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Una “controfigura” robot per il nostro cuore

Un gruppo di ricercatori del MIT di Boston ha dimostrato che la soft robotics può aiutare a sviluppare modelli artificiali del cuore con cui simulare in laboratorio alcuni dei più diffusi problemi cardiovascolari.

Se potessimo osservare nel dettaglio il nostro cuore, noteremmo che in ciascuno di noi batte un organo leggermente diverso per forma e dimensione. Per chi vive con una malattia cardiaca, poi, le differenze possono essere ancora più pronunciate, in quanto il muscolo e i vasi, nel tentativo di compensare le funzioni compromesse, alterano il proprio carico di lavoro e la propria struttura. Proprio per chi ha una patologia di questo tipo, i trattamenti farmacologici e i delicati interventi chirurgici necessari potrebbero essere non del tutto efficaci. Una delle ragioni può risiedere nel fatto che tali farmaci e interventi sono stati messi a punto considerando i valori fisiologici, biochimici e anatomici medi di una popolazione: valori potenzialmente molto diversi dalle specifiche caratteristiche di ciascun paziente.

È quindi in direzione di una medicina più precisa e potenzialmente inclusiva, che si stanno sviluppando modelli con cui riprodurre aspetti delle malattie cardiache anche personalizzati, ovvero costruiti su misura.

L’ultima frontiera

Il gruppo di ingegneri del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston si è posto l’obiettivo di fornire ai medici un cuore robotico, costruito sulle caratteristiche ed esigenze di singoli pazienti. Morbido e flessibile, è un prototipo della cosiddetta “soft robotics”, la disciplina che realizza dispositivi robotici del tutto privi di giunture rigide e che perciò possono deformarsi integralmente.

L’attività del dispositivo robotico può essere modulata e controllata, per provare a imitare la capacità di pompaggio del sangue di un paziente (in gergo, emodinamica). Il cuore artificiale così sviluppato può essere utilizzato quale strumento in grado di aiutare i medici, che possono così scegliere i trattamenti farmacologici o chirurgici per la struttura e la funzione specifica di ogni individuo, ed eventualmente adattarli. La realizzazione dei prototipi e i primi test sono al centro di un articolo pubblicato il 22 febbraio 2023 sulla rivista Science Robotics.

Da cuore (vero) a cuore (artificiale)

La prima parte del progetto ha avuto luogo subito prima e durante il primo lockdown dovuto all’emergenza Covid-19, all’inizio del 2020. Come ha reso noto il primo autore dell’articolo, l’italiano Luca Rosalia, la nascita del primo prototipo è avvenuta nella sua stanza, nel dormitorio del campus. Per arrivare a questo risultato il gruppo ha raccolto le immagini mediche, raccolte a fini diagnostici, del cuore di alcuni pazienti, per poi convertirle in accurati modelli digitali. Questi sono stati stampati in 3D, utilizzando uno speciale “inchiostro” a base di polimeri che, dopo essersi seccato, è diventato un guscio in grado di contrarsi ed espandersi in modo apparentemente molto simile al tessuto muscolare di un vero cuore pulsante. Di fatto si ottiene un involucro morbido ed elastico che ha l’aspetto e le dimensioni del cuore di un paziente, compresi i vasi principali.

Perché una replica del cuore

Quando sono potuti rientrare in laboratorio, i ricercatori si sono messi all’opera per azionare il loro prototipo, con l’obiettivo di mimare un cuore vero. Hanno avvolto attorno all’organo e all’imboccatura dell’arteria delle guaine, simili ai manicotti per il braccio che usiamo per misurare la pressione pneumatico dove veniva immessa ritmicamente aria. Sono così riusciti a riprodurre la contrazione e il rilassamento delle diverse strutture anatomiche.

A questo punto, attraverso l’analisi e l’uso di dati clinici, i ricercatori hanno potuto programmare e far variare il comportamento delle guaine, e quindi del cuore artificiale, mimando il flusso e la pressione di singoli pazienti. In condizioni di salute, così come di malattia, sono riusciti a ricreare la funzionalità di cuori sia perfettamente sani sia con malattie cardiovascolari.

L’uso costrittivo delle guaine è stato impiegato in particolare per lo studio della stenosi aortica, una patologia dovuta a una riduzione della capacità di apertura della valvola aortica, che comporta un affaticamento del cuore e che, se non trattata, è molto rischiosa per la vita. I medici intervengono, di solito, impiantando una valvola artificiale che dilata quella naturale. Grazie al sistema sviluppato dai ricercatori del MIT, diventa possibile pensare di utilizzare questo modello di cuore come una sorta di controfigura, su cui testare valvole con proprietà diverse per poi realizzare su misura quella più adatta a ciascun paziente. È un passo importante in direzione di una cardiochirurgia più precisa e possibilmente inclusiva, dato che con questo tipo di dispositivi si potranno mettere a punto procedure più a misura dei pazienti. Purché i costi non le rendano accessibili soltanto a pochi fortunati.

Al momento il sistema è ancora in fase di sperimentazione su piccoli gruppi di volontari. Tuttavia, in futuro la tecnologia potrebbe essere sviluppata al punto da riuscire a replicare ogni cuore in modo così fedele da poter essere usato su ampia scala nei laboratori e in ambito industriale, come supporto all’attività di ricerca per lo sviluppo di diverse terapie e per lo studio dei disturbi cardiaci.

Alice Pace
Giornalista scientifica freelance specializzata in salute e tecnologia, anche grazie a una laurea in Chimica e tecnologia farmaceutiche e un dottorato in nanotecnologie applicate alla medicina. Si è formata grazie a un master in giornalismo scientifico presso la Scuola superiore di studi avanzati di Trieste e una borsa di studio presso la Harvard Medical School di Boston. Su Instagram e su Twitter è @helixpis.
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