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Anarcha e le altre: gli esperimenti di James Marion Sims sulle schiave americane

Nel 2023 è uscito il libro “Say Anarcha” di J.C. Hallman, un resoconto romanzato di una storia vera: quella degli esperimenti di J. Marion Sims, spesso considerato tra i padri della chirurgia ginecologica. Sims aveva operato sperimentalmente Anarcha e altre schiave afroamericane al fine di studiare come curare alcune complicazioni del parto, le cosiddette fistole genitali. Tra scienza, storia ed etica, vediamo cosa ci può insegnare questa storia.

Nel 2018 la statua di James Marion Sims, negli Stati Uniti a volte ricordato come “il padre della ginecologia”, è stata rimossa da Central Park a New York e spostata nel cimitero di Green-Wood, dove è sepolto il medico. La decisione, presa all’unanimità dalla New York City Public Design Commission, era stata preceduta dall’ondata di proteste seguita, nel 2017, a un violento raduno di suprematisti bianchi dal titolo “Unite the right rally”. Durante le proteste, i monumenti di molte figure storiche care all’estrema destra erano stati distrutti o rimossi in diversi Stati. Questi monumenti commemoravano soprattutto esponenti degli Stati Confederati d’America, che promuovevano lo schiavismo e si opponevano alla sua abolizione. Anche J. Marion Sims simpatizzava con la Confederazione, ma nel suo caso le proteste erano nate dai famigerati esperimenti medici che aveva condotto su donne nere ridotte in schiavitù.

Da avvocato e religioso mancato a pioniere della chirurgia ginecologica

Sims nacque nel 1813 a Lancaster County, nella Carolina del Sud, da John e Mahala Mackey Sims, che possedevano una fattoria. Primogenito di 8 figli, la madre desiderava che diventasse un pastore, mentre il padre avrebbe voluto che studiasse legge. Sims decise invece di studiare medicina, pagandosi da solo gli studi. In principio, la sua non era stata una scelta dettata dall’ambizione: desiderava solo trovare un modo per guadagnarsi da vivere, e pensava che diventando medico sarebbe riuscito a sposare la sua fidanzata di lunga data Eliza Theresa Jones, figlia del facoltoso medico Churchill Jones.

Con l’aiuto di Jones, Sims dopo la laurea aprì il suo primo studio a Lancaster nel 1835, l’anno successivo sposò Theresa e di lì a poco si trasferirono a Montgomery, in Alabama, in cerca di maggior fortuna. Qui Sims diventò un “plantation physician”, ovvero un medico che si occupava principalmente di curare gli schiavi e le schiave che lavoravano nelle piantagioni, ma aveva anche alcuni pazienti bianchi.

La ginecologia non esisteva ancora come disciplina indipendente. Di gravidanze, parti e malattie femminili si occupavano per quanto potevano le levatrici, ossia donne che avevano imparato con l’esperienza a fare le ostetriche. Gran parte dei medici, Sims incluso, consideravano infatti ripugnante occuparsi dei genitali femminili. Tutto cambiò nell’estate del 1845 quando, a causa di una caduta da cavallo, una paziente di Sims si procurò un’inversione dell’utero, una rara emergenza medica per cui il fondo dell’utero si capovolge, talvolta emergendo all’esterno del corpo. La paziente era in sovrappeso e Sims doveva trovare il modo di esaminarla agevolmente, così provò a metterla in pozione semiprona: petto rivolto al letto, sdraiata sul fianco sinistro e con il ginocchio destro flesso. Il dottore scoprì che grazie a questa posizione la cavità vaginale della paziente si rilassava e si riempiva d’aria, facilitando la sua ispezione. Poi, aiutandosi con un cucchiaio piegato per tenere separate le pareti della vagina, Sims si rese conto che riusciva a vedere benissimo al suo interno. Queste scoperte segnarono la sua carriera successiva.

Gli esperimenti su Anarcha, Betsey e Lucy

Al tempo una delle più temute complicazioni del parto era la fistola vescico-vaginale, una lacerazione che mette in comunicazione la vescica con la vagina. Sebbene non letale di per sé, la fistola fa sì che l’urina passi in continuazione dalla vescica alla vagina, causando incontinenza e rendendo impossibile l’igiene personale. Questo favorisce l’insorgere di infezioni e cattivi odori. Il parto può anche causare fistole retto-vaginali, nelle quali la lacerazione mette in comunicazione la vagina e il retto, provocando la fuoriuscita di feci dalla vagina. Non c’era cura, e le donne con questi problemi venivano emarginate.

Grazie alla posizione semiprona (poi chiamata posizione di Sims) e al perfezionamento di uno speculum per osservare la vagina, ora Sims poteva vedere distintamente le fistole: se fosse riuscito a richiuderle con una sutura, forse avrebbe guarito chi ne soffriva. Per verificare la sua intuizione, si mise alla ricerca di schiave malate. Come era necessario all’epoca, chiese il permesso ai proprietari delle schiave per coinvolgerle nei propri studi. Dopodiché cominciò gli esperimenti nell’ospedale improvvisato che aveva allestito nel cortile di casa sua. Nel tempo Sims perfezionò le sue abilità chirurgiche, ma nonostante i suoi sforzi (e quelli delle pazienti) non riusciva nel suo intento: tutte le suture si infettavano. A quel tempo non solo non erano ancora stati scoperti gli antibiotici, ma era ancora lontana la cosiddetta “era antisettica”, il tempo in cui medici e chirurghi cominciarono a usare sostanze disinfettanti per limitare le infezioni in sala operatoria.

Cercando una soluzione, Sims lesse che le suture in metallo provocavano meno infiammazioni, e nel 1849 decise di usare al posto della seta un sottile filo d’argento, un materiale con proprietà antimicrobiche, che fece preparare da un orafo. Dopo molte operazioni riuscì così a guarire Anarcha, una giovane che soffriva sia di fistole vescico-vaginali che retto-vaginali. Ripeté l’operazione con successo su altre schiave, poi cominciò a offrire l’intervento anche a donne bianche.

Prima di lui altri medici erano riusciti a curare le fistole in maniera simile: per esempio John Peter Mettauer, in Virginia, aveva usato del filo di piombo. Sims, tuttavia, negli anni era riuscito a perfezionare la tecnica e aveva imparato a conoscere le possibili complicazioni: probabilmente in quel momento storico non esisteva un altro medico altrettanto competente. Per questo fu solo dopo i suoi esperimenti e la pubblicazione, nel 1852, dell’articolo dal titolo “On the treatment of vesico-vaginal fistula”, che questo tipo di intervento cominciò a diffondersi. Di certo il medico era anche abile ad autopromuoversi, e così nel tempo è stato elevato sul piedistallo riservato ai tanti padri della medicina.

Marion Sims e il XXI secolo

Oltre ad Anarcha, Sims nominò solo altre due donne nei suoi scritti, Lucy e Betsey, ma dal 1845 al 1849 si stima che il medico abbia condotto interventi sperimentali su almeno 10 pazienti. Oggi quegli interventi non sarebbero possibili poiché non sarebbero mai autorizzati dai comitati etici degli ospedali, almeno dei Paesi occidentali dove esistono precise norme sulla sperimentazione clinica negli esseri umani. Tali norme stabiliscono, tra le altre cose, che le persone che si sottopongono a sperimentazioni cliniche non possono essere obbligate con la coercizione a partecipare: devono essere volontarie ed esprimere un consenso informato. Una condizione molto diversa da quella di Anarcha e le altre, che infatti non erano libere di accettare o meno di essere sottoposte alle operazioni.

Peraltro, le operazioni furono eseguite senza anestesia, dato che all’epoca i metodi per rimuovere il dolore erano gli albori. Queste giovanissime ragazze (si pensa che Anarcha avesse 17 anni) non solo vivevano col dottore e lo assistevano durante gli interventi, ma gli facevano anche da governanti. E quando finalmente arrivò la cura, furono “restituite” ai legittimi proprietari.

La decisione di spostare la statua di Sims da Central Park è coerente con queste considerazioni. Secondo alcuni la statua sarebbe dovuta rimanere per ricordare quello che è accaduto, ma molti concordano che oggi non sia opportuno celebrare Sims quale pioniere della medicina senza far anche riemergere la storia delle donne che hanno contribuito al successo del suo intervento.

È sempre piuttosto difficile parlare di etica a secoli di distanza, con la consapevolezza di norme odierne giustamente molto severe. Rispetto al periodo storico in cui è vissuto, c’è dunque da chiedersi se le azioni di Sims fossero già all’epoca inaccettabili, in particolare per un medico. Qui il giudizio di alcuni storici è più sfumato. Per esempio, come abbiamo anticipato, al tempo l’anestesia era agli albori e non era ancora usata comunemente nelle operazioni chirurgiche. Sims somministrava invece oppio per controllare il dolore. Si è anche pensato che usasse questa droga per rendere le sue pazienti più remissive, ma non sono emerse prove in questo senso. Come molti medici, Sims non pensava che l’anestesia fosse necessaria, ed era convinto che le donne nere fossero per costituzione più resistenti al dolore. Va detto, però, che non usò l’anestesia nemmeno nei primi interventi sulle fistole di pazienti bianche. Sembra quindi escluso che le sue azioni fossero dettate da una forma di razzismo o sadismo nei confronti delle schiave. Più semplicemente, data l’epoca, non poteva conoscere ancora l’anestesia e la sua utilità per gli interventi chirurgici.

Per quanto riguarda il consenso informato, ovviamente non esisteva nei termini in cui lo conosciamo oggi, insieme alle norme etiche e legali che hanno portato al suo sviluppo. Inoltre, le schiave erano una forma di proprietà privata, quindi era il padrone che legalmente poteva e doveva acconsentire alle operazioni. Per parte sua, Sims ha sempre affermato di aver avuto il permesso di operare direttamente dalle donne su cui ha eseguito gli interventi sperimentali. Secondo alcuni storici dovremmo credergli, perché senza la collaborazione delle pazienti non sarebbe mai riuscito a portare a termine operazioni così dolorose. È probabile quindi che Anarcha, Lucy, Betsey e le altre di cui non sappiamo il nome abbiano accettato gli interventi perché le fistole genitali erano una condizione insopportabile, fisicamente e psicologicamente, e speravano che il medico riuscisse nel suo intento.

Le precisazioni degli storici non assolvono l’operato di Sims, che ha scelto di fare esperimenti su persone vulnerabili, in condizione di schiavitù e non libere di accettare o meno gli interventi sperimentali. Questi sono fatti che restano tali nonostante il tentativo di Sims di trovare una soluzione a una condizione odiosa sia tecnicamente riuscito. Detto ciò, non si può escludere che la mentalità che ha portato Sims a compiere queste azioni oggi non accettabili fosse assai diffusa nella società razzista e schiavista in cui viveva e che quelle che a noi paiono mancanze etiche e morali individuali fossero anche in qualche modo figlie del suo tempo. Il dibattito continua.

Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, si è formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrive o ha scritto per le seguenti testate o siti: Il Tascabile, Wonder Why, Aula di Scienze Zanichelli, Chiara.eco, Wired.it, OggiScienza, Le Scienze, Focus, SapereAmbiente, Rivista Micron, Treccani Scuola. Cura la collana di divulgazione scientifica Zanichelli Chiavi di Lettura. Collabora dalla fondazione con Pikaia, il portale dell’evoluzione diretto da Telmo Pievani, dal 2021 ne è il caporedattore.
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