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Quando la radio fa bene alla salute

Quando ancora Internet non era stato inventato, la radio è stata usata per insegnare in remoto durante le epidemie di polio del secolo scorso. In seguito, ha avuto un ruolo importante nelle campagne in numerosi Paesi africani per proteggere la vita dei più piccoli da malattie come la malaria e la polmonite. In occasione della Giornata mondiale dedicata alla radio, celebriamo questo canale di comunicazione che si è dimostrato utile in numerose emergenze umanitarie.

La radio ha cambiato per sempre la nostra società e con i suoi tre miliardi di ascoltatori è ancora uno dei principali mezzi di comunicazione di massa. Ma, dopo i primi quarant’anni di internet, la creatura di Guglielmo Marconi potrebbe apparire un po’ superata agli occhi di qualcuno.

Forse anche per questo nel 2012 L’UNESCO ha istituito, per il 13 febbraio di ogni anno, il World Radio Day, con lo scopo di celebrare il ruolo che la radio svolge come mezzo di comunicazione universale e per promuovere la libertà di espressione e il diritto all’informazione. La radio infatti può raggiungere un vasto pubblico in modo rapido ed efficiente, ed è spesso utilizzata come strumento per promuovere la libertà di espressione e il dialogo interculturale. Ma la storia ci insegna anche che questo mezzo può essere un buon alleato della salute pubblica – a patto che, come per tutti i mass media, il suo uso sia regolamentato a tutela della collettività.

Quando la didattica a distanza si faceva in radio

Durante l’epidemia di polio che colpì Chicago nel 1937, la radio fu utilizzata per la didattica a distanza. Era la fine dell’estate e le autorità cittadine avevano deciso di rimandare la riapertura degli istituti. Allora non esisteva ancora un vaccino che proteggesse dalla malattia, che è molto contagiosa e pericolosa soprattutto per bambini e ragazzi. La chiusura temporanea delle scuole, anche per altri contagi, non era inusuale prima dell’introduzione delle vaccinazioni di massa che hanno ridotto l’impatto delle malattie infettive. In quell’occasione, Chicago decise però di usare le trasmissioni radio per continuare a garantire l’insegnamento agli alunni costretti a casa.

Non era il primo caso di didattica a distanza via radio: in quegli anni di grande espansione del mezzo, i programmi educativi radiofonici erano piuttosto frequenti e spesso l’apparecchio era ascoltato in classe. Tuttavia, l’esempio di Chicago è stato ricordato in occasione della pandemia di Covid-19 come celebre esperimento di didattica a distanza su larga scala in risposta a un’emergenza sanitaria. Si stima che dal 13 settembre 1937 a Chicago circa 315.000 studenti di elementari e medie si siano sintonizzati sulle frequenze di alcune radio locali, dove hanno seguito i programmi che gli insegnanti e alcuni esperti avevano realizzato per loro. Allora come nel 2020-21, la didattica a distanza non ha sostituito l’insegnamento tradizionale e i risultati sono stati piuttosto vari a seconda del contesto e delle premesse. Ha sicuramente aiutato a non interrompere del tutto l’esperienza scolastica in condizioni di emergenza e a contenere la diffusione di una grave infezione in molti casi letale.

Radio e disastri naturali

Nel corso dell’emergenza Covid-19 non abbiamo mai avuto problemi a ricevere informazioni sulla pandemia. Molti pensano, anzi, di essere stati esposti a un eccesso di notizie. In altre situazioni critiche, al contrario, anche le informazioni più importanti faticano a circolare, perché mancano le infrastrutture per comunicare in modo adeguato (o perché colpite dall’emergenza stessa o perché non disponibili dal principio). In questi casi la radio, capace di trasmettere in modo rapido e semplice attraverso grandi distanze, può fare la differenza tra la vita e la morte.

Secondo gli studiosi si tratta di uno strumento indispensabile nei disastri naturali, anche per diffondere informazioni sulla salute. Per esempio, quando nel 2013 il tifone Haiyan colpì il Sudest asiatico, la radio fu utilizzata per fornire consigli pratici e promuovere l’automedicazione dei sopravvissuti. Le trasmissioni informavano anche su dove reperire articoli di prima necessità, come coperte e kit igienici, su come bollire l’acqua per evitare le infezioni e su come riconoscere i sintomi e prevenire malattie specifiche come la dengue e la leptospirosi. La radio fu usata inoltre per informare sulla disponibilità di servizi medici, come ospedali e unità mediche temporanee.

Qualcosa di simile è avvenuto anche in occasione di molti altri disastri naturali, come nella recente alluvione in Pakistan dell’estate 2022. Un altro vantaggio della radio in questi frangenti è che può essere usata per comunicare con una vasta fetta della popolazione, anche con chi non sa – o non sa ancora – leggere e con chi, pur non essendo analfabeta, non ha accesso a Internet.

Radio e prevenzione

Non c’è però bisogno di un disastro naturale per capire il valore umanitario della radio. In Burkina Faso, dal 2012 al 2015, sette piccole stazioni con una portata di 50 km hanno trasmesso una campagna rivolta a genitori e tutori di bambini sotto i cinque anni. La campagna li informava su cosa fare in presenza di sintomi per tre delle principali cause di morte infantile in quel Paese: malaria, diarrea, polmoniti.

Nei luoghi in cui la campagna radiofonica è stata trasmessa il numero di consulti medici per i bambini presso i centri sanitari primari è aumentato moltissimo. Lo afferma uno studio i cui risultati sono stati pubblicati nel 2018, in cui sono stati confrontati i dati raccolti nell’area raggiunta dalle stazioni con quelli delle zone coperte da altre 7 stazioni radio di controllo, che non avevano diffuso il messaggio. Secondo le analisi statistiche effettuate dai ricercatori, si stima che la trasmissione abbia salvato circa 3.000 bambini. Nelle zone rurali del Burkina Faso la radio era in pratica l’unico mezzo di comunicazione di massa presente, e questo ha reso possibile condurre l’esperimento. La radio è però molto importante anche in altre zone dell’Africa e da tempo gli esperti hanno imparato a sfruttarla per diffondere informazioni utili per la salute.

Quando la radio era l’ultima frontiera delle “fake news”

L’esperimento sul Burkina Faso dimostra attraverso i numeri una verità intuitiva: i mass media possono davvero influenzare il comportamento delle persone – sia in senso positivo sia negativo. I messaggi trasmessi via radio oggi godono di massima fiducia, ma non è sempre stato così. Un esempio istruttivo viene dagli Stati Uniti, dove un secolo fa cominciarono a diffondersi le stazioni radio commerciali, e non c’erano ancora regole che proteggessero i cittadini dai loro utilizzi inappropriati.

I ciarlatani capirono in fretta le potenzialità del nuovo mezzo, una frontiera vergine ancora priva di confini. Il più famoso di tutti è stato John R. Brinkley (1885-1942), un telegrafista che cominciò a spacciarsi per medico. Tra le altre cose, Brinkley affermava di poter curare l’impotenza trapiantando testicoli di capra: l’intervento era inutile e pericoloso, ma all’epoca il Viagra non esisteva e il pubblico non poteva capire facilmente che Brinkley era un truffatore.

Quando non poté più usare i giornali, per via delle proteste delle associazioni mediche, Brinkley cominciò a farsi pubblicità in radio, e nel 1923 comprò in Kansas la stazione KFKB. Grazie alla radio, la fama e gli affari del falso medico crebbero molto, e in fretta. Nel 1927 gli Stati Uniti istituirono la Federal Radio Commission, la prima agenzia del Paese a occuparsi di regolamentare il mezzo, e i nodi cominciarono a venire al pettine. Nel 1930 le trasmissioni di Brinkley furono dichiarate fuorilegge. Per aggirare i regolamenti, il truffatore si trasferì in Texas e da qui, usando il telefono, inviava i suoi programmi radio a un potentissimo trasmettitore costruito in Messico, puntato però verso gli Stati Uniti. Ancora ricco e popolare, usò la radio anche per promuovere la propria candidatura a governatore del Kansas, per fortuna senza successo. Poi nel 1938 perse la causa per diffamazione che aveva intentato contro Morris Fishbain, un vero medico che lo aveva smascherato e che da anni raccontava al pubblico le sue imprese truffaldine. Dopo quella sentenza Brinkley diventò un ciarlatano anche agli occhi della legge, fu sommerso di cause legali e dichiarò bancarotta.

Nel momento in cui la radio è entrata nelle nostre case, la società ha cominciato a adattarsi al nuovo mezzo, sperimentando nel bene e nel male tutti i suoi usi. Qualcuno temeva addirittura che questa potente tecnologia fosse troppo pericolosa per essere messa a disposizione di tutti, ma alla fine i Paesi democratici hanno affrontato il problema attraverso leggi e regolamenti che tutelano la collettività e che sono ancora oggi in vigore ed evoluzione.

Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, si è formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrive o ha scritto per le seguenti testate o siti: Il Tascabile, Wonder Why, Aula di Scienze Zanichelli, Chiara.eco, Wired.it, OggiScienza, Le Scienze, Focus, SapereAmbiente, Rivista Micron, Treccani Scuola. Cura la collana di divulgazione scientifica Zanichelli Chiavi di Lettura. Collabora dalla fondazione con Pikaia, il portale dell’evoluzione diretto da Telmo Pievani, dal 2021 ne è il caporedattore.
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