Cosa fare se si è morsi da questi artropodi? Come capire se si è andati incontro a un’infezione? E come proteggersi dalle malattie che veicolano?
La zecca dei boschi è un piccolo parassita, dalle dimensioni che variano da qualche millimetro a circa un centimetro, a seconda della specie e dello stadio di sviluppo. Conosciuta con il nome scientifico di Ixodes ricinus, per sopravvivere si nutre di sangue. Allo stadio larvale non è più grande di una capocchia di spillo, è marrone scuro e si annida, in particolare nei mesi estivi e in autunno (dopo un’estate calda e umida), sulle piante, sul fogliame e sull’erba, soprattutto in zone ombreggiate e umide, ricche di cespugli e a quote inferiori ai 1.500 metri. Come indicato in questa mappa creata dallo European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc), le zecche sono presenti quasi ovunque in Europa.
Non vola, ma si aggrappa alla cute degli animali (cani, cervi, scoiattoli…) o delle persone per succhiarne il sangue. Il “pasto”, durante il quale la zecca rimane attaccata all’ospite, può durare giorni, dopo di che il parassita si stacca spontaneamente. Anche se il morso di zecca è indolore e può passare inosservato, attraverso di esso la zecca può trasmettere agenti infettivi (batteri, virus) responsabili di alcune malattie, come il morbo di Lyme e la cosiddetta TBE (o encefalite trasmessa da zecca).
Per evitare incontri ravvicinati con le zecche passeggiando nei boschi o durante un pic-nic in campagna, è consigliabile non camminare sui sentieri erbosi, specialmente nelle aree in cui l’erba è alta e non sedersi su campi o prati incolti, a meno di essere adeguatamente protetti. L’abbigliamento protettivo comprende scarpe chiuse, cappello e indumenti che coprano braccia, gambe e caviglie. Se gli abiti sono di colori chiari, è più facile identificare la presenza di una eventuale zecca. Inoltre appositi prodotti repellenti per insetti possono tenere alla larga questi parassiti o scoraggiarne l’attacco.
Al rientro dall’escursione è bene ispezionare accuratamente tutto il corpo, cuoio capelluto compreso, per verificare che non ci siano zecche sulla pelle.
Se una zecca si è conficcata nella pelle, è opportuno rimuoverla prima possibile perché, come spiegano anche gli esperti dell’Istituto superiore di sanità, la probabilità di contrarre un’infezione è direttamente proporzionale alla durata del contatto. Infatti, dopo un periodo di alcune ore in cui la zecca è saldamente ancorata alla cute per alimentarsi, essa rigurgita parte del pasto ed è verosimilmente in questa fase che eventuali patogeni potrebbero essere inoculati nel sangue.
Per la rimozione delle zecche è bene usare una pinzetta sottile, afferrando l’animale per la testa attraverso una leggera rotazione antioraria e tirando delicatamente fino al distacco. Meglio evitare invece l’uso di olio, acetone, alcol o altri irritanti. Tali sostanze potrebbero infatti causare il rigurgito di saliva o succhi intestinali da parte della zecca che, qualora infetta, potrebbe veicolare malattie. Dopo la rimozione, invece, è consigliabile disinfettare la cute con prodotti incolore (la tintura di iodio, per esempio, non è indicata perché è colorata).
Non bisogna assumere antibiotici e non sono necessari esami del sangue. È invece opportuno monitorare la zona dove è stata trovata la zecca nei trenta giorni successivi. Se compaiono eruzioni cutanee (macchie rossastre) che si allargano sulla pelle e/o altri sintomi come affaticamento, febbre o dolori articolari, è il caso di contattare il medico per il rischio di avere contratto un’infezione.
La zecca dei boschi è un vettore del batterio Borrelia burgdorferi che causa la malattia di Lyme, anche detta borreliosi.
La malattia di Lyme si manifesta comunemente con chiazze rossastre sulla pelle, a volte accompagnate da febbre, malessere, mal di testa, dolori alle articolazioni e ai muscoli. Tali sintomi compaiono dopo un’incubazione del batterio che può variare da 3 a 32 giorni circa. Col passare delle settimane, se non addirittura dei mesi, possono insorgere disturbi più gravi, alle articolazioni (artriti), al cuore e al sistema nervoso. La malattia di Lyme è infatti una causa possibile anche se poco frequente di sintomi neurologici come paralisi facciale e meningiti.
Generalmente l’eruzione cutanea, nella forma del cosiddetto eritema migrante, non determina prurito, calore o dolore. In genere si localizza in corrispondenza del morso della zecca e aumenta di dimensioni col passare del tempo. Può presentare un’area centrale più chiara.
L’encefalite da zecca (detta anche encefalite primaverile–estiva) è una malattia virale acuta del sistema nervoso centrale, causata da un Arborvirus appartenente al genere Flavivirus, con caratteristiche comuni ai virus responsabili della febbre gialla e della dengue. Le zecche sono sia un serbatoio animale sia un vettore di questo virus, che non può essere trasmesso da persona a persona ma solo tramite il morso di un animale infetto.
L’infezione si presenta nella fase iniziale con sintomi simili a quelli dell’influenza (febbre, malessere, mal di testa, dolori muscolari e nausea). In circa il 10 per cento dei casi il virus penetra nelle meningi, le membrane protettive del cervello e del midollo spinale, e persino nel cervello, provocando infiammazione e facendo evolvere la malattia in meningite o encefalite. In qualche caso può causare danni permanenti al sistema nervoso ed essere persino fatale (1-2 per cento dei casi). La diagnosi non è così immediata e i soli sintomi non bastano: si procede con la ricerca degli anticorpi specifici nel liquido cerebrospinale o nel sangue attraverso le analisi.
Stando ai dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), sarebbero 10-12.000 i casi di encefalite segnalati ogni anno nel mondo, ma è molto probabile che i numeri reali, comprendendo anche i casi non diagnosticati, siano ben più consistenti.
La malattia di Lyme può essere trattata in modo efficace con terapia antibiotica che, se iniziata tempestivamente, riesce a debellare l’infezione scongiurandone le complicanze. Il trattamento è infatti più efficace se iniziato nei primi stadi della malattia. Per le dosi, la durata e le modalità è necessario seguire la prescrizione del medico.
Non esiste invece una terapia specifica per l’encefalite trasmessa da zecche. È possibile però prevenirla attraverso la vaccinazione, che l’Oms raccomanda alle persone di tutte le età e se risiedono in zone dove il contagio è altamente endemico. Nell’Unione europea sono autorizzati diversi tipi di vaccini inattivati per la prevenzione di questa malattia, consigliato in particolare a chi vive, lavora o frequenta abitualmente le zone a rischio.