nello scambio di informazioni all’interno del sistema nervoso e al circuito della dipendenza.

Nei campioni dei consumatori abituali di sigarette, per esempio, sono ricorrenti le variazioni di CACNA1B, un gene che controlla il rilascio di neurotrasmettitori dai neuroni, che è coinvolto nel metabolismo della cocaina e che risulta anche associato a un’aumentata aggressività e vigilanza, nonché a una ridotta capacità esplorativa. A un elevato consumo di alcolici sono invece associate le varianti del gene ECE2, coinvolto nello sviluppo della corteccia cerebrale e nei processi di trasmissione del dolore.

I ricercatori hanno quindi provato a verificare se il sistema potesse anche aiutare a formulare previsioni sul futuro delle persone con tali abitudini. Hanno per questo integrato le informazioni sulle correlazioni genetiche con fattori comportamentali, ambientali e socioeconomici, questa volta però basandosi su dati ottenuti da individui di origine unicamente europea. Ne è risultato che la presenza di geni legati al consumo abituale di tabacco è associata a comportamenti di dipendenza, a situazioni economiche svantaggiate e a diagnosi di patologie polmonari. I geni legati al numero di sigarette quotidiane e dell’abbandono del fumo sono invece correlati a problemi respiratori e cardiovascolari. Infine, è stata individuata una forte associazione tra geni connessi al numero di drink a settimana e problemi comportamentali legati all’alcol.

Prevedere la probabilità di una dipendenza per la salute di tutti

Questo studio apre la strada a ulteriori indagini sulla prevedibilità di alcuni comportamenti in base alla presenza di varianti geniche. In futuro saranno necessarie analisi con campioni ancora più ampi di individui e studi sempre più interdisciplinari e complessi per confermare e approfondire i risultati ottenuti. Per esempio sarà importante stabilire quanto ciascuna variante è in grado influenzare il rischio di sviluppare le dipendenze. Ma interpretare le correlazioni tra geni e comportamenti è molto complesso ed è facile incorrere in distorsioni ed errori. Le conseguenze di tali interpretazioni possono peraltro essere problematiche, poiché si prestano a usi potenzialmente discriminatori delle informazioni. Senza considerare che le abitudini al fumo e alla nicotina sono il prodotto della combinazione di diversi fattori, non solo genetici, bensì anche ambientali e comportamentali, e ancora non sappiamo se vi sia un fattore prevalente sugli altri.

Al netto di tutti i limiti, questo tipo di indagini è di primaria importanza in un’ottica di prevenzione dalle dipendenze. Alcol e fumo continuano a essere tra i principali responsabili di disturbi psicologici, malattie cardiovascolari, respiratorie e oncologiche, oltre che di immensi costi sociali e di salute pubblica. Il fumo uccide la metà circa dei suoi consumatori, mentre l’alcol è responsabile del 7,7 per cento delle morti globali maschili e del 2,6 per cento di quelle femminili. Oltre a compromettere la salute, anche l’impronta ambientale dei loro sistemi di produzione, soprattutto del tabacco, è devastante in termini di emissioni di CO2, sfruttamento delle risorse naturali, deforestazione e violazione dei diritti civili. Identificare e assistere in anticipo le persone predisposte al consumo eccessivo di alcol e tabacco potrebbe portare quindi a risparmiare vite, a ridurre la spesa sanitaria e anche ad alleggerire il nostro impatto sull’ambiente.

Camilla Fiz
Comunicatrice della scienza, ha terminato il master in comunicazione della scienza alla SISSA di Trieste, dopo una formazione in biotecnologie molecolari all’Università degli studi di Torino e in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi della stessa città. Oggi si occupa della realizzazione e revisione di testi sui temi di salute e ricerca biomedica per Fondazione AIRC.
share