I punti fermi e le prossime sfide della branca della medicina che si preoccupa di farci viaggiare in sicurezza.
Quando ci prepariamo a un viaggio pensiamo ai più comuni imprevisti che potrebbero capitarci e ci comportiamo di conseguenza. Lontani da casa è sempre meglio avere un piano B. Forse però, prima del 2020, i viaggiatori più inesperti non riflettevano più di tanto sulla possibilità di ammalarsi e fare ammalare gli altri. La disciplina che si occupa della salute dei viaggiatori si chiama emporiatria (dal greco emporos, viaggiatore per commercio) o, più semplicemente, medicina dei viaggi.
La nascita della medicina dei viaggi
Alla fine degli anni Cinquanta i voli aerei commerciali cominciano a prendere piede e sempre più persone possono spostarsi rapidamente da un capo all’altro del pianeta. Come si protegge la salute di un viaggiatore che si trova in un ambiente diverso rispetto a quello in cui vive, ed è quindi esposto a rischi a cui non è preparato? In principio erano solo le malattie tropicali a preoccupare, malaria in primis, ma a partire dagli anni Settanta i medici si rendono conto che le misure di profilassi devono essere pensate caso per caso, a seconda sia del tipo di viaggiatore sia del Paese dov’è diretto. Gli agenti patogeni possono infatti avere varianti a seconda dei luoghi geografici e anche i farmaci possono comportarsi in modi non sempre uguali.
La medicina dei viaggi è nel tempo maturata come una disciplina a se stante, cominciando anche a includere i rischi legati a malattie non trasmissibili o a eventi avversi. Alcuni esempi possono essere l’inquinamento atmosferico, un problema di molte città che può colpire negativamente il viaggiatore (oltre a chi ci abita), in particolare se soffre di malattie cardiovascolari; oppure la possibilità di essere coinvolti in incidenti stradali.
Negli ultimi anni la disciplina si è ulteriormente evoluta, arrivando a occuparsi della salute non più solo del singolo viaggiatore, tipicamente il turista occidentale, che viaggia prevalentemente da un paese ricco a uno in via di sviluppo, ma in generale di tutti coloro che si spostano da una nazione a un’altra, compresi quelli che definiamo genericamente migranti, ma che comprendono gruppi molto diversi tra loro.
Come funziona
La medicina dei viaggi è soprattutto preventiva. È bene che i viaggiatori si consultino col proprio medico prima del viaggio, per valutare lo stato di salute e gli eventuali rischi presenti nel paese di destinazione, anche a seconda del periodo in cui vi si recheranno e delle attività in programma. Chi vuole scalare una montagna, naturalmente, è esposto a rischi diversi rispetto a chi, invece, vuole passare qualche giorn0 sulla spiaggia. Per raccogliere queste informazioni il medico può fare ricorso anche a dei questionari.
Le malattie infettive sono ancora una delle principali preoccupazioni e per questo i medici, anche a seconda dei regolamenti internazionali, valutano se e quali profilassi – vaccinazioni incluse – sono necessarie.
Arrivato alla meta, il viaggiatore dovrebbe essere consapevole dei rischi e di quello che può fare per ridurli. Ciò nonostante, qualcosa potrebbe andare storto e per questo chi viaggia dovrebbe sapere anche come comportarsi nel paese di arrivo in caso di problemi. In alcuni paesi è obbligatorio, e in diversi casi comunque consigliabile, aver stipulato un’assicurazione sanitaria. Come preventivabile, la pandemia da Covid-19 ne ha reso molto più diffuso l’utilizzo.
I viaggiatori possono informarsi sui rischi connessi ai propri viaggi e sulle precauzioni da assumere, sia rivolgendosi a medici specializzati (nel nostro paese molte Asl hanno sportelli appositi per consulenza), sia attraverso l’ampia documentazione messa a disposizione dalle diverse istituzioni sanitarie, il più delle volte a portata di clic. In Italia molte risorse sono disponibili sul sito dell’Istituto superiore di sanità, del Ministero della salute, e sul portale Viaggiare sicuri del Ministero degli esteri. Tuttavia, secondo l’esperto ed ex presidente della International Society of Travel Medicine Leonardus Visser (Università di Leida), è importante riconoscere che ci sono ancora pochi studi che hanno misurato “nel mondo reale” l’efficacia dei consigli di viaggio e delle consulenze. È necessario continuare a raccogliere dati per capire se, come e quanto questi incidano sulla riduzione dei rischi, in modo da migliorare la comunicazione.
Se una persona si sposta da un paese in via di sviluppo verso uno industrializzato, come avviene per alcuni flussi migratori, l’assistenza prima del viaggio è molto limitata dalla mancanza di infrastrutture, ma fortunatamente associazioni umanitarie come Medici senza frontiere stanno lavorando in questa direzione.
Anche nel paese di arrivo possono però presentarsi barriere che impediscono di avvalersi dell’assistenza necessaria. Si tratta di barriere non solo linguistiche e culturali, ma anche politiche: per i migranti non regolarizzati e privi di documenti è, per esempio, difficile accedere ai servizi sanitari. Anche se alcune prestazioni sono comunque garantite e non è passibile di denuncia un malato che cerca assistenza, la disuguaglianza nelle tutele è fortissima. Basti pensare che al momento queste persone, ma anche i molti senza fissa dimora, in Italia hanno difficoltà a vaccinarsi contro Covid-19, benché ne abbiano diritto.
Questi sono gli esempi che forse conosciamo più da vicino, ma non sono certo i soli. Le persone si spostano in tutto il mondo, in tutte le direzioni e per i motivi più disparati. La sfida della medicina dei viaggi oggi, non più limitata al turismo occidentale, è appunto quella di salvaguardare la salute di tutti i viaggiatori.
Medicina dei viaggi e Covid-19
La pandemia ha temporaneamente bloccato gli spostamenti nel mondo intero e le cliniche degli specialisti in medicina dei viaggi si sono svuotate. Ora, però, che le restrizioni si stanno progressivamente allentando, quale contributo può dare questa disciplina per rendere più sicuri gli spostamenti? Gli ultimi editoriali pubblicati dalle riviste di settore sottolineano le incertezze.
Il rischio Covid-19 sarà da prendere in considerazione qualunque sia la destinazione, anche nel prossimo futuro. Il viaggiatore, oltre a esporsi al pericolo di contagio, potrebbe trasportare il virus in aree in cui è meno diffuso. L’immunizzazione di massa diminuisce le possibilità di contagio, ma la copertura vaccinale è molto diseguale nel mondo a seconda dei paesi e l’obiettivo della cosiddetta immunità di gregge non sarà raggiunto a breve in tutte le nazioni. Inoltre, nessun vaccino, anche tra i più efficaci (come quelli anti-Covid), funziona nel cento per cento dei casi, e l’insorgenza di varianti complica ulteriormente il lavoro del medico dei viaggi.
Igiene e mascherine continuano e continueranno a essere fondamentali, ma in viaggio è bene mettere in conto l’eventualità di assembramenti (per esempio un mezzo pubblico sovraffollato). Un viaggiatore che, nonostante le precauzioni, si ammali di Covid in un paese poco attrezzato a contrastare la malattia, è una possibilità da tenere in considerazione.
Gli specialisti potranno anche in alcuni casi sconsigliare il viaggio ad alcuni pazienti, come è successo durante l’epidemia di Zika per le donne incinte o che programmavano la gravidanza. Per quanto riguarda le migrazioni, in senso lato, uno degli obiettivi principali è riuscire a includere nei programmi vaccinali tutti i gruppi attualmente marginalizzati. Questo significa anche vincere l’esitazione vaccinale presente in queste comunità, spesso maggiormente vulnerabili anche alla disinformazione, e comunicare loro con chiarezza i benefici, in un linguaggio semplice e comprensibile.