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5 cose da sapere sui supergeni

Che cosa sono? Qual è la loro funzione a livello evolutivo? Quanto sono diffusi? E che cosa c’entrano con le farfalle? Queste e altre curiosità sui supergeni, entità che combinano diversi geni in una singola unità ereditaria, facendo sì che un insieme di caratteristiche venga ereditato “in blocco”.

Farfalle mimetiche, uova di salamandra e girasoli selvatici sono accomunati da un elemento nel loro patrimonio genetico: la presenza di supergeni, blocchi di geni che si trasmettono, senza mutare, da una generazione all’altra. I supergeni costituiscono un meccanismo di adattamento rapido alle condizioni esterne, ma allo stesso tempo possono mediare la trasmissione da genitore in figlio di varianti genetiche dannose. Per quanto in ambito scientifico se ne parli da quasi un centinaio di anni, solo di recente, grazie ai miglioramenti nelle tecniche di sequenziamento del DNA, si è potuta effettivamente verificare la loro presenza in piante e animali. Si ipotizza possano persino essere presenti nel genoma degli esseri umani.

1. Come funzionano?

Se in molte specie animali genitori e figli sono sempre diversi è perché il patrimonio genetico custodito nei cromosomi dei genitori può mescolarsi attraverso il processo di ricombinazione cromosomica (dove per cromosoma si intende la struttura dove è organizzato in modo compatto il DNA). Durante il processo di divisione cellulare e in particolare durante la meiosi, le “braccia” simili dei cromosomi si allineano e si ricombinano, cioè si scambiano parti di geni. Il patrimonio genetico di ciascun figlio è quindi unico, perché è frutto di un processo di ricombinazione, oltre che di unione, del genoma paterno e materno.

Quando invece una parte dei cromosomi ha subito un’importante mutazione strutturale – ovvero è avvenuta un’inversione, una duplicazione o una delezione del DNA – le due “braccia” materne e paterne, non essendo sufficientemente simili, non si possono allineare, né può avvenire la ricombinazione. Qualora l’alterazione sia trasmessa invariata alla progenie, si parla di supergene. Nel mondo animale e vegetale sono stati individuati supergeni di vario tipo. A volte controllano la trasmissione alla progenie di determinate caratteristiche, come per esempio il colore delle ali delle farfalle, che possono essere cruciali nel promuovere (o, al contrario, sfavorire) la sopravvivenza dell’organismo. Altre volte, invece, non determinano alcun cambiamento visibile.

2. A tu per tu con le farfalle mimetiche

La seconda metà dell’Ottocento fu un periodo molto florido per lo sviluppo delle scienze naturali, delle teorie evoluzionistiche e della genetica. Oltre a Gregor Mendel e Charles Darwin, in quel periodo visse anche il naturalista inglese Henry Walter Bates. Nel corso di un lungo viaggio di ricerca in Amazzonia insieme all’amico e collega Alfred Russel Wallace, un giorno Bates notò qualcosa di strano: due esemplari di farfalle erano molto simili all’apparenza, ma una volava più velocemente dell’altra.

Incuriosito, analizzò dei campioni con un microscopio di fortuna, scoprendo così che si trattava di due specie distinte: le farfalle Heliconius, tossiche al palato dei predatori, e le Papilio polytes, al contrario innocue. Approfondendo la questione, si accorse che gli uccelli evitavano di mangiare entrambe. Avevano di fatto imparato a evitare le Heliconius in ragione del loro gusto spiacevole e, data la grande somiglianza, stavano alla larga anche dalla Papilio polytes. Henry Bates fu così tra i primi a scoprire il fenomeno del mimetismo. Il naturalista, però, non poteva sapere che all’origine di questo fenomeno ci fossero i supergeni. Se ne iniziò a parlare teoricamente negli anni Trenta del Novecento, ma solo negli ultimi decenni, dopo aver imparato a leggere le sequenze del DNA, gli scienziati sono riusciti a verificare la loro presenza e a studiarli in queste specie.

3. I vantaggi di sapersi adattare in fretta

Anche se i supergeni sono formati da più geni l’uno vicino all’altro, si comportano come fossero costituiti da uno solo. In questo modo determinano la trasmissione di molteplici mutazioni genetiche tutte in una volta e quindi spesso portano allo sviluppo di diverse caratteristiche fisiche o comportamentali. Rappresentano un meccanismo di adattamento alle pressioni ambientali più rapido rispetto alle singole alterazioni genetiche acquisite e mantenute da una generazione all’altra.

Secondo i risultati di uno studio, pubblicato sulla rivista Nature nel 2020, i supergeni sembrano essere responsabili della grande capacità dei girasoli selvatici di adattarsi in ambienti così diversi, come le pianure costiere e le dune di sabbia. Sequenziando il genoma di più di 1.500 girasoli di tre specie, i ricercatori hanno identificato 37 supergeni associati ai tempi di fioritura, alla resistenza alle pressioni ambientali o alla disponibilità di nutrienti. La presenza di uno specifico supergene può, per esempio, ritardare o anticipare di quasi due mesi la fioritura della pianta. Possono esistere quindi esemplari di girasoli selvatici con caratteristiche diverse; a seconda dell’ambiente circostante sopravvivono quelli più adatti e si mantiene nelle generazioni il loro patrimonio genetico.

4. Gli svantaggi di non poter cambiare

La metà circa delle uova deposte dal tritone crestato, un tipo di salamandra, sono prive di funzioni vitali perché presentano numerose mutazioni dannose, accumulate in un supergene e trasmesse invariate alla progenie. Bloccare la ricombinazione genetica non è quindi sempre vantaggioso per un organismo, perché inibisce anche la possibilità di aumentare la diversità genetica e di eliminare le alterazioni del DNA dannose. Se a volte la presenza di un supergene permette un rapido adattamento alle condizioni ambientali, in altri casi può promuovere l’accumulo di mutazioni pericolose e la loro trasmissione da una generazione all’altra.

5. Ci sono supergeni negli esseri umani?

Al momento su questo tema ci sono solo ipotesi, non certezze. Recenti studi hanno osservato che l’inversione di una sequenza di DNA nel cromosoma 17 è associata a differenze nella morfologia del cervello, in alcuni comportamenti e capacità cognitive, nella composizione delle cellule del sangue e nella predisposizione ad alcuni disturbi. Specifici supergeni potrebbero essere associati a un minor rischio di sviluppare il Parkinson o a una maggiore probabilità di andare incontro a patologie autoimmuni o polmonari.

Identificare la presenza di supergeni nelle piante e negli animali, esseri umani inclusi, potrebbe aiutare a comprendere come si sono evolute determinate caratteristiche, ma anche a conoscere più a fondo il ruolo e la funzione di diversi geni. Inoltre queste informazioni potrebbero servire in un futuro prossimo a sviluppare specie più resistenti ai cambiamenti climatici. E se sarà confermato che i supergeni sono presenti anche negli esseri umani, forse potremo prevedere meglio la nostra predisposizione a diverse malattie.

Camilla Fiz
Comunicatrice della scienza, ha terminato il master in comunicazione della scienza alla SISSA di Trieste, dopo una formazione in biotecnologie molecolari all’Università degli studi di Torino e in pianoforte al Conservatorio Giuseppe Verdi della stessa città. Oggi si occupa della realizzazione e revisione di testi sui temi di salute e ricerca biomedica per Fondazione AIRC.
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