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Scoperte serendipiche – Il Pap test di Georgios Papanicolaou

Le ricerche del medico Georgios Papanicolaou erano focalizzate su altro quando si ritrovò a osservare al microscopio cellule anomale in uno striscio prelevato da una donna malata di cancro della cervice uterina. Dobbiamo a questa coincidenza lo sviluppo del celebre esame di screening di popolazione che porta il suo nome e che ha salvato innumerevoli vite umane.

Con la pandemia di Covid-19 è aumentato l’uso di molte parole, tra cui screening. Nel caso della malattia causata dal virus SARS-CoV-2, si è parlato, per esempio, di screening quando si è pensato di ricercare possibili indizi di infezione anche asintomatica nella popolazione apparentemente sana, con l’obiettivo di contenere la diffusione del contagio indirizzando tempestivamente le persone risultate positive all’isolamento e al più idoneo percorso di assistenza.

Screening di diverso tipo sono usati per ridurre l’impatto individuale e sociale di alcune malattie che altrimenti sarebbero molto più diffuse. Il principio è sempre lo stesso: giocare d’anticipo. Il primo test di screening contro il cancro, nonché uno dei più famosi, è stato il Pap test. Semplice, veloce e non invasivo, permette di individuare lesioni precancerose o iniziali del tumore della cervice uterina. Il medico Georgios Papanicolaou lo mise a punto nel lontano 1928, ma ci vollero decenni per arrivare ai primi screening di massa. Ecco com’è andata la vicenda.

Dalla Grecia agli Stati Uniti

Georgios Papanicolaou nacque a Kymi, sull’isola di Eubea (Grecia), nel 1883. Da ragazzo era attratto dalle materie umanistiche; studiò infatti filosofia, lingue e letteratura, oltre a suonare il violino. Il padre Nikolas, però, lo convinse a seguire le sue orme e alla fine Georgios si iscrisse a medicina all’Università di Atene. Dopo la laurea, fu subito reclutato nell’esercito e al momento del congedo, nel 1906, ebbe la possibilità di scegliere se continuare la carriera di medico militare o cominciare a esercitare assieme al padre. Georgios, a dire il vero, preferiva la ricerca scientifica e convinse il riluttante genitore a finanziargli un dottorato in Germania. Qui diventò un abile microscopista ed ebbe il privilegio di lavorare con alcuni dei maggiori scienziati della biologia dell’epoca: Ernst Haeckel, August Weismann e Richard Goldschmidt.

Al ritorno in patria, nel 1910, Georgios incontrò Andromaca Mavroyeni, la colta e sofisticata figlia di un colonnello: i due si innamorarono perdutamente e si sposarono. In Grecia però le opportunità di fare ricerca scarseggiavano. Grazie al suocero, che pagò loro il viaggio, Georgios e Andromaca si trasferirono presto nel Principato di Monaco, dove lui aveva accettato un posto di fisiologo presso il Museo oceanografico. Quell’anno partecipò anche a una delle spedizioni scientifiche organizzate dal principe Alberto I (ne abbiamo già parlato su Wonder Why a proposito della scoperta dell’anafilassi). Nel 1912 tornò in Grecia per la morte della madre, poi dovette rientrare in servizio nell’esercito in seguito allo scoppio della Prima guerra balcanica. Sotto le armi si convinse che solo negli Stati Uniti d’America avrebbe potuto trovare le opportunità che cercava. Questa volta però il colonnello Mavroyeni non si schierò con Georgios e Andromaca, che, quando sbarcarono a New York, nell’ottobre del 1913, avevano 250 dollari in tutto.

Cominciarono a lavorare in un grande magazzino: lei cuciva bottoni, lui vendeva tappeti e, per arrotondare, suonava il violino nei ristoranti. La condizione economica e sociale della coppia migliorò rapidamente quando il genetista Thomas Hunt Morgan (famoso per i suoi studi sui moscerini della frutta) aiutò Georgios a trovare lavoro come tecnico al New York Hospital. Il suo superiore, William Elser, dopo poco tempo lo raccomandò a Charles Stockard, che dirigeva il Dipartimento di anatomia al Cornell Medical College. Andromaca diventò l’assistente del marito e rimase tale per i successivi 47 anni. Era il 1914.

L’invenzione del Pap test

Al College si stavano studiando gli effetti dell’esposizione prolungata all’alcol e negli esperimenti venivano usate delle cavie o porcellini d’India. Papanicolaou cominciò a utilizzare gli stessi animali per indagare la determinazione del sesso e la differenziazione sessuale nella prole di questi roditori. Sospettava che il meccanismo fosse basato, come negli esseri umani, sui cromosomi, ma per averne conferma aveva necessità di osservare delle cellule uovo durante la divisione, subito prima dell’ovulazione. Sembrava tuttavia impossibile stabilire la fase del ciclo sessuale in cui si trovava una cavia. Forse, ipotizzò Papanicolaou, anche loro avevano qualcosa di paragonabile alle mestruazioni, anche se non visibile a occhio nudo.

Con l’aiuto di uno speculum, lo strumento medico con cui si tiene aperto un orifizio, cominciò a prelevare quotidianamente campioni di secrezioni dalla vagina delle cavie per poi osservarli al microscopio. Non trovò tracce di sangue mestruale, ma scoprì che l’aspetto delle cellule cambiava ogni giorno nel corso di un ciclo di circa 15 giorni, e questa evoluzione era correlata ai cambiamenti fisiologici dell’utero durante il ciclo sessuale. In breve, il medico fu in grado di risalire a ogni fase del ciclo solamente osservando lo striscio (smear in inglese) di materiale prelevato dalla vagina degli animali.

Era una scoperta importante perché non riguardava solo i porcellini d’India, ma molti mammiferi, e avrebbe pertanto facilitato il lavoro di ricercatori, medici e allevatori. Papanicolaou se ne rese conto osservando un campione prelevato dalla vagina di sua moglie Andromaca. Quindi, nel 1925, mentre stava approfondendo la correlazione tra il ciclo mestruale e le cellule presenti nelle secrezioni vaginali nel corso di un’indagine sistematica su un gruppo di dipendenti del New York Children Hospital, osservò al microscopio alcune cellule anomale nello striscio prelevato da una donna affetta da un cancro della cervice uterina. Un caso? No: facendo lo stesso esame a donne che avevano già ricevuto la stessa diagnosi trovò le medesime cellule.

Dalla teoria alla pratica

Papanicolaou presentò questi risultati per la prima volta nel 1928 alla Terza conferenza per il miglioramento della razza. La scelta di prendere parte a un’iniziativa che esaltava una pseudoscienza come l’eugenetica è forse da  attribuire al fatto che Charles Stockard, all’epoca il suo superiore, era un attivo sostenitore di queste idee, che allora godevano di un imbarazzante consenso tra gli scienziati americani. In ogni caso, la breve pubblicazione di Papanicolaou risultò, per sua stessa ammissione, lacunosa e poco convincente.

L’esame aveva il potenziale di identificare il cancro nelle fasi precoci e quindi di aumentare le possibilità terapeutiche, ma andava ancora messo a punto e validato in un grande numero di donne. Alcuni anni più tardi Papanicolaou diede il via a un’ampia sperimentazione clinica: dall’ottobre del 1939 tutte le pazienti assistite dal servizio ginecologico dell’ospedale vennero esaminate con il test che da lui prese il nome, il Pap test, che permise di rilevare il cancro, anche in fasi precoci e addirittura precancerose, in molte donne asintomatiche, per le quali non c’era alcun sospetto della malattia. I risultati dello studio furono pubblicati nel 1941 in un articolo firmato assieme al patologo Herbert F. Traut, il suo nuovo superiore.

Questa volta il suo lavoro non passò inosservato e a partire dagli anni Cinquanta cominciarono negli Stati Uniti i primi programmi di screening di massa.

Il Pap test ha fornito un contributo fondamentale alla riduzione della mortalità per tumore della cervice uterina e continua a essere usato, spesso affiancato da un altro esame di screening (il HPV-DNA test) che ricerca il DNA del papilloma virus umano, la principale causa di questo tipo di tumore.

Nonostante le candidature, Papanicolaou non è mai stato insignito del premio Nobel. Gli onori, però, non sono mancati. Morì nel 1962, poco prima di prendere servizio al Cancer Research Institute di Miami come direttore. Andromaca morirà vent’anni più tardi, continuando a coltivare la memoria del dottor Pap e dei traguardi ai quali anche lei aveva contribuito.

Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, si è formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrive o ha scritto per le seguenti testate o siti: Il Tascabile, Wonder Why, Aula di Scienze Zanichelli, Chiara.eco, Wired.it, OggiScienza, Le Scienze, Focus, SapereAmbiente, Rivista Micron, Treccani Scuola. Cura la collana di divulgazione scientifica Zanichelli Chiavi di Lettura. Collabora dalla fondazione con Pikaia, il portale dell’evoluzione diretto da Telmo Pievani, dal 2021 ne è il caporedattore.
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