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Una bussola per orientarsi tra le vitamine

Quante vitamine ci servono per stare bene? E dinanzi a questa parola, pensi a un frutto o a una bustina da sciogliere in acqua? Se sono bastate due domande per metterti dubbi ecco una serie di spunti per vederci un po’ più chiaro.

 

Collezionale tutte: è un po’ questa la sensazione che si ha digitando vitamine su un motore di ricerca, data l’offerta sterminata che sembra esistere sul mercato. Flaconi su flaconi di integratori in compresse, capsule, fiale e persino sotto forma di caramelle gommose di tutti i colori. Le versioni vanno dai mix, i cosiddetti multivitaminici, a quelle singole, una lettera alla volta, dalla vitamina A fino alla K. Stando alle dichiarazioni sulle confezioni e nelle pubblicità, dovremmo farne incetta per la nostra salute, per esempio per rafforzare le difese immunitarie, preservare la vista, contrastare la stanchezza e avere più energia e concentrazione. E anche per puntare a capelli più folti, unghie più resistenti, una pelle migliorata e così via.

È un sistema che di certo non gira a vuoto: il mercato globale degli integratori alimentari è in crescita costante da almeno qualche decennio, insieme all’uso di questi prodotti da parte delle persone, con l’Italia tra i primi posti. Al di là del business e della pubblicità vale però la pena ricordare che le vitamine esistono soprattutto al di fuori dei flaconi, in natura, e che fanno parte della nostra alimentazione, a patto che portiamo in tavola frutta e verdura fresche, cereali integrali e legumi, dato che queste sono le fonti maggiori. Ecco alcune informazioni da conoscere, per essere un po’ più consapevoli sul nostro “alfabeto” di nutrienti e, perché no, anche per risparmiare.

 

Che cosa sono le vitamine? E a cosa servono?

Le vitamine sono sostanze indispensabili affinché il nostro corpo possa svilupparsi e mantenersi in salute. Fanno parte, assieme alla maggioranza dei minerali (come iodio, ferro, zinco), dei cosiddetti micronutrienti, tanto importanti quanto i macronutrienti (carboidrati, proteine e grassi), ma dei quali abbiamo bisogno in dosi molto più contenute. Ne conosciamo, e il nostro organismo ne utilizza, un totale di 13. Dal punto di vista chimico sono un gruppo molto eterogeneo di sostanze, che possiamo però classificare in due macrocategorie: le vitamine idrosolubili e quelle liposolubili. Le prime, come vitamina C e vitamine del complesso B (per esempio le vitamine B6, B12 e B9, meglio nota come acido folico), devono sciogliersi in acqua per poter essere assorbite e impiegate dai tessuti, non possono quindi essere immagazzinate. Questo significa che, se non utilizzata, qualsiasi vitamina di questo gruppo viene eliminata (principalmente con l’urina). Le vitamine liposolubili, quindi vitamina A, vitamina D, vitamina E e vitamina K, si dissolvono invece nei grassi e tendono a essere accumulate nel corpo.

Le attività fisiologiche a cui le vitamine prendono parte sono estremamente varie. Giocano un ruolo rilevante in molti processi del metabolismo e della costruzione e rigenerazione dei tessuti come ossa, pelle, muscoli, tendini e nervi. Sono necessarie nella produzione di molecole come neurotrasmettitori e ormoni. Influiscono sulla regolazione del sistema immunitario. Ma questi sono soltanto alcuni esempi delle loro principali proprietà. Livelli bassi di un tipo di vitamina possono determinare disturbi specifici: per esempio, lo scorbuto nel caso di una carenza di vitamina C, un’anemia da mancanza di B12, difetti alla vista in seguito a una bassa quantità di vitamina A, così come disturbi a carico del sistema nervoso e una ridotta capacità di prevenzione di molteplici malattie tra cui anche i tumori.

Malgrado siano necessarie per far funzionare il corpo, possono essere prodotte solo in minima parte dal nostro organismo e derivano per la quasi totalità dal cibo che mangiamo: sta a noi, quindi, assumere le vitamine attraverso l’alimentazione. Salvo qualche eccezione, per esempio la vitamina D e la vitamina K, che siamo in grado di produrre almeno in parte attraverso processi endogeni.

 

Quando (davvero) non basta

Per la maggioranza delle vitamine gli scienziati hanno stabilito la quantità giornaliera necessaria a mantenere un buono stato di salute ed è su questi valori di riferimento che sono elaborate le raccomandazioni nutrizionali. Chi segue un regime alimentare che prevede molta verdura, frutta, cereali (meglio se integrali), legumi, un adeguato apporto di proteine e di grassi salutari, come la dieta mediterranea, dovrebbe essere già “in pari” con la stragrande maggioranza dei nutrienti essenziali per rimanere in salute, vitamine incluse. E se è vero che esistono cibi più ricchi di altri in vitamine, è vero anche che nessuno le contiene tutte. Anche per questo occorre fare attenzione alla varietà oltre che alla quantità: evitare di mangiare, insomma, sempre le stesse cose puntando semmai a coprire tutto lo spettro di colori che la natura ci offre. I colori dei vegetali sono infatti uno degli indicatori della presenza di vitamine diverse.

Purtroppo però non tutte le persone possono avere accesso a un’alimentazione salutare, per motivi geografici, economici, sociali e culturali. Anche chi ne avrebbe tutte le possibilità, spesso non si alimenta in modo adeguato. Inoltre i livelli vitaminici raccomandati sono tarati sulle persone sane, ma diversi tipi di malattie possono causare problemi di vario tipo. Per esempio, chi convive con una malattia come la fibrosi cistica o vari tipi di malassorbimento, come quello causato dalla colite ulcerosa, può non assorbire parte delle vitamine necessarie e chi assume farmaci che interferiscono con l’assimilazione delle vitamine può incorrere in particolari carenze. O anche chi sta attraversando una fase fisiologica specifica della vita, come la gravidanza o la vecchiaia, potrebbe avere esigenze particolari. È in questi casi che possono rivestire un ruolo importante i supplementi, quelli che comunemente chiamiamo integratori alimentari, fonti concentrate di nutrienti che possono essere efficaci in caso di carenze specifiche nel colmare le lacune nutrizionali della dieta o dell’assorbimento.

Ecco alcuni esempi di pratiche sostenute da solide evidenze scientifiche. Nelle aree con alti tassi di insicurezza alimentare, dove la carenza di vitamina A può essere un’insidia anche per la salute pubblica (soprattutto in Africa e nel Sud-Est asiatico), è raccomandata la supplementazione nella prima infanzia. A livello globale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda a tutte le donne nei primi mesi di gravidanza e, ancor meglio, a partire da qualche mese prima del concepimento, l’integrazione di acido folico, il cui fabbisogno nel corso della gestazione aumenta e che è fondamentale in per il corretto sviluppo del feto. Non è raro che vengano prescritti integratori anche nella fase dell’allattamento. Chi si attiene a un’alimentazione vegetariana o vegana può invece aver bisogno di integrare la vitamina B12, poiché questa si trova quasi esclusivamente negli alimenti di origine animale. Succede, inoltre, che si consiglino integratori di micronutrienti alle persone anziane.

Sono scarse invece le evidenze di benefici quando i supplementi vitaminici vengono assunti da persone che non hanno problemi di salute, già seguono un’alimentazione adeguata e non presentano alcun deficit di micronutrienti. Gli integratori, in poche parole, non migliorano lo stato di salute di chi è già sano, e chi non li usa non mette a rischio il proprio benessere. Per tale categoria di persone rappresentano uno spreco di denaro, se non di salute, poiché anche queste sostanze possono dare effetti collaterali nonché di accumulo. Non solo: supplementi e integratori non fanno parte della categoria dei farmaci, perciò non passano attraverso le rigorose sperimentazioni cliniche e le approvazioni da parte degli enti regolatori che garantiscono sicurezza ed efficacia, oltre al controllo del loro contenuto.

 

Forchetta batte pillola

Gli integratori possono sostituire frutta e verdura per chi ne mangia poca? La risposta è no: gli integratori non possono subentrare al posto di un’alimentazione varia ed equilibrata e di uno stile di vita sano. Confezioni spesso coloratissime e la tentazione di assicurarsi qualche vitamina in più con un paio di pillole ne catalizzano certo il consumo ma, come riportano le “Linee guida per una sana alimentazione” promosse dal Ministero della Salute, nessuno studio ha dimostrato che la somministrazione dei singoli componenti sotto forma di integratori possa dare quegli effetti benefici che sono invece associati all’assunzione delle quantità consigliate di frutta e verdura.

Ciò che portiamo in tavola è in effetti un mix di nutrienti che aiuta a preservare la nostra salute soprattutto in virtù dell’azione congiunta e sinergica delle componenti. I meccanismi di queste sinergie sono lungi dall’essere conosciute completamente, ma è dimostrato che quando tali componenti vengono assunte in maniera isolata e in forma diversa dall’originale vegetale, come appunto in quella concentrata degli integratori, l’assorbimento non è garantito e le azioni protettive spesso vengono meno. A testimonianza del fatto che, sempre riprendendo le linee guida, l’insieme vale di più rispetto alla semplice somma delle singole sostanze e che nessun prodotto commerciale può fungere da scorciatoia.

 

Quando è troppo è troppo

I supplementi vitaminici sono venduti praticamente ovunque, dalle farmacie ai supermercati ai negozi per sportivi, solo per fare qualche esempio. La pubblicità li promuove dando loro un’“aura” da prodotti di origine naturale, anche se gran parte delle vitamine che si trovano nei flaconi sono prodotti di sintesi, e benefici, così che ha reso molto diffusi atteggiamenti del tipo “male non può fare” e “più ne prendo meglio è”. Invece per questi prodotti non va mai sottovalutato il rischio di sforare le massime dosi di vitamine raccomandate, il cosiddetto livello massimo tollerabile, anche in ragione della composizione concentrata propria degli integratori. Se infatti certi quantitativi di vitamine sono estremamente difficili, se non impossibili, da raggiungere con il cibo, non è così quando si tratta di mandar giù qualche pillola; peccato che anche queste sostanze possano dare tossicità e che un apporto spropositato possa provocare effetti nocivi.

Le ipervitaminosi, i disturbi dovuti a un consumo eccessivo di vitamine, riguardano più di frequente quelle liposolubili A, D, E e K, che possono accumularsi nel fegato e nel tessuto adiposo. I disturbi si manifestano con sintomi che variano in base al tipo e possono avere conseguenze anche molto gravi. Non dimentichiamo quindi di far attenzione alla dose e atteniamoci alle indicazioni del medico.

 

Vitamina ≠ medicina

Pur non trattandosi di “caramelle”, la disciplina degli integratori vitaminici nell’Unione europea rientra in quella degli alimenti. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha stabilito a suo tempo le sostanze utilizzabili come fonti di micronutrienti nei supplementi e la procedura per l’immissione in commercio è davvero molto semplice se paragonata a quella dei medicinali che invece sono sottoposti a un iter di sviluppo e approvazione lungo, che prevede infatti sperimentazioni in cellule in coltura, quindi con animali di laboratorio e infine nei pazienti. Niente di tutto ciò accade per le vitamine e gli integratori, per cui basta la richiesta di iscrizione a un apposito registro presso il Ministero della Salute. Ma è sola responsabilità di chi li produce, li importa o li distribuisce garantire che siano privi di rischi per il consumatore.

Gli integratori, di fatto, non sono farmaci, pertanto per legge non possono fare riferimento a proprietà terapeutiche né essere commercializzati in qualità di prevenzione o di trattamento per qualsivoglia malattia. Se la pubblicità tende a confondere le acque, l’etichetta deve obbligatoriamente informare i consumatori circa le categorie o la natura delle sostanze presenti nel prodotto, il dosaggio giornaliero e ricordare di non eccedere e di non sostituire gli integratori a una dieta bilanciata. Tuttavia, anche per le etichette di questi prodotti, la responsabilità è interamente dei produttori e i controlli sono assai scarsi e limitati.

Spesso però sono altre le forze che entrano in gioco: basti pensare a come nel corso della prima ondata della pandemia di Covid-19, a inizio 2020, la sola eventualità di poter rafforzare le difese immunitarie ha fatto molta presa su una popolazione molto spaventata. Al punto da determinare un’impennata nelle vendite di supplementi in molte parti del mondo, a dispetto dell’evidenza scientifica. Infatti, alla domanda se sia possibile curare o prevenire Covid-19 “facendo il pieno di vitamine” (o di minerali), la risposta è no. Non esistevano allora e non esistono oggi prove sufficienti che assumere integratori alimentari, di qualunque tipo, sia utile contro la malattia, né sul fronte della prevenzione né delle cure, né nel ridurne la gravità. Ciò nonostante, e in particolare in Europa, non ne abbiamo mai consumati così tanti come da allora.

Alice Pace
Giornalista scientifica freelance specializzata in salute e tecnologia, anche grazie a una laurea in Chimica e tecnologia farmaceutiche e un dottorato in nanotecnologie applicate alla medicina. Si è formata grazie a un master in giornalismo scientifico presso la Scuola superiore di studi avanzati di Trieste e una borsa di studio presso la Harvard Medical School di Boston. Su Instagram e su Twitter è @helixpis.
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